ROMA – Le notizie che trapelano dall’inchiesta sulla cosiddetta “Mafia Capitale” confermano quanto un’informazione libera, capace di entrare sui fatti che incidono sulla vita comunitaria e pubblica, sia un insostituibile presidio di legalità democratica. Quando uno dei principali accusati dell’inchiesta, Massimo Carminati, con durezza gravemente minacciosa, se la prende con il giornalista Lirio Abbate dell’Espresso per una sua inchiesta che, già nel 2012, mette in luce punti neri sull’attività del presunto boss, riconosce che questo genere di informazione è un ostacolo alle scorrerie e alle infiltrazioni spregiudicate o malavitose nei meandri degli affari oscuri. Addirittura un pericolo più grande dell’attività di repressione delle forze e della giustizia istituzionalmente chiamate a sgominare e punire il crimine.
Lirio Abbate da anni lavora con serietà e rigore sulla frontiera dell’informazione intesa come bene pubblico, che nulla face di quel sa sulle mafie, ha ricevuto in questi anni e anche recentissimamente gravissime minacce dai mondi delle mafia e del malavita organizzata. Lui e le testate che ne hanno pubblicato e ne pubblicano i servizi giornalistici debbono sentire accanto il sostegno della moltitudine dei cittadini e onesti.
A Lirio Abbate il sostegno, la vicinanza e la solidarietà della Federazione Nazionale della Stampa, con l’auspicio che le verità giudiziarie consentano anche di fare giustizia della tante minacce ricevute che lo costringono a una vita sotto scorta, in una condizione di tutela doverosa, un prezzo ancora troppo alto per la vita dei cittadini onesti e per un Paese da liberare dalla prepotenza e dalla violenza del crimine.
Franco Siddi