ROMA – Oggi il quotidiano l’Unità non è andato in edicola per il primo dei 5 giorni di sciopero che l’assemblea dei giornalisti ha affidato al Comitato di redazione contro la “chiusura totale dell’azienda”.
Ad annunciarlo è stato lo stesso Cdr il quale ricorda che “il 7 novembre doveva essere il giorno della «nuova Unità», rinnovata nel formato e arricchita nei contenuti”, mentre al contrario “tutte le scelte compiute dall’azienda – la riduzione della foliazione, il taglio della distribuzione, collaboratori storici mai pagati, la chiusura del numero del lunedì – vanno nella direzione opposta: la dismissione”.
“Siamo davvero ad un passaggio cruciale per l’Unità. Agiremo in tutte le sedi – denuncia il Cdr – per difendere i nostri diritti e con essi il futuro del giornale. È per questo che domani non saremo in edicola, per il primo dei cinque giorni di sciopero affidati al Cdr dall’assemblea di redazione. Una decisione sofferta ma necessaria a fronte della chiusura totale dell’azienda”.
“Siamo a fianco del direttore Sergio Staino e del condirettore Andrea Romano – affermano i giornalisti – ai quali diamo atto di un entusiasmo e di un impegno che hanno determinato, assieme al nostro lavoro, un incremento di vendite in edicola e in abbonamenti, nonostante quanto asserito dall’amministratore delegato”.
“Il nostro – spiegano i giornalisti – è uno sciopero «contro» e «per». Contro un’azienda, in tutte le sue componenti, che non investe sul prodotto e un amministratore delegato, unico caso al mondo, che nuoce al prodotto contestandone i buoni risultati”. “Al dottor Stefanelli ricordiamo che ‘un minimo di normalità’, per usare le sue parole, nella gestione di una azienda vuol dire accompagnare alla nascita della stessa un piano industriale con precise strategie di mercato e adeguati investimenti. Tutto questo, dal momento del suo ritorno in edicola, all’Unità non c’è stato”.
“Questo è anche uno sciopero «per». A sostegno, cioè, di una direzione giornalistica che sentiamo dalla nostra parte. In questi 16 mesi abbiamo dato ampia prova di un grande senso di responsabilità”. “Ma responsabilità – concludono i giornalisti – non è sinonimo di complicità o silenzio rispetto ad un’azienda e ad un ad che sembrano conoscere e praticare una sola strada: quella della dismissione”. (giornalistitalia.it)