ROMA – C’è la storia raccontata, mandata a memoria sui libri di scuola. E c’è quella mai svelata o contraffatta per paura, comodità o vigliaccheria. Poi c’è chi, in barba a quanti, in nome del quieto vivere, preferirebbero non si sollevassero tante coperte – i veli nella maggior parte dei casi non bastano –, decide di prendere un bel paio di forbici per sfrondare il più prezioso dei nostri patrimoni, la Storia, di tutti quegli orpelli che l’hanno resa una vecchia signora ingoffata dentro abiti pesanti e, oramai, fuori moda.
Quel qualcuno è Lorenzo De Boca, storico e giornalista – difficile dire quale natura prevalga –, che negli ultimi anni ci ha aiutati, con una serie di libri tesi a smascherare le menzogne della storia, a capire un po’ meglio come sono andate le cose. Nel nostro Paese e non solo. E lo fa, ancora una volta, con il piglio che lo contraddistingue, nel suo ultimo lavoro editoriale, pubblicato da Piemme, a cui lo lega, oramai, una collaborazione…storica: “Il maledetto libro di storia che la tua scuola non ti farebbe mai leggere – Controstoria d’Italia per non farsela raccontare” (370 pagine, 18,50 euro).
Di arzigogolato c’è solo il titolo – se una critica possiamo avanzarla, indirizzandola più all’editore che all’autore, ci vien voglia di dire che sarebbe bastata una copertina con su scritto, chiaro e tondo, “La storia che non vi hanno mai raccontato” – perché, appena si affondano gli occhi nelle prime pagine, si capisce subito il tono del racconto. E la voglia di fare, appunto, chiarezza, con l’intenzione di rendere giustizia alla storia.
L’attenzione del nostro si concentra, come è ormai noto – basti pensare a Maledetti Savoia, Indietro Savoia!, Polentoni, L’Italia bugiarda, Il sangue dei terroni, tanto per citarne alcuni – sul Risorgimento e la Grande Guerra, ma Del Boca non lesina di sciabolare anche i principali eventi, così come ce li hanno sinora raccontati, del Novecento, rileggendo alcune delle pagine più nere della storia patria, quelle del fascismo, mostrandoci come anche della morte del Duce, giustiziato insieme alla sua Claretta, ci siano più versioni e qualcuna davvero poco credibile. Specie nel caso della Petacci.
Ma è nella descrizione di Vittorio Emanuele II che Lorenzo Del Boca dà il meglio di sé: senza timore reverenziale nei confronti di Sua Maestà, nel capitolo 5 del suo “maledetto libro” traccia il vero profilo di “quella canaglia di re” che “per un secolo abbondante ha goduto dello straordinario privilegio di essere raccontato soltanto dagli storici graditi a casa Savoia”.
Quel Vittorio Emanuele II di cui lo storico – piemontese anche lui, si badi bene – arriva a mettere in dubbio persino l’identità. Dopo che già, per amor del vero, lo avevano fatto i suoi contemporanei. “Per il battesimo – scrive Del Boca – non si badò al risparmio: Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso. Sembrano tanti ma è uno solo. Ammesso che si trattasse realmente del rampollo di Carlo Alberto e non del figlio del macellaio”.
A suffragio di questa versione dei fatti, Del Boca tira in ballo nientemeno che Massimo D’Azeglio che, “quando non era vittima del suo cattivo umore, fulminava chi gli capitava a tiro con pettegolezzi micidiali”. Ebbene, riporta lo storico, fu proprio D’Azeglio ad aver “messo in giro la voce che il vero principe era morto appena nato a Firenze nel corso di un incendio scoppiato nel palazzo del nonno, il granduca di Toscana, presso il quale era ospite. Secondo queste illazioni, per non restare senza erede, la famiglia reale era ricorsa al sotterfugio di sostituire il neonato e non trovò niente di meglio che il figlio di un certo Tanaca, che di mestiere ammazzava i maiali”.
Pettegolezzi o storia vera, fatto è che “il carattere di Vittorio Emanuele e i suoi tratti fisici furono lontani mille miglia da quelli dei genitori, come se non fosse stato parente né di Carlo Alberto, né di Maria Teresa”. Per non parlare dei sui modi e delle sue attitudini, tutt’altro che degni di un casato reale: “Le sue erano inclinazioni primitive, quasi animalesche… I libri lo innervosivano… Era di sangue caldo… Quando non si infilava nel letto di qualcuna, il principale impegno di Vittorio Emanuele II consisteva nel preoccuparsi degli affari suoi disinteressandosi di quelli del governo”. Morale della favola, pardòn della storia, quella mai raccontata sui libri di scuola, “nei salotti internazionali lo considerarono un barbaro”.
Quella del re savoiardo a cui altri storici “misero in bocca una frase che molto probabilmente non pronunciò mai, soprattutto perché non era in grado di pensarla: ‘I Savoia conoscono la via dell’esilio, non quella del disonore’”, non è, ça va sans dire, l’unica testa a cadere sotto le sciabolate di Del Boca. Nelle pagine appassionate di questo suo ultimo lavoro, sono tanti gli idoli che si sbriciolano alla luce di quelle verità considerate per tanto, troppo tempo, scomode e faticose da divulgare. Ma non è più il tempo delle bugie: è già difficile lottare contro le bufale che, oggi, spuntano ovunque – complici le nuove tecnologie – per continuare ad accettare anche quelle millenarie. (giornalistitalia.it)
Nicoletta Giorgetti