Il Sindacato Cronisti Romani chiede la riduzione dell’Iva sull’illuminazione delle tombe

“Luce perpetua”, tartassati anche da morti

ROMA – Il Sindacato Cronisti Romani chiede la riduzione dell’Iva sulla “luce perpetua” cimiteriale dal 22% al 10%, come già previsto per l’energia elettrica “ad uso domestico”  di ville al mare, in campagna e in montagna.
Nel quadro di un’auspicabile sempre più stretta collaborazione tra Associazioni di professionisti e Governo, il Sindacato Cronisti Romani presso l’Associazione Stampa Romana segnala alla Presidenza del Consiglio una grave anomalia fiscale, probabilmente dovuta – ci si augura – solo ad una banale “svista” normativa in materia di Iva (imposta sul valore aggiunto) che colpisce ingiustamente centinaia di migliaia di contribuenti romani e italiani. Anomalia maggiormente avvertita in coincidenza della ricorrenza della commemorazione dei nostri defunti.

Pierluigi Roesler Franz

«Si tratta – spiega il presidente del Sindacato Cronisti Romani, Pierluigi Roesler Franz – dell’aliquota Iva da applicare alla cosiddetta “luce perpetua”, cioè all’illuminazione a bassissimo voltaggio (generalmente appena 102 lampadine speciali che illuminano quanto uno o due lumini di cera) di tombe, loculi e Cappelle nei cimiteri di ogni parte d’Italia».
A parere di Franz, «l’errore – ci auspichiamo una vera e propria dimenticanza – consiste nella mancata equiparazione – da parte dell’Agenzia delle Entrate – della “luce perpetua” all’energia elettrica per “uso domestico”. Solo quest’ultima, infatti, beneficia dell’aliquota Iva agevolata del 10%, come prevede la norma n. 103 della Tabella A, Parte 1ª, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, e successive modificazioni ed integrazioni».
Di conseguenza alla “luce perpetua” si applica attualmente, a partire dall’ottobre 2013 un’aliquota del 22% (in precedenza del 20% e 21%), mentre sull’energia elettrica di qualsiasi abitazione, cioé non solo della prima casa, ma anche di una seconda o terza casa o persino di una villa al mare, in campagna o in montagna, si applica un’aliquota del 10%, cioè un’aliquota addirittura più che dimezzata. Come a dire che, stranamente, per il fisco italiano la luce nell’“ultima dimora” di un contribuente non é equiparabile alla luce della sua casa di residenza in vita.
«Sarebbe, quindi, opportuno – incalza Franz – porre cortesemente rimedio al più presto a questa antipatica, se non odiosa, e palese discriminazione oggi esistente sulla tassa da pagare ogni anno per “illuminare” (si fa per dire proprio perché, ripetesi, la “luce perpetua” di fatto illumina pochissimo, quasi come le lampadine dell’albero di Natale) una tomba, un loculo o una Cappella rispetto a quella da pagare non solo per la prima casa, ma anche per una villa per le vacanze.
Appare evidente – ictu oculi – l’irrazionalità della normativa, nonché la disparità di trattamento e la violazione del principio della capacità contributiva per contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione».
«Pur rendendoci conto che l’equiparazione dell’aliquota Iva al 10% anche per la “luce perpetua” potrebbe determinare per lo Stato una minore entrata, valutabile ogni anno in alcuni milioni di euro, ci appelliamo al buon senso, alla saggezza e all’equità, affinché – evidenzia il presidente del Sindacato Cronisti Romani – si risolva finalmente questa palese ingiustizia mediante un emendamento governativo al disegno di legge sulla stabilità per il 2020 o ad altri provvedimenti che il Governo ha in preparazione in materia tributaria».
«In tal modo – ammonisce Franz – si eviterebbe un’eventuale condanna dell’Italia da parte della Corte europea di Strasburgo, nonché una possibile valanga di ricorsi alle Commissioni tributarie provinciali da parte di migliaia di utenti/contribuenti che per mantenere vivo il sentimento di pietà e il culto dei loro parenti defunti abbiano attivato o mantenuto in essere contratti di somministrazione di energia elettrica a bassissimo voltaggio nei cimiteri. E si eviterebbe anche la presentazione da parte loro di migliaia di mozioni che, ai sensi dell’art. 50 della Costituzione, possono essere consegnate alle Camere per sollecitarle a modificare il D.P.R. n. 633 del 1972, mozioni che paradossalmente potrebbero rallentare, se non addirittura paralizzare, l’attività degli uffici di Montecitorio e di palazzo Madama». (giornalistitalia.it)

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