ROMA – «A distanza di un anno dall’ultima volta, oggi l’Unità è di nuovo in edicola. Non è una rinascita o una ripartenza, è soltanto il numero speciale che l’azienda ha fatto (come nei due anni precedenti) per evitare la decadenza della testata. E se lo scorso anno registrammo come un insulto alla storia nostra e del giornale l’aver affidato a Maurizio Belpietro la direzione editoriale del giornale, questa volta prendiamo atto che a firmare questo numero speciale è un giornalista che è anche senatore del Movimento 5 Stelle».
I giornalisti dell’Unità, senza stipendio, senza contributi e senza sussidio di disoccupazione perché, nonostante la cessazione delle pubblicazioni, l’editrice Piesse non li ha mai licenziati, denunciano così l’annuale numero “obbligato” mandato in edicola con la direzione responsabile del sen. Primo Di Nicola.
«Quale sia l’obiettivo della società editrice – affermano i giornalisti – è davvero oscuro. Di sicuro è una strategia che finora non sembra aver portato ad alcun risultato: nel disinteresse generale, l’Unità è fuori dalle edicole dal giugno 2017 e allo stato attuale non risulta alcuna offerta di acquisto da parte di gruppi editoriali o imprenditori. Sono due anni che l’azienda di proprietà della Piesse di Guido Stefanelli e Massimo Pessina al tavolo sindacale invia soltanto i propri avvocati eludendo ogni volta le questioni più importanti con l’annuncio di fantomatici interessamenti all’acquisto dimostrati da fantomatici imprenditori. Ipotesi tutte puntualmente evaporate».
«Ma – rilevano i giornalisti – rispetto allo scorso anno, oggi c’è una novità e non riguarda, purtroppo, il futuro di questa testata: il 31 dicembre scorso si è concluso il periodo di cassintegrazione per i giornalisti e da allora ventisei famiglie vivono in un limbo drammatico».
«L’Unità srl – spiegano i giornalisti – non ha, infatti, dato avvio alle procedure di licenziamento, presumibilmente per non pagare ai lavoratori le spettanze che sono dovute loro per legge, ha preso tempo inseguendo nuove possibilità di cassintegrazione, che di fatto ci avrebbero posto fuori dal contratto nazionale dei giornalisti con gravi ripercussioni sulla contribuzione, e ha avanzato ancora una volta l’ipotesi di cessione dell’azienda».
Il risultato è che «dal primo gennaio, nel mezzo di questi mesi di grandi difficoltà economiche per tutti, i giornalisti e le giornaliste dell’Unità sono formalmente in carico all’azienda, pur non ricevendo retribuzione e busta paga, e di conseguenza non possono accedere a nessuna forma di sostegno al reddito, né attraverso la disoccupazione – prevista per legge – né attraverso gli aiuti varati dal governo per fronteggiare la crisi Covid».
Le giornaliste e i giornalisti dell’Unità concludono sottolineando che «tutte e tutti hanno lavorato alla realizzazione di questo giornale dimostrando, ancora una volta, il proprio attaccamento ad una testata che è parte fondamentale della storia del Paese e della quale ora più che mai ci sarebbe bisogno. La redazione ha fatto la propria parte, come sempre in questi anni. Della propria latitanza e dei propri comportamenti, invece, l’azienda risponderà ancora una volta in tutte le sedi opportune».
In calce le firme di: Daniela Amenta, Roberto Arduini, Marco Bucciantini, Simone Collini, Umberto De Giovannangeli, Francesca De Sanctis, Bianca Di Giovanni, Federica Fantozzi, Massimo Filipponi, Massimo Franchi, Vladimiro Frulletti, Claudia Fusani, Maristella Iervasi, Natalia Lombardo, Felicia Masocco, Marina Mastroluca, Stefano Miliani, Marco Mongiello, Rossella Ripert, Massimo Solani, Loredana Toppi, Marco Ventimiglia, Cinzia Zambrano, Maria Zegarelli. (giornalistitalia.it)
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