Nostra intervista al giornalista calabrese, un intellettuale che ama profondamente il Sud

Lo Stivale spezzato di Mimmo Nunnari

Mimmo Nunnari

ROMA – “Lo Stivale spezzato. Superare la frattura Nord-Sud” (San Paolo Edizioni, 208 pagine, 18 euro) si preannuncia come un caso letterario, la “rivelazione dell’anno”, come se nessuno in Italia si rendesse conto di cosa sia oggi il Sud del Paese rispetto al Nord. Puntualmente, anche in questa occasione e con questo suo libro il giornalista e scrittore calabrese Mimmo Nunnari supera sé stesso e ci parla di una realtà tradita da tutti.

Il padre di Mimmo Nunnari

Il libro di Mimmo Nunnari non è altro che il racconto e il punto della situazione di un fenomeno storico unico nell’Europa democratica. È la storia di due territori, il Nord e il Sud dell’Italia, che lo scrittore calabrese definisce «separati, rancorosi, divisi e lacerati all’interno della stessa nazione e sotto il manto garantista di una stessa Costituzione».
Il libro – spiega lo stesso Nunnari – illustra la nascita e la gravità della «questione meridionale (“vizio d’origine dell’Unità”) mai risolta, diventata questione permanente e apparentemente irrisolvibile, anche alla luce dei dati più recenti».
Nunnari ne fa un racconto carico di emozione personale, di malinconia perché tale è la vita della gente del Sud, di prospettiva perché di questo si parla da sempre anche se con risultati assai risibili, ma da profondo conoscitore della materia meridionale Mimmo Nunnari azzarda nel suo saggio anche una possibile via di soluzione alla crisi.

La mamma di Mimmo Nunnari

Vi chiederete come è possibile farlo, eppure lo scrittore si prende la briga il tempo e la voglia di andare ad ascoltare su questo tema tre voci autorevoli della Chiesa italiana, voci di ieri e voci di oggi per farne poi una sintesi ideale. Ma è questo che rende “Lo Stivale spezzato” un vero e proprio caso letterario in difesa dichiarata del Sud del Paese.
Mimmo Nunnari nel suo saggio ci propone il pensiero illuminato del cardinale Carlo Maria Martini, intervistato da lui pensate nel 1992 proprio su questo tema, e poi ancora l’analisi impietosa di mons. Mimmo Battaglia, oggi arcivescovo di Napoli, pastore di una delle città italiane più segnate da forti contrasti economici, sociali e culturali del nostro meridione ma per anni amatissimo sacerdote degli ultimi nella “borghese periferia” della città di Catanzaro. E infine, la voce autorevole di mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, oggi lui guida molto influente della Chiesa di Francesco, «in una città che aspira a un nuovo sviluppo, posta al centro del Mediterraneo».

Il cardinale Carlo Maria Martini, storico arcivescovo di Milano scomparso il 31 agosto 2012

– Mimmo Nunnari, con questo tuo nuovo libro, che pubblichi con la San Paolo, siamo almeno a dieci saggi diversi…
«È vero, vuoi che li elenchi?».

Mons. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli

– Francamente mi aiuta a ricordarli almeno…
«Allora ti ricordo solo quelli a cui tengo di più, a cominciare da “Nord Sud l’Italia da riconciliare” che ho scritto col cardinale Carlo Maria Martini e il nostro amatissimo vescovo Giuseppe Agostino trent’anni fa. Poi mi piace ricordare “La Calabria spiegata agli italiani”, “Destino Mediterraneo” e “Elogio della Bassitalia” che ho pubblicato col mio editore Rubbettino.

– Mezzogiorno e Mediterraneo sono sempre i temi cari dei tuoi libri, ma forse anche della tua ormai lunga professione di giornalista della Rai e della carta stampata?
«Vuoi dire che ho una fissazione? Forse è vero dovrei farmi curare, non riesco a uscire dal pensiero mediterraneo, dalla cultura del Mezzogiorno, dalla solitudine della Calabria che è secolare».

– Questa volta, però, con “Lo Stivale spezzato”, oltre all’analisi della questione meridionale, c’è un po’ di lavoro storico, sei tornato a “rileggere” il vizio d’origine della “questione” che indichi proprio nell’Unità d’Italia…

«Hai ragione, anche se spiegare perché esistono due Italie, il Nord e il Sud, è difficile. È un fenomeno unico, in tutta l’Europa e nell’Occidente democratico, un’anomalia tutta italiana perché il nostro è un paese strano, ancora oggi a più di un secolo e mezzo dal processo di unificazione nazionale. La nuova Italia, nata dal Risorgimento, non ha disegnato il proprio futuro pensando di mescolare culture, storia, tradizioni differenti connettendoli con sentimenti, sogni e uguali visioni di vita comunitaria».

– Ma possibile che non sia cambiato proprio nulla?
«È chiaro che è cambiato molto, che la comunicazione e le relazioni, tra i diversi territori, sono molto cambiate, ma ancora oggi vista da fuori o dall’interno dell’Italia prevale quell’immagine spezzettata di Stato che ha annesso differenti territori senza unirli realmente in un’unica rappresentazione».

– La prefazione di questo ultimo libro è del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna che nell’incipit scrive “ringrazio Mimmo Nunnari” …

Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna

«La prefazione di Zuppi è un dono. Il cardinale è una delle figure più luminose della Chiesa italiana del nostro tempo, un uomo che conosce le periferie, che camminava e cammina con gli ultimi, i dimenticati, i bisognosi. Questa è la sua missione, e pure se non è un meridionale, conosce i problemi del Mezzogiorno. Uno che dice: “Se lo Stivale è spezzato e soprattutto è rimasto spezzato, non è un caso, ma frutto di scelte miopi, di interessi che hanno distorto i mezzi, di approssimazione, di velleitarismo”, conosce la verità dei fatti storici riguardanti il Mezzogiorno, ed è anche severo nella sua analisi».

– Ha scritto pure: “Questo libro ci aiuta a credere che la frattura verrà ricomposta e a scegliere di mettere le basi perché questo avvenga”…
«È vero è un’espressione molto lusinghiera per me, perché ha come letto nel mio animo. Nei miei libri non c’è rassegnazione, ma speranza, e anche un po’ di sana indignazione perché la narrazione che si fa del Sud è falsa, a cominciare dall’opinione che hanno molti nostri colleghi il cui orizzonte finisce alla punta del loro naso».

– Mimmo, se tu non avessi fatto il giornalista, e ora lo scrittore di saggi così impegnati, che cosa avresti fatto?

Bagnara Calabra

«Non riesco a immaginare altro. Ho cominciato, quando avevo quindici anni, a rompere le scatole con una lettera al direttore del settimanale “Il calcio e il ciclismo illustrato”, rimproverandogli di avere fatto un titolo così: “Fanello, il primo calabrese in serie A”. Fanello era un calciatore originario di Pizzo. Faceva il fornaio. Gli ho scritto che in Calabria non avevamo l’anello al naso e che un calciatore calabrese in serie A non doveva meravigliare ma far fare a tutti un esame di coscienza sul perché la Calabria anche nello sport era tagliata fuori. Poi è arrivato l’incarico di corrispondente della Gazzetta del Sud da Bagnara e poi è venuto tutto il resto con la Rai che è stata la nostra vita».

Uno scorcio del lungomare di Reggio Calabria

– Mimmo, tu ami la Calabria in maniera viscerale, lo si coglie a piene mani dai tuoi libri, e dalle cose che scrivi su riviste e quotidiani…
«Guarda in un certo senso sono un calabrese anomalo, ma siamo in tanti gli anomali. Sono nato a Reggio, ho lavorato a Catanzaro con la Gazzetta e poi a Cosenza con la Rai. Amo queste città alla stessa maniera, come amo l’aristocratica Vibo dove ho trascorso molto tempo quando Saverio Mancini organizzava grandi eventi nazionali e la magnogreca Crotone, città della storia. A noi, come direbbe Totò, i municipalismi ci fregano. Ma questo è».

Santi Trimboli, Franco Martelli, Alfonso Samengo, Mimmo Nunnari, Andrea Musmeci, Pino Nano e Tonino Raffa nella sede della Tgr Rai Calabria

– Dove vivi oggi, dopo aver concluso la tua carriera a Roma?
«Vivo tra Reggio, dove attualmente faccio il più bel mestiere del mondo, il nonno, e Bagnara, il mio luogo dell’anima, dove sono cresciuto e ho gli amici di sempre, di quando eravamo ragazzi. Da qualche anno però abito in collina, nel borgo Pellegrina. La mia casa affaccia sul mare, vedo, quando il tempo è chiaro, quasi sempre, lo Stromboli, che ho proprio di fronte, e le altre isole Eolie. La mattina lo Stromboli lo saluto, e dopo che cala il sole gli do la buonanotte».

Stromboli

– Da qualche parte hai scritto anche che “Iddu” come chiamano lo Stromboli ti risponde?
«Certo. Ma lo so solo io. Mi risponde con un filo di fumo. Scherzo naturalmente, ma forse è vero, non so. So che il mare che mi sta davanti è quello di Ulisse, degli uomini e delle donne con cui è transitato da Oriente a Occidente l’arte del navigare, il pensiero greco, la cultura araba».

– Cosa c’è dopo “Lo Stivale spezzato”?
«C’è il libro della vita, non la mia, ma quella dei miei genitori a cui la guerra come a tutta la loro generazione rubò gli anni migliori, della giovinezza, dei sogni. S’intitola “Guerra e Amore”. Loro, mio padre e mia madre, sono le persone migliori che io abbia conosciuto. Si sono sempre amati come non ho mai visto nessuno, e adesso capisco che quel loro amore ha vinto sull’odio e sulla guerra scatenata da uomini cinici e folli».

Pino Nano

A questo punto è giusto che io ve lo dica.
Di Mimmo Nunnari io sono stato uno dei suoi “ragazzi di redazione”. Io ero ancora redattore ordinario, appena assunto nel 1982 in Calabria, e lui era già pronto per diventare il futuro Capo della Redazione Giornalistica Regionale. Quindi, per una lunga fase della mia vita professionale è stato anche il mio capo. Ma attenzione, il giudizio positivo che io vi do di questo suo nuovo libro non c’entra nulla con il mio vecchio rapporto con lui. Poco più in là poi lui lascerà la sede Rai di Cosenza per diventare a Roma il vicedirettore della Testata Giornalistica Regionale della Rai, dove ci resterà fino al giorno della pensione. Una carriera brillantissima, dunque, segnata non solo da inchieste TV di grande impatto mediatico e interesse nazionale, ma anche da tanti libri di successo, la maggior parte dei quali dedicati al Mare Mediterraneo.
Ma il Mare Mediterraneo è la storia del Sud, e delle regioni che si affacciano su di esso, e che Mimmo Nunnari ha avuto il privilegio di guardare sin da bambino dal chiuso della sua casa di Bagnara proprio di rimpetto allo Stretto di Messina, affascinato dalle spadare che in questo periodo dell’anno soprattutto danno la caccia al pesce spada.
Uomo del Sud, ma prima ancora “Uomo di mare”. E in questo suo ultimo saggio per la verità, c’è tutto questo “alito” insieme, ma c’è soprattutto il respiro possente di chi pur vivendo ancora come lui al sud “non ha mai perso la speranza di un Sud finalmente diverso”. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

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