ROMA – Illegittimi. Così la Cassazione, con la sentenza numero 9989, depositata oggi, ritiene siano stati la perquisizione ed il sequestro di materiale informatico subiti dal giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, Marco Lillo. A renderlo noto è lo stesso giornale, che precisa che “i giudici hanno ordinato la restituzione al vicedirettore del Fatto di tutto quello che gli è stato sequestrato, vietando inoltre ai magistrati il ‘trattenimento di copia dei dati acquisiti’”.
Una vicenda, quella che ha visto protagonista Lillo, che risale al 5 luglio del 2017, quando i magistrati della procura di Napoli, titolari dell’indagine sulla fuga di notizia dell’inchiesta Consip, ordinano, appunto, la perquisizione e il sequestro di files e altro materiale informatico (pen drive, cd rom, hard disk) dal computer del giornalista: “due misure sproporzionate – scrive Il Fatto – adottate nei confronti di un professionista dell’informazione senza che vi fosse un legame probatorio, tra i documenti sequestrati e l’oggetto dell’indagine”. Materiale di cui gli ermellini hanno disposto, appunto, la restituzione.
Ritenendo il sequestro illegittimo, la Cassazione, che ha annullato senza rinvio l’ordinanza emessa ai danni del giornalista del Fatto quotidiano, sancisce, dunque, che “nei confronti dei giornalisti, più che di ogni altra categoria professionale, per evitare il rischio di ‘potenziali limitazioni che alla libertà di stampa potrebbero derivare da iniziative immotivatamente invasive’, non possono essere disposte misure di sequestro ‘a strascico della corrispondenza, delle comunicazioni, o di ogni altro materiale e documentazione sulla base di un ‘semplice nesso di pertinenzialità tra le notizie ed il generico tema dell’indagine’”. (giornalistitalia.it)
Caso Consip, la Cassazione: va restituito tutto al vicedirettore del Fatto e niente copie