PALERMO – “Sconfiggere per sempre le mafie è un’impresa alla nostra portata, ma per raggiungere questo traguardo è necessario un salto in avanti che dobbiamo compiere come collettività”. Nelle parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il sogno e la speranza dell’Italia onesta che non riesce a rassegnarsi davanti ai soprusi, alle sopraffazioni, ma anche ai colpevoli silenzi che, da sempre, consentono alla mafia ed al malaffare di sostituirsi allo Stato con la complicità di pezzi dello Stato corrotti e deviati.
In occasione del 23° anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio, oggi al carcere dell’Ucciardone, a Palermo, Mattarella ha sottolineato che “per battere il cancro mafioso bisogna affermare la cultura della Costituzione, cioè del rispetto delle regole, sempre e dovunque, a partire dal nostro agire quotidiano”.
“Che mafie di varia natura – ha aggiunto il presidente della Repubblica – cerchino di modificare l’andamento delle partite e di lucrare sulle scommesse è una vergogna. Questa metastasi va estirpata con severità e rapidità”.
Ricordando che “l’illegalità, l’opacità, l’opportunismo colpevole, a volte, mettono radici anche in ambiti imprevisti. A volte inquinano anche settori che dovrebbero esserne immuni”, Mattarella ha detto che “non possiamo accettare che la bellezza dello sport, la crescita dei giovani e un divertimento degli italiani vengano così stravolti e sporcati. Le istituzioni dello sport non devono commettere alcun errore di sottovalutazione” perché “di fronte alle infiltrazioni mafiose in tutti i settori, la guardia deve essere sempre alta”.
La strage di Capaci
Il 23 maggio 1992, sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, nel territorio comunale di Isola delle Femmine, a pochi chilometri da Palermo, in un’attentato dinamitardo di Cosa nostra, persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Gli unici sopravvissuti furono: Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e Giuseppe Costanza.
La strage di via D’Amelio
Il 19 luglio 1992, in via Mariano d’Amelio a Palermo, a rimanere vittima di un altro attentato dinamitardo ordinato dalla mafia, sono stati invece il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo.