ROMA – «Tra tutti i miei libri, forse questo è quello che, scrivendolo, mi ha coinvolto di più emotivamente, perché è una storia vera che prova coi fatti come l’amore vada oltre la vita». Così, Luciano Regolo, consigliere nazionale della Fnsi, condirettore di Famiglia Cristiana e autore di numerosi volumi, fra i quali i best-seller dedicati alla mistica calabrese Natuzza Evolo, tradotti in varie lingue, presenta a Giornalisti Italia, la sua ultima opera, “Storia di Christian. Ogni vita è per sempre”, uscito in questi giorni per le Edizioni San Paolo con un’introduzione di padre Antonio Spadaro, gesuita direttore della rivista La civiltà cattolica, tra i religiosi più vicini a Papa Francesco, che ha accompagnato in tutti i suoi viaggi per il mondo.
Il libro racconta la vita breve, ma intensa di un ragazzo, fuori dal comune, musicista appassionato, di nome Christian Cappelluti, scomparso esattamente 20 anni fa, il 9 agosto 1998. Collaborava ed era entrato in grande amicizia con la cantante Mina, che ha detto di lui: «Uno di quei rarissimi giovani uomini che ti fanno sperare che questo mondo possa andare avanti, possa migliorare»,
Christian, fin da adolescente fu poeta dell’amore (divino e umano) e volle coltivare la propria vocazione di musicista, percepita come dono per sé e per gli altri; la vita di un ragazzo di oggi che, per realizzare il suo sogno, mise in atto passione e rigore in ogni istante della propria vita, spezzatasi ad appena 22 anni, per un raro disturbo ematico, ma capace di lasciare un segno straordinario in chiunque abbia incontrato lui o la sua eredità (oggi testimoniata e portata avanti dalla Fondazione e presso il liceo classico e musicale, voluti dai suoi genitori): siano essi stati gli amici e la fidanzata, ma anche personalità della musica e della Chiesa, come Mina, Red Canzian, padre Spadaro, il cardinale Gianfranco Ravasi; fino alla testimonianza misteriosa di Natuzza Evolo. L’affascinante e commovente parabola di Christian è raccontata in tredici capitoli, attraverso una serie di testimonianze di chi gli è stato accanto nelle varie fasi della sua vita.
Spiega Luciano Regolo: «Le persone più disparate, di età, paesi, formazione completamente diversi, che ho intervistato per realizzare questo libro, hanno tutte sottolineato la sua ricchezza umana e di fede, da cui spicca la capacità di cercare costantemente il contatto con l’anima altrui. Una capacità che la sua morte non ha sconfitto; un dono che come esempio può apparenere a ogni giovane. Proprio in quest’anno del Sinodo dei Giovani, Christian è un esempio di come si possano coronare i propri sogni in modo onesto, con l’impegno, la dedizione. Era riuscito a chiudere un contratto discografico con uno dei più grandi produttori americani, un contratto che lo avrebbe portato a produrre un album di 15 pezzi negli Stati Uniti, il cui single di punta sarebbe stato il “profetico” “Let me run away”: Lasciami correre via».
Come si è avvicinato alla storia di Christian?
«Ho conosciuto i suoi genitori, Adriana Notaro e Franco Cappelluti, mentre scrivevo il mio terzo libro su Natuzza, perché soprattutto grazie alla sua vicinanza spirituale loro sono riusciti a vincere “lo scandalo della morte”, come in modo efficace Spadaro, nell’introduzione, definisce il dolore di aver perso il figlio. Mi hanno colpito molto, sono due testimoni di fede incredibili e sono passati dall’annientamento morale a un attivismo inesauribile che ha permesso a molti ragazzi di diversi Paesi di coronare i loro sogni, sogni simili a quelli che coltivò Christian. Adriana e Franco, con il loro amore sempre vivo, hanno fatto sì che la preziosa eredità spirituale del loro unico figlio non andasse perduta. Il modo in cui hanno trasformato il cupo dolore annichilente per la perdita in amore operoso, è un’altra testimonianza straordinaria della forza infinita trasmessa da questo ragazzo, che, non a caso, Monsignor Vallini ha indicato a migliaia di giovani riuniti a Toronto nel 2002 per la Giornata Mondiale della Gioventù, “quale esempio da seguire per non rinunciare mai a realizzare i propri sogni, ma attraverso l’impegno, senza mai cedere al compromesso e alla rinuncia ai propri valori”».
Perché dice un’altra testimonianza?
«Perché distanza di 20 anni dalla morte di Christian, sul forum che ne porta il nome centinaia di persone, anche chi non l’ha mai conosciuto durante la sua breve esistenza, continuano a parlargli come a un amico presente. Tanti gli lasciano lettere e messaggi sulla sua tomba ad Anzio, o ascoltano le sue canzoni, scoprendovi sempre nuovi messaggi di speranza per affrontare delusioni e ostacoli del vivere quotidiano. Laici e religiosi trovano nei suoi brani e nei suoi scritti fonte d’ispirazione, dallo spettacolo teatrale di Antonio Racioppi, “In nome del figlio” o dal progetto di fiction di Salvatore Bugnatelli, alle omelie intense di padre Spadaro o alle riflessioni del cardinale Ravasi. La vita di Christian, insomma, sembra parlare tuttora ai cuori e proprio questo mi ha spinto a raccontarla per la prima volta nella sua interezza».
Ci dice qualcosa in più di lui?
«È stato uno studente brillante e di forte personalità, dalle elementari all’Istituto Beata Caterina di Santa Rosa a Roma sino alla laurea in Business Administration conseguita con un anno d’anticipo e “summa cum laude” alla Wake Forest University di Winston-Salem in North Carolina, dove seguì anche un percorso “personalizzato” alla Facoltà di Musica, per realizzare il progetto del suo primo album da produrre negli Stati Uniti. Christian mostrava fin dalla più tenera età quei tratti particolari che ne hanno reso vivo per sempre il ricordo: il trasporto istintivo e insopprimibile per la natura, nella costante ricerca del Creatore nel creato, il coraggio di difendere le proprie idee, la spontanea coerenza nei suoi propositi, la cura particolare degli affetti e del dialogo con le persone care, la generosità silenziosa e la capacità di entrare in empatia con i sofferenti, la continua curiosità del vivere e dell’apprendere, la ricerca di una ricchezza interiore anteposta costantemente ai facili richiami materiali che pure lo circondano e di cui descrive, fin dai suoi primi temi, la fallacia».
Come nacque la sua passione per la musica?
«Per una casualità, il dono di una chitarra che gli fecero i genitori per il Natale dei suoi otto anni, senza sapere il perchè, aprì a Christian il mondo dell’espressione musicale, in cui trovò lo spazio più congeniale per esprimere la creatività e i sentimenti che già erano affiorati nei suoi scritti e nei suoi disegni precedenti. Quella chitarra diventa subito per lui un’amica intima al pari delle canzoni che comincia a scrivere fin da bambino, e, significativamente, le dà un nome, Katy, in inglese, come la lingua che sceglie dal principio per i suoi testi, quasi per una precoce intuizione del futuro “destino americano”».
Era un tipo “tosto”, con un gran senso della disciplina?
«Sì, ma anche peno di allegria e di gioia di vivere, sempre propenso all’ironia e al senso dell’umorismo, In molti dei suoi brani dà la chiara impressione di aver “intuito” anche la precocità della sua morte. E tutta una serie di strane coincidenze sembrano dare la medesima impressione. Ma proprio lo studio attento della sua vita, conferma che queste illuminazioni erano frutto di un suo dialogo interiore col divino, dei flash quasi inconsapevoli di una forma di sentire o di sapere che valica i limiti del tempo e dello spazio come in un sogno, come in quel mondo onirico nel quale Christian stesso indica, in una riflessione scritta da ventenne, la fonte della sua ispirazione artistica».
Nonostante il breve percorso terreno strinse una serie di amicizie con personalità di spicco…
«Sì, con celebrità mondiali, come Mina, che lo considerò un confidente oltre che un valido collaboratore, David Burge, il “guru” dell’Orecchio Assoluto, facoltà musicale che appassionò particolarmente Christian, Red Canzian, il bassista dei Pooh che lo descrive tuttora come “un cavaliere d’altri tempi”, Giorgio Faletti, di cui fiutò la profondità di pensiero quand’era ancora conosciuto soprattutto come comico, Owen Sloane, il manager di pop-star come Elthon John, che non smise mai di ritenerlo “un giovane straordinario” e che cominciò a parlare italiano dopo le loro prime conversazioni. Ma con tutti loro Christian mantiene la schiettezza e la semplicità che scandiscono ogni aspetto della sua vita. Convinto che per un artista italiano sia difficile valicare le frontiere europee dopo un debutto nel mercato nostrano, mentre, al contrario, l’esordio negli Stati Uniti, possa aprire più facilmente delle prospettive internazionali, non esita a confrontarsi direttamente su quest’argomento con Elisa, che come lui canta in inglese, nell’anno in cui lei vince Sanremo e acquisisce la massima notorietà. Le telefona e intavola un discorso schietto con lei».
Era particolarmente religioso?
«Direi intimamente religioso. Christian coltivava nel nascondimento, senza mai decantarla, una religiosità controcorrente, intesa come forma di vivere piuttosto che come mero ossequio di regole o precetti, indipendente dall’intimo trasporto. Una religiosità che affiora nei suoi ritiri “segreti” in luoghi per lui particolarmente evocativi, dalla chiesa in cui ricevette la prima Comunione e dove saranno celebrate le sue esequie, al bosco nel campus della Wake Forest ogni mattina, all’alba, ma anche nella tenerezza particolare che esprime verso i disabili, nel fervore con cui, già da piccolo, si attiva nelle raccolte benefiche per i bisognosi.
È convinto, come esprime nei suoi temi, che l’autentica fede vinca ogni paura e riesca a elevare ogni anima e per questo predilige il salmo “Su ali d’aquila”, che rimusica all’età di 17 anni come una sorta di colonna sonora delle sue personali meditazioni spirituali. Ma mostra pure fin dalle elementari un particolare trasporto per San Francesco d’Assisi al quale riconosce soprattutto il merito di aver indicato per sempre l’unica vera via per essere in contatto con Dio: il sentirsi perennemente pellegrini, ossia fragili e consapevoli dei propri limiti, per volgersi continuamente alla grandezza della misericordia e dell’amore divini.
Di questa “lucida” fragilità che spinge a cercare beni solidi ed eterni, non esposti all’ovvia caducità terrena, di questi bui coessenziali alla natura stessa dell’uomo che tuttavia sono sempre rischiarati dalla luce dell’amore, parlano moltissime delle sue canzoni, gran parte delle quali ci consegnano quella che monsignor Spadaro ha definito una «geografia interiore» che tende «dal Basso verso l’Alto». E anche le sue note comunicano questa tensione emotiva, fino a “Tema di luna” e “Vaghe Stelle”, i due pezzi strumentali fra i suoi ultimissimi lavori, che compose per la colonna sonora di Fragile Pallina Blu, un cortometraggio sull’ultimo giorno prima della fine del mondo, di Stefano Arduino, vincitore l’anno prima della palma d’oro a Cannes, rimasto poi inedito».
Come si lega la storia di Christian all’esperienza mistica di Natuzza Evolo?
«Nel momento di acuta sofferenza, i genitori di Christian, seguendo il consiglio della moglie di un diplomatico americno, andarono a incontrarla a Paravati e da allora cominciarono una serie di intimi colloqui, durante i quali Natuzza diede loro molte conferme della vita oltre la vita del loro ragazzo.
La Evolo, fra l’altro, senza aver mai ascoltato la sua musica, né avendone letto i testi (era del tutto analfabeta) “sapeva” che le sue canzoni erano un «testamento spirituale» e un monito «per tutti i ragazzi» ed assicurò ai genitori di Christian che, se in alcuni momenti sembrò aver intuito che non avrebbe avuto una vita lunga, non era perchè avesse saputo di soffrire di una qualche malattia e ne avesse tenuto loro all’oscuro, ma semplicemente perchè, nel più profondo di sé ,«si sentiva chiamato da Gesù», da quel mondo di luce che aveva inconsciamente inseguito da sempre.
Per quei curiosi intrecci, che non di rado costellano la storia di anime volte alla ricerca di Dio, nella “Villa della Gioia”, il complesso assistenziale attorno alla chiesa del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, che è nato a Paravati su impulso di Natuzza e dei suoi dialoghi mistici con la Madonna, l’Auditorium destinato ad accogliere migliaia di ragazzi di ogni dove nei meeting che si tengono ogni mese, porterà proprio il nome di Christian, invitandoli, quindi a cogliere, nella sua storia terrena, non la tristezza degli anni terreni spezzati, ma la gioia di un’eredità morale senza fine, lasciata attraverso ogni sua scelta, fino a quella Bibbia che volle aprire in Scozia prima di essere ricoverato vanamente in ospedale, cercando pure in quel momento drammatico la quiete della Luce sublime, o fino al sorriso rimasto impresso sulle sue labbra nell’ultimo respiro». (giornalistitalia.it)
Cara Adriana, come sempre tutti i pensieri, le iniziative e le azioni che intraprendete sono un grande esempio di amore che trasmettete a tutte le persone che vi leggono, che vi conoscono e che vi vogliono bene.
Un abbraccio