ROMA – Dopo la presa di posizione del segretario generale della Federazione nazionale della stampa, Carlo Parisi, del direttore di QN–Il Resto del Carlino, Andrea Cangini, e del Cdr del quotidiano della Poligrafici Editoriale, anche l’Ordine dei giornalisti, sia a livello nazionale che regionale, si schiera al fianco di Elisabetta Rossi, la cronista di giudiziaria del Resto del Carlino finita sotto inchiesta per un articolo sul traffico clandestino di nidi di falchetti. Pubblichiamo, dunque, integralmente i due comunicati, rispettivamente dell’Odg nazionale e dell’Odg Marche:
La collega Elisabetta Rossi, cronista di giudiziaria delle pagine di Pesaro del quotidiano “Il Resto del Carlino”, il 23 giugno ha scritto un articolo sulla vicenda dei furti di nidi di falchetti che vengono venduti sui mercati clandestini. L’inchiesta ha preso il via sette mesi fa.
L’articolo le è costato l’accusa di violazione del divieto di pubblicazione di atti coperti da segreto, di istigazione alla rivelazione di segreti d’ufficio in concorso con un pubblico ufficiale per un ingiusto vantaggio patrimoniale (9 euro lordi, a questa somma ammonta il pagamento dell’articolo) e favoreggiamento reale nei confronti dei mercanti di falchetti. Per questo motivo alle 7 di mattina del 27 giugno alcuni agenti del Corpo Forestale hanno condotto una perquisizione nella sua abitazione con il conseguente sequestro del suo cellulare tuttora in atto, nonostante il Tribunale del Riesame abbia annullato il 23 luglio il decreto di sequestro del telefono perché effettuato per “meri fini esplorativi”.
Il cellulare però non è stato riconsegnato e dopo una settimana di possesso post sentenza, il pm Sante Bascucci del Tribunale di Pesaro ha firmato un nuovo decreto di sequestro e presentato ricorso in Cassazione contro l’annullamento deciso dal Riesame. Inoltre, sabato 30 luglio è stato convocato in Procura il capo servizio della redazione di Pesaro Luigi Luminati come persona informata dei fatti.
Nel frattempo la giornalista Elisabetta Rossi è stata interrogata perché rivelasse la sua fonte. La collega si è avvalsa del segreto professionale che, essendo pubblicista, non le viene riconosciuto dagli inquirenti come facoltà a cui appellarsi (nonostante ci siano non poche sentenze di segno contrario). Le accuse che le vengono mosse prevedono dai 2 ai 5 anni di carcere.
Nell’esprimere solidarietà alla collega Elisabetta Rossi, l’Ordine nazionale dei Giornalisti si astiene dal commentare l’assurda accusa dell’ingiusto vantaggio patrimoniale (9 euro lordi) ma rileva come per un magistrato sia più facile incriminare un giornalista anziché indagare per scoprire gli eventuali e reali responsabili del reato. L’Odg ricorda che il giornalista non può venire meno al proprio dovere che è quello di informare correttamente il pubblico: la collega Rossi ha pubblicato notizie di cui era venuta a conoscenza e da lei ritenute interessanti per i lettori.
Ordine nazionale dei giornalisti
L’Ordine dei giornalisti delle Marche esprime piena solidarietà alla collega Elisabetta Rossi, del Resto del Carlino di Pesaro, al centro di una sconcertante vicenda giudiziaria per aver pubblicato notizie, vere e non più coperte da alcun segreto, su un’indagine avviata sette mesi fa sul furto di nidi di falchetti da rivendere sul mercato clandestino.
Pur non avendo fatto nient’altro che il suo sacrosanto dovere di giornalista, la Rossi è stata indagata per aver violato il divieto di pubblicazione di atti coperti da segreto e per istigazione alla rivelazione di segreti d’ufficio in concorso con un pubblico ufficiale (come al solito ignoto e puntualmente non identificabile) allo scopo di trarne un ingiusto vantaggio patrimoniale. Chissà che non si tratti dei 9 euro lordi con cui è stato retribuito il suo articolo.
Come ciò non bastasse, la collega pesarese si è vista rivolgere anche la gustosissima accusa di favoreggiamento reale nei confronti dei mercanti di falchetti. E non è finita. Alle 7 di mattina del 27 giugno scorso la polizia giudiziaria si è presentata nella sua abitazione per una perquisizione domiciliare e le ha sequestrato il cellulare.
Il Tribunale del Riesame ha ovviamente annullato, il 23 luglio scorso, quel decreto di sequestro parlando di “reati inconfigurabili”, visto che la giornalista non ha pubblicato atti d’inchiesta e si è limitata a riferire di un’indagine già culminata in sequestri e perquisizioni ad alcuni degli indagati, che dunque erano perfettamente a conoscenza da parecchi mesi delle mosse degli inquirenti senza alcun bisogno di andarsele a leggere sul giornale. Il che esclude in termini di buonsenso, prima ancora che di diritto, che si possa parlare di notizie coperte da segreto.
La sentenza favorevole alla Rossi è rimasta tuttavia inapplicata. Non solo il cellulare non le è stato restituito, come era stato disposto dai giudici, ma il pm ha firmato un nuovo decreto di sequestro, ricorrendo intanto per Cassazione contro i giudici del Riesame e convocando come “persona informata sui fatti” pure il caposervizio della redazione di Pesaro del Carlino.
Nel frattempo Elisabetta Rossi è stata interrogata e le è stato chiesto di rivelare la fonte delle sue informazioni, sulla base del discutibile assunto (già sconfessato da cinque Tribunali, una Corte d’Appello e un Tribunale del Riesame di questa Repubblica) che in quanto pubblicista non potrebbe opporre il segreto professionale che il Codice, in colpevole contrasto con la vincolante Convenzione europea dei diritti dell’uomo, riconosce ai soli giornalisti professionisti. Peccato che quel segreto le venga imposto da due leggi dello Stato (n. 69/63 e n. 675/96) e, a pena di sanzioni disciplinari, pure dal Codice deontologico dei giornalisti.
L’Ordine dei giornalisti delle Marche vuole sommessamente ricordare che il compito del giornalista non è quello di proteggere i segreti (peraltro qui clamorosamente inesistenti), ma al contrario quello di pubblicare tutte le notizie di pubblico interesse di cui venga a conoscenza. Altri hanno l’obbligo di non divulgare determinate notizie, ma spesso lo fanno e rimangono perennemente “ignoti” (e impuniti), salvo servire a far incriminare presuntivamente i giornalisti per concorso con loro.
Quanto al sequestro del telefonino, la Corte europea dei diritti dell’uomo, alle cui decisioni i giudici nazionali hanno l’obbligo di conformarsi, ha definito il sequestro di pc e telefoni e a carico di giornalisti uno “strumento illegittimo per aggirare surrettiziamente il segreto professionale”, che per di più “intimorisce le fonti, che potrebbero essere indotte a non parlare più con i giornalisti per paura di essere individuate, così bloccando la circolazione delle informazioni”.
Di fronte a una vicenda così avvilente, c’è solo da augurarsi che si arrivi quanto prima a una soluzione finalmente sensata, che ristabilisca principi di civiltà giuridica e democratica come il diritto costituzionale del giornalista a raccogliere e diffondere notizie e quello dei cittadini ad essere correttamente informati su fatti di pubblico interesse.
Ordine dei giornalisti delle Marche