PALERMO – Ci sono donne che, nella loro vita, sono costrette a portarsi nel cuore dolori talmente grandi che non esistono parole in grado di esprimerli. Dolori che la storia, la cronaca e la letteratura hanno tentato di raccontarci nel riportare tragedie come quella vissuta da Maria davanti al figlio Gesù crocifisso. Dolori che, in un secondo, infrangono sogni, speranze e certezze, stravolgendo la visione e la prospettiva di chi, improvvisamente, si trova davanti al buio assoluto, ma non può e non deve mollare perché la vita è fatta di prove, a volte durissime e incomprensibili, che ognuno di noi è costretto ad affrontare con coraggio e determinazione.
A Maria Sagona, morta ieri all’età di 88 anni a Palermo, la vita ha dato tanto, ma ad un prezzo pesante e doloroso. Le ha donato un marito esemplare come Mario Francese, galantuomo nella vita ed eroe del Giornalismo degno di tale nome, e quattro splendidi figli: Giulio, un ragazzo d’oro che ha seguito le orme del padre e, con l’umiltà, il coraggio e la passione dei grandi, guida l’Ordine dei giornalisti di Sicilia; e poi Fabio, Massimo e Giuseppe.
Il destino, se così vogliamo chiamarlo, l’ha privata, però, a soli 46 anni, del compagno della sua vita, assassinato dalla mafia il 26 gennaio 1979, e 23 anni dopo, il 3 settembre 2002, del figlio più piccolo – Giuseppe – che, dopo aver speso buona parte dei suoi anni alla ricerca della verità sulla morte del padre, consentendo la riapertura dell’inchiesta scaturita nel processo contro mandanti ed esecutori, non ha retto al dolore ponendo fine alla sua esistenza.
Due tragedie indescrivibili che Maria Sagona, nella dignità che ha sempre contraddistinto la famiglia Francese, ha vissuto lontano dai riflettori. Quarantun anni di dolore vissuti con discrezione, accanto ai figli e ai nipoti, insegnando loro che l’onestà, la lealtà, l’amore per il prossimo sono valori da coltivare e custodire e non slogan da ostentare in manifestazioni pubbliche. Quarantuno anni nei quali ha ricevuto tante manifestazioni di affetto da chi è sempre stato vicino a lei e alla sua famiglia, ma anche tante, troppe, dolorose ferite inferte da quanti si sono girati dall’altra parte o, peggio, hanno tentato di infangare il nome di un eroe, Mario Francese, che il giornalismo italiano non ha mai dimostrato di saper meritare.
L’aveva capito bene Giuseppe, il figlio più piccolo e più “debole”, che grazie alle sue ricerche e alle sue denunce, ha fatto riaprire l’inchiesta che ha portato alla condanna a 30 anni di reclusione per i vertici di “Cosa nostra”, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Raffaele Ganci, Francesco Madonia e Michele Greco e, nel processo bis, all’ergastolo per Bernardo Provenzano.
Lo sanno bene Giulio, Fabio, Massimo, le loro mogli, i loro figli, i loro nipoti. Una famiglia siciliana perbene, come tante in una straordinaria isola tanto bella e affascinante, quanto amara e controversa, costretta a piantare e contare tante croci per amore e libertà.
Una famiglia perbene alla quale va il commosso e sincero abbraccio di quanti, ad ogni latitudine, non sono disposti ad abbassare la testa e la voce davanti ai soprusi e alle ingiustizie. (giornalistitalia.it)
Carlo Parisi