ROMA – Botta e risposta tra il segretario generale dell’Uspi, Francesco Saverio Vetere, e il presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, sulla spinosa questione della disdetta del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico Uspi-Fnsi e la relativa comunicazione alle aziende dell’istituto di previdenza che «provvederà d’ufficio a ricalcolare le denunce contributive dei mesi di giugno e luglio 2020» costringendole, pertanto, ad un esborso in molti casi insostenibile e, dunque, pericoloso per il futuro dei giornalisti.
Come ampiamente riferito da Giornalisti Italia, l’emergenza Coronavirus, quella che ha messo in ginocchio aziende e lavoratori costringendo il Governo a proroghe e misure straordinarie per il sostegno delle famiglie, non vale dunque per il contratto nazionale di lavoro giornalistico Uspi-Fnsi. Pertanto, le aziende che l’hanno applicato, non solo non potranno rinnovare i contratti a termine e fare nuove assunzioni, ma dovranno adeguare i minimali contributivi a quelli, molto più onerosi, del contratto Fnsi-Fieg.
Di seguito, riportiamo integralmente lo scambio di missive. (giornalistitalia.it)
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Gentilissima Signora Presidente,
la delibera dell’Inpgi, pubblicata sul Vostro sito internet in data 10 agosto 2020 e comunicata in questi giorni alle aziende, oltre ad aver suscitato sgomento e preoccupazione tra gli editori interessati, pone una serie di problemi di difficile, se non impossibile soluzione.
In primo luogo, riteniamo che sia una delibera giuridicamente illegittima, non in linea con la giurisprudenza dominante e con la prassi costante. Evidentemente, però, questi profili saranno esaminati nelle sedi opportune, nelle quali saranno poste le questioni meramente tecniche, come la attuale costanza di trattative, la brevità del tempo intercorso tra la scadenza del Ccnlg e la delibera Inpgi e molto altro ancora.
Quello che ci preme rilevare in questa sede è la situazione di un settore già pesantemente penalizzato dall’emergenza Covid 19, con cali degli investimenti pubblicitari nell’ordine del 50%, che si trova ad affrontare un aggravio di costi per dipendenti giornalisti che configura un sicuro profilo di eccessiva onerosità sopravvenuta e che legittima ogni decisione degli editori in merito alla possibilità di mantenere i rapporti di lavoro con i giornalisti. Ancor di più se si considera che tutto ciò avviene in corso di anno e va ad impattare su previsioni di spesa già pesantemente toccate dalla situazione straordinaria del 2020.
Certo, si potrebbe rispondere che un ente come Inpgi deve tenere solo conto delle leggi che lo regolano e che ogni decisione è frutto di una valutazione strettamente tecnica.
Tuttavia sembra che in questo caso l’ente da Lei presieduto abbia agito con un amplissimo margine di discrezionalità, se così si può dire, citando a sostegno della propria decisione una lettera della Fnsi in cui veniva comunicata, tra l’altro, la sussistenza di una trattativa. Era, cioè, possibile assumere una diversa linea, ponendosi in una condizione di attesa degli sviluppi futuri, evitando di mettere ulteriormente in ginocchio le aziende, costringendole a chiudere o a licenziare almeno una parte dei giornalisti assunti solo poco tempo fa in condizioni diverse, con aspettative diverse. Giornalisti che si fidavano del proprio sindacato e del proprio ente previdenziale.
Il Contratto Nazionale Uspi-Fnsi ha generato un sistema sociale ed economico le cui dimensioni erano destinate a crescere nel tempo, ma soprattutto ha determinato un affidamento di editori e giornalisti, sicuri di aver trovato lo strumento per avere sicurezza del posto di lavoro e dell’inquadramento dei giornalisti per la crescita della editoria cartacea e online.
Tutto questo è venuto bruscamente meno, insieme alla fiducia.
Non sappiamo se ci siano margini per tornare sulla decisione presa, ma ritengo di doverlo chiedere, per evitare tutte le conseguenze che Le ho esposto, nella consapevolezza di dover fare fino in fondo il dovere proprio dell’Uspi, di difendere il settore e sostenerne la crescita. Dovere reso sempre più difficile dalle incredibili circostanze del 2020, naturali e non. (giornalistitalia.it)
Avv. Francesco Saverio Vetere
Segretario generale e Presidente Uspi
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Gentile Avvocato,
ho letto con attenzione le sue considerazioni in merito alla questione del contratto Fnsi-Uspi e rispetto profondamente le preoccupazioni da Lei espresse sulla tenuta economica del sottostante tessuto imprenditoriale che lei rappresenta.
Sull’intera vicenda, tuttavia, l’Inpgi, come lei ben sa, non ha assunto – né avrebbe mai potuto assumere – alcun ruolo circa le decisioni di merito afferenti la sfera del rapporto contrattuale, demandate in via esclusiva alle potestà negoziali delle Parti sociali interessate che, pertanto, sono le uniche legittimate a disporne.
E, in tal senso, risulta pacifico che il Contratto collettivo sottoscritto il 24 maggio 2018 sia stato oggetto di specifica disdetta da parte della Fnsi e che, pertanto, in assenza della manifestazione di volontà dei contraenti circa la temporanea ultrattività dello stesso, il predetto Contratto ha cessato i propri effetti a decorrere dal 31 maggio 2020.
Riassunto in questi termini lo scenario definito dalle Parti sociali, questo Istituto – astenendosi da ogni valutazione discrezionale – si è limitato a prendere atto della situazione e, di conseguenza, ha dato attuazione a quanto disposto dalle vigenti norme in tema di determinazione dei livelli minimi di retribuzione imponibile, che fissano quali parametri di riferimento i valori stabiliti da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ovvero da accordi collettivi o individuali, se più favorevoli (legge 398/89).
Senza addentrarmi, ovviamente, nel ripercorrere le argomentazioni tecnico-giuridiche illustrate nella Circolare pubblicata dall’ente, mi limito ad osservare, quindi, che posizione dell’Inpgi costituisce l’adempimento ad un preciso obbligo normativo ed è, quindi, un atto dovuto privo di ogni forma di discrezionalità.
Nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, infatti, l’Inpgi è ovviamente tenuto a rispettare puntualmente i dettami imposti dall’ordinamento in tutte quelle materie non espressamente demandate alla propria autonomia, soggiacendo, in detto contesto, ai controlli posti in essere dai diversi organismi che esercitano le funzioni di vigilanza.
Ne consegue, peraltro, che una eventuale disapplicazione, da parte dell’ente, degli obblighi normativi che disciplinano la materia, configurerebbe un comportamento illegittimo che comporterebbe una duplice lesione degli interessi pubblici: da un lato causerebbe un danno erariale per l’ingiustificata riduzione dell’afflusso finanziario derivante dal gettito contributivo obbligatorio e, dall’altro, provocherebbe una menomazione della tutela previdenziale in favore dei lavoratori interessati.
Ciò posto, pertanto, le confermo l’impossibilità di questo Istituto ad intervenire sul merito della questione, che afferisce strettamente alla determinazione dei livelli del trattamento economico e normativo spettanti ai rapporti di lavoro inquadrati alle dipendenze dei datori di lavoro rientranti nel settore di competenza dell’Uspi e, come tale, rientra nelle potestà demandate dall’ordinamento alle Parti sociali. (giornalistitalia.it)
Marina Macelloni
Presidente Inpgi
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