ROMA – È l’articolo che non avremmo mai voluto scrivere. È la cronaca di una giornata surreale, conclusasi con la decisione di sospendere le pubblicazioni del giornale dal 1 agosto. Qualcuno proverà a raccontare questa storia con il freddo linguaggio della tecnicalità. Sciorinerà numeri, additerà le responsabilità di altri, e si prodigherà in promesse su impegni futuri. Ma questa storia, questa brutta storia, è tutta politica.
E non lo è perché a uscire dalle edicole, temporaneamente si spera, ma di certo dal 1 agosto, è il giornale fondato novant’anni fa da Antonio Gramsci, il giornale, il più grande giornale della sinistra. L’altro ieri eravamo usciti dal giornale con la speranza che una soluzione, dolorosa certo ma concreta, per mantenere in vita l’Unità e garantire il lavoro di giornalisti e poligrafici, fosse alla portata. Ne avevamo discusso con i rappresentanti di Editoriale Novanta, società che aveva avanzato una proposta, ritenuta dai liquidatori, «seria», anche se da perfezionare.
Avevamo messo sul tavolo la disponbilità dei lavoratori, che da mesi non ricevono stipendi ma che hanno garantito lo stesso l’uscita del giornale, di fare ulteriori sacrifici pur di far vivere l’Unità. Ieri, la doccia fredda. Gelata. Ore 14:00 del 29 luglio 2014. Cade l’ultima speranza. I soci della Nie in liquidazione hanno bocciato la proposta dei liquidatori di garantire con un finanziamento la continuità delle pubblicazioni fino a settembre.
E poi hanno bocciato anche la proposta di affitto e successivo acquisto, ritenuta dai liquidatori la più attendibile tra quelle pervenute nei giorni scorsi. Ora non rimane che la strada del concordato preventivo, un passo in più verso il fallimento, in assenza di proposte valutate positivamente dal Tribunale e dai creditori. Avevamo chiesto a tutti di manifestare quel senso di responsabilità di cui giornalisti e poligrafici hanno dato ampia e ripetuta prova. Un appello caduto nel vuoto. Perché l’assemblea dei soci si è ridotta al palcoscenico in cui alcuni dei protagonisti hanno recitato una miserevole parte: quella dei «giustizieri» di qualsiasi proposta avanzata dai liquidatori.
Hanno alzato la voce, minacciato fuoco e fiamme, incolpando addirittura i due liquidatori di aver voluto proseguire le pubblicazioni! E così, ora non solo non troverete più in edicola il giornale, ma, visto l’imperativo di disdettare tutte le utenze telefoniche e internet, non sarà possibile neanche mantenere un filo diretto con i lettori attraverso il nostro sito web. Hanno voluto spegnere una voce. Hanno puntato alla chiusura. E hanno raggiunto il loro obiettivo. Nel giornale di domani, l’ultimo prima della sospensione, racconteremo la vera storia di una «morte annunciata», di impegni proclamati ma mai realizzati.
Di parole di solidarietà rivelatesi, alla prova dei fatti, false. In prima fila a sparare una raffica di «no», ad alzare la voce, a minacciare i liquidatori, è stata una ex senatrice di Forza Italia, Maria Claudia Ioannucci. A suo tempo, avevamo denunciato questa presenza nella compagine azionaria, avevamo anche scioperato contro questa presenza «inquinante». Ora, la stessa persona, ha contribuito in maniera sostanziale a far chiudere il giornale. Questa è politica, non contabilità.
Ci hanno chiuso. In una sotterranea guerra di veti e controveti. Ecco i risultati. Ieri abbiamo passato l’intera giornata in attesa di un pronunciamento che non arrivava, abbiamo lavorato perché il peggio fosse evitato. Ma la sentenza era stata già pronunciata. Non ieri, ma già da tempo. Ieri è stata eseguita. I liquidatori hanno dato atto ai lavoratori de l’Unità, alle loro rappresentanze sindacali, di essere stati i più seri in questa triste vicenda. Forse gli unici. Non si uccide così un giornale. Non si cancella così una storia. Non si umilia in questo modo una comunità generosa, quella dei lettori de l’Unità, che non ci ha mai fatto mancare il proprio sostegno.
Un sostegno che si è manifestato anche in edicola, soprattutto con il successo degli speciali per il novantennale del nostro giornale e per il trentennale della morte di Enrico Berlinguer. Quei risultati dimostrano che l’Unità ha ancora uno spazio di mercato. Uno spazio su cui investire da parte di chi vuole parlare ancora al popolo della sinistra. Non si liquida un giornale in un’assemblea rissosa, in cui quasi si è arrivati alle mani, tra grida, minacce e risate quando qualcuno ha provato a ricordare loro che in gioco c’era anche il lavoro e la vita di ottanta famiglie.
Una vergogna nella vergogna. Ieri pomeriggio ci siamo riuniti in assemblea. Per decidere come portare avanti la nostra battaglia. C’era dolore, rabbia. Lacrime. Ma sopra ogni altra cosa, c’era orgoglio, dignità, voglia di reagire. Non ci arrendiamo, questo è certo. Il 12 febbraio abbiamo festeggiato i novant’anni del nostro giornale. Una comunità si è ritrovata allora, orgogliosa di sé, convinta che salvare l’Unità non era un tributo al passato ma un investimento sul futuro. (l’Unità)
Domani una conferenza stampa dei giornalisti
ROMA – Il Comitato di redazione de l’Unità ha convocato per le ore 14.30 di domani, ultimo giorno del quotidiano in edicola, una conferenza stampa nella redazione di via ostiense 131-l.
I lavoratori del quotidiano “non intendono arrendersi e faranno tutto ciò che é in loro potere affinché il giornale fondato da Antonio Gramsci non scompaia”.
“Adesso – affermano i lavoratori – é il momento di compiere atti concreti da parte di tutti coloro, a partire dal Pd, che hanno dichiarato di considerare l’Unità un patrimonio a cui non si é disposti a rinunciare. Non solo una storia che affonda le radici nel passato della sinistra, ma uno strumento fondamentale per il pluralismo dell’informazione proiettato nel futuro”.