ROMA – Cantante, conduttore televisivo, attore e regista teatrale, Marcello Cirillo, nasce a San Nicola di Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, il 24 maggio 1958 per poi trasferirsi a Roma dove, nel 1976, debutta nel mondo della musica con il 45 giri “Dove sei stata”, pubblicato e diffuso con un errore di stampa: “Dove sei stato”. È dagli errori, però, che partono i grandi successi.
– Innanzitutto, tanti auguri di buon compleanno, Marcello! Qual è la tua torta preferita?
«La torta ai marron glacés».
– Quando nasce la tua passione per la musica?
«La passione per la musica può nascere in diversi momenti della vita di un artista. L’ambiente familiare ha avuto un impatto significativo sulla mia passione musicale, mio padre suonava la fisarmonica e ha avuto un grande ascendente su di me. La musica é diventata sin da piccolo un modo per comunicare emozioni e condividere esperienze con gli altri, come la gioia e il dolore. Ho sempre espresso me stesso attraverso la musica».
– Marcello che tipo di bambino eri? Il ricordo più bello che hai di tua madre e te bambino?
«Il ricordo più bello che un bambino può avere di sua madre è spesso legato a momenti di amore, affetto e cura, un bacio della buonanotte, un momento di gioco e risate insieme, o anche un gesto di sostegno e incoraggiamento, il suono dolce della sua voce mentre racconta una storia, l’odore familiare che ti rassicura, il calore delle braccia di mia madre che mi cingevano e confortavano. Questi momenti speciali creano un legame unico tra madre e figlio. Sono ricordi che rimarranno nel mio cuore per sempre».
– La tua prima esperienza del piano bar cosa ti ha insegnato della musica e del pubblico? E quanto è formativa per un cantante e musicista?
«Il pianobar offre un ambiente in cui il musicista deve essere in grado di adattarsi a diverse situazioni e richieste dei clienti. Questa capacità di adattamento può aiutare il musicista a sviluppare flessibilità e versatilità nel suo repertorio musicale e nelle sue performance. L’esperienza di un musicista nel pianobar é un’esperienza che consiglio a tutti, (suonando dal vivo possibilmente) può essere formativa sotto diversi aspetti. Oltre a migliorare le abilità musicali, offre anche l’opportunità di sviluppare competenze di adattamento, improvvisazione, gestione delle emozioni, interazione con il pubblico e presenza scenica sul palco. Queste competenze possono essere preziose per la crescita e il successo del musicista a livello professionale. Una grande scuola».
– Con “Corcertando” arriva la TV. Il “Gran varietà” di Luciano Salce in onda su Rete4. Cosa cambia nella tua vita di artista?
«La mia vita di artista, come quella di Antonio, il mio socio di allora, cambia nei momenti in cui partecipiamo al festival di Sanremo come ospiti nel 1983. Entriamo da sconosciuti e ne usciamo da persone famose che firmano autografi. Anche la televisione, come la musica live nei pianobar, è una grande palestra, che ti offre crescita personale e professionale: Affrontare l’esperienza di andare in televisione richiede fiducia in se stessi, capacità di gestire la pressione e di adattarsi a nuove situazioni. Attraverso questa esperienza, sono cresciuto sia personalmente che professionalmente, sviluppando una maggiore consapevolezza di me, acquisendo maturità e resistenza psicofisica».
– Radio Rai compie 60 anni e Renzo Arbore invita Antonio e Marcello a “Cari amici vicini e lontani”, poi l’anno successivo vi vuole in “Quelli della notte”. Raccontaci la tua esperienza, un aneddoto divertente o importante che ricordi.
«Secondo me la cosa più divertente di quel periodo è nata da una riflessione di Renzo Arbore. Dopo il grande successo di “Cari amici vicini e lontani”, abbiamo fatto anche 18 milioni di ascolto il martedì in prima serata, la sua paura fu di diventare troppo popolare e spinse Renzo ad inventare una nuova trasmissione, che si sarebbe dovuta chiamare i “Tiratardi” poi diventata “Quelli della notte”.
La trasmissione si sarebbe rivolta a un pubblico di nicchia che lo avrebbe sdoganato al contrario, cioè da persona diventata troppo popolare a personaggio per pochi. E invece anche “Quelli della notte” divenne un successo che travolse tutti».
– Parlando di “Storia della radio e dei suoi miti”, quali sono i tuoi miti nella musica?
«Potrei parlare per ore, ma provo a essere sintetico. Comincio con Mina: “La Tigre di Cremona”, la sua voce unica e potente, unita al suo stile eclettico, una leggenda della musica italiana.
Luciano Pavarotti con la sua voce potente e il suo carisma sul palco, Pavarotti è stato uno dei tenori più famosi del XX secolo.
Domenico Modugno la figura dello showman è nata con lui, sapeva cantare, recitare, ballare ed era molto bello.
Lucio Battisti, un’icona del pop italiano. Le sue canzoni, spesso caratterizzate da testi ribelli poetici e provocatori, hanno conquistato il cuore di milioni di fan.
Poi i miti della musica pop internazionale, da Elton John a Michael Jackson. Conosciuto come “Il Re del Pop”, Michael Jackson ha segnato un’era nella musica pop, un’icona globale; Madonna, la regina del pop, che ha influenzato la cultura popolare con la sua musica innovativa e il suo stile provocatorio; Elvis Presley, conosciuto come “Il Re del Rock’n’ Roll”; Beyoncé, una delle artiste più influenti del nuovo millennio; Freddie Mercury, Frontman dei Queen, una delle band più amate e influenti di tutti i tempi. Questi sono solo alcuni dei miti della musica pop italiana e internazionale, ma ci sono molti altri artisti straordinari che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica».
– Altra figura importante per te è Loretta Goggi che affianchi in “Canzonissima” nel 1987, altro programma televisivo dedicato alla musica italiana. Com’è questa collaborazione? Come cambia la tua esperienza musicale e televisiva?
«“Canzoni” fu una trasmissione molto innovativa, per la regia di Gianni Brezza, che festeggiava le case discografiche oggi praticamente completamente inesistenti e dimenticate; e quindi attraverso le case discografiche si festeggiavano gli artisti che ne facevano parte. Quella fu la prima volta che lavorai con Loretta una grande showgirl, con una caratteristica rara nel nostro ambiente, una persona molto perbene».
– Nel 1988, con Marta Flavi sei su Rai2 per “Improvvisando ‘88”. Quale è il tuo rapporto con Marta Flavi? Quale aneddoto significativo di quell’esperienza?
«Anche questa fu una trasmissione rivoluzionaria per quei tempi, perché il produttore Gianni Naso ci diede la possibilità di passare alla conduzione per la prima volta nella nostra carriera. La trasmissione andava in onda su Raidue ed eravamo insieme a Marta Flavi e al compianto Massimo Catalano, e fu la prima volta che in una trasmissione si sperimentava la possibilità di dare la voce e l’interpretazione su brani di successo di colleghi. Ci trovammo con i CCCP che cantavano Caterina Caselli, con Franco Califano che cantava “Andamento lento” e con noi che duettavamo con queste grandi star. Carlo Vanzina e “Le finte bionde”… Enrico Vanzina, fratello e collaboratore di Carlo, in una sua dichiarazione in una trasmissione televisiva, disse che per i loro film “Vacanze di Natale” si erano ispirati a me nell’interpretazione di Jerry Calà che cantava dietro un pianoforte. Grazie a Carlo Vanzina ho imparato cosa voleva dire scrivere per il cinema, i famosi “M”, i momenti da sottolineare, evidenziare con la musica. Non finirò mai di ringraziare Enrico e di ricordare Carlo».
– Nel 1990 inizia l’esperienza della TV quotidiana con Michele Guardì e “I fatti vostri”.
«Dopo il grande successo di “Quelli della notte” abbiamo sentito l’ esigenza di partecipare a una trasmissione popolare, non volevamo essere più gli strani e gli artisti particolari e dirompenti di “quelli della notte” ma entrare nelle case e accomodarci nei divani delle famiglie italiane e questo grazie al grande Michele Guardi è stato possibile. Per me Michele è stato un grande maestro, il suo modo di essere Regista si avvicina molto alla pittura, alcune delle sue inquadrature erano dei quadri d’autore».
– Nel 1996 il debutto teatrale a Taormina con un’orchestra di 34 elementi per “Affari di casa” regia di Tonino Pulci.
«Voglio condividere con voi la mia prima esperienza come attore e autore in teatro. Ricordo ancora il brivido che mi percorreva il corpo mentre ero sul palco, le luci che mi illuminavano e l’emozione nel sentire il pubblico presente. È stato un mix di paura e eccitazione, ma quando ho pronunciato le prime parole e ho visto la reazione del pubblico, mi sono sentito vivo e pieno di energia. È stata un’esperienza magica che mi ha fatto innamorare del teatro e dell’arte della recitazione.
Non vedo l’ora di tornare sul palco e vivere nuovamente quelle emozioni uniche, questo lo sto facendo grazie a uno spettacolo scritto da Massimo Cinque, con la mia regia, e per il talento musicale e direzione del maestro Demo Morselli. Lo spettacolo che sta girando nei teatri italiani si intitola “Tu vuo’ fa l’americano” e parla dell’esperienza dei nostri italiani all’estero, del sogno americano. É molto rappresentativo di un’epoca che per noi è passato e per altri, di altre zone del mondo, è il presente».
– Nel 1999, dopo più di 20 anni di sodalizio artistico il duo Antonio e Marcello si scioglie. Perché?
«Con Antonio ancora oggi ci sentiamo e il nostro rapporto umano si è rafforzato ancora di più ma la musica, e l’arte in genere, ha bisogno sempre di nuovi stimoli e di nuove paure e incertezze. Seguono tante altre avventure televisive».
– Quale tra tutte è stata per te quella più importante, quella più divertente e quella più faticosa e perché?
«L’esperienza televisiva più divertente sicuramente è stata “Quelli della notte”, quella più eccitante è stata la prima partecipazione a “Sanremo”: un’emozione forte che ancora oggi non dimentico, quella più faticosa proprio in termini fisici – svegliarsi tutti i giorni prestissimo ma soprattutto cantare per le prove alle nove di mattina che è una cosa innaturale (i cantanti mi possono capire) – è stata “I Fatti Vostri”».
– Hai avuto modo di lavorare anche con tanti musicisti e cantautori, quali tra le tue collaborazioni artistiche vuoi ricordare?
«Vorrei ricordare il duetto con Gino Vannelli, ancora oggi si trova sui social, è stato un artista che ho amato tanto e che più mi ha influenzato musicalmente. Averlo davanti a me, sentire la sua voce insieme alla mia sulle note di “J just wanna stop” è stato realizzare un sogno, mi ha molto emozionato e anche inorgoglito».
– Ti sei impegnato anche nella Radio. Cosa ti sei portato a casa da questa esperienza?
«Ho scritto e condotto insieme a Claudio Rossi Massimi, per un’idea della produttrice cinematografica Lucia Macale, il programma dal titolo “Di che vizio sei”. La radio rappresentava allora, adesso meno, la maschera di Pulcinella dietro la quale potevi essere chiunque. Era il mezzo più democratico e più solidale della comunicazione».
– Invece come attore che tipo di esperienza diversa hai fatto? Ti è stata utile la tua competenza musicale?
«Assolutamente sì, la competenza musicale può essere un grande vantaggio per un attore. La musica è un linguaggio universale che ci permette di esprimere emozioni e trasmettere messaggi in modo potente. Essere in grado di cantare o suonare uno strumento può arricchire le performance teatrali, aggiungendo un livello di profondità e coinvolgimento emotivo».
– Hai tenuto concerti in Italia e nel mondo. Oggi su quale palco vorresti esibirti o tornare?
«Dopo aver tanto girovagato, per i posti più grandi, più prestigiosi e anche più piccoli e infami del mondo, la mia conclusione é che il posto ideale, nel quale oggi mi sento a mio agio, ė il teatro dove si ascoltano i respiri, le pause hanno un valore e dove il pubblico non è casuale ma ti sceglie per amore della tua arte».
– Marcello preferisci essere regista o essere diretto?
«Mi piace molto la regia ma in questi ultimi anni si è trasformata in regia organizzativa, quindi gli attori, i musicisti, i ballerini, i cantanti ti chiedono di tutto, da dove si parcheggia a quando si mangia, a che ora è la pausa, quindi diciamo che amo la parte creativa che dà luce e movimento a un passaggio teatrale e meno la fase organizzativa».
– Se potessi rinascere e scegliere il tuo destino, che tipo di lavoro faresti in un’altra vita?
«Se non fossi egocentrico come sono, e come sono tutti gli artisti, probabilmente mi piacerebbe fare lo scrittore che scrive libri che non hanno successo, compatito ma amato per questa condizione, con una moglie bella e ricca che gli consente di essere se stesso».
– Tu sei una persona che ha dei forti valori come quello della famiglia. Quanto è stata importante la tua famiglia nel tuo percorso artistico?
«L’artista deve essere fortunato ad incontrare una persona che sposa il suo cammino tortuoso, impervio, pieno di bui, luci, dolori, successi, depressioni, speranze tradite, sogni avverati e delusioni. Insomma non è una vita facile sopportare una persona che affronta tutto questo. Io sono stato fortunato ad avere mia moglie Antonella, che ha sempre fatto il tifo per me e mi ha dato una carezza al cuore nei momenti difficili, quando credevo di non farcela più. Sono stato fortunato ad avere due figlie spettacolari Maria Elisa e Maria Sofia, anche loro vicine alle mie scelte e fan critiche che mi aiutano nella crescita. E poi i miei nipoti Salvatore, Niccolò, Adele, Sofia ed Emanuela che sono la mia gioia infinita, una delle due gemelle afferma che io sono il più bravo cantante al mondo… come darle torto ahahahahah».
– Attualmente in quale progetto sei impegnato e dove è possibile vederti e ascoltarti?
«Come ti dicevo prima sono impegnato in due fronti sempre con il maestro Demo Morselli. Ho curato la regia di questo spettacolo straordinario che sono sicuro ci darà grandissime soddisfazioni nei teatri italiani e nel mondo, perché parla proprio della nostra storia attraverso una fiaba scritta da Massimo Cinque, le musiche dirette e arrangiate dal maestro e la voce narrante dell’attrice cantante Francesca Borrelli. Raccontiamo un pezzo della nostra storia a volte dimenticata, noi siamo quello che siamo stati, grazie all’accoglienza e anche alla sofferenza che ci ha provocato il popolo americano, e abbiamo costruito il futuro di molte famiglie italiane».
– Che consiglio daresti a chi si approccia oggi al mondo dello spettacolo?
«Di essere sincero, di essere unico dove l’unicità è un fattore importante. Mostrare la propria anima. Se ciò non avviene si può comunque diventare un bravissimo operatore del mondo dello spettacolo. Ci sono tanti settori in cui c’è bisogno di fonici, di musicisti, di tecnici luci, di creativi digital, non bisogna per forza essere Carla Fracci o Carreras, ci si può avvicinare a questo mondo anche facendo un lavoro che dà tante soddisfazioni sempre di natura artistica».
– Alle tue fan che ci chiedono un tuo ciuffo di capelli, che canzone dedicheresti?
«Allora se mi provochi ti rispondo che dedicherei una canzone che si chiama “Il ragazzo col ciuffo” di Little Tony dove il testo recita così:
Mi han detto che ti piacciono
i ragazzi col ciuffo
mi han detto che ti piacciono
i tipi come me
ed io mi sono fatto crescere
i capelli
per farmi guardare da te
ye, ye, ye, ye
ye, ye, ye, ye».
– Marcello, Giornalisti Italia ti ringrazia e ti chiede di salutarci con un tuo motto.
«Esprimi la tua anima attraverso la musica». (giornalistitalia.it)
Serena Maffia