REGGIO CALABRIA – «La libertà di stampa merita una giornata mondiale». Con il suo consueto rigore e il piglio di chi tira dritto al nocciolo della questione, Lorenzo Del Boca lo dice ai colleghi riuniti a Reggio Calabria per celebrare, appunto, la XXIV Giornata mondiale della libertà di stampa grazie alla grande manifestazione promossa dalla Federazione nazionale della stampa e dal Sindacato Giornalisti della Calabria con Ordine e Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani.
«Anche se quel che ci siamo detti in questa occasione, le amare testimonianze, e le notizie che vi arrivano dalla Turchia piuttosto che da Caracas – ha ammesso il presidente emerito dell’Odg e della Fnsi – non ci promettono nulla di buono. Il problema vero è, appunto, la libertà: grandi dichiarazioni di principio, ma poi la realtà non collima con le parole. E la libertà, in primis quella di stampa, va difesa».
Del Boca mira con precisione: «È vero che cattive leggi e pessimi insegnanti sono spesso ostacoli alla libertà. Anche di stampa. Dobbiamo avere ben chiaro che occorrono due condizioni fondamentali: la libertà di sapere, perché l’ignoranza è un ostacolo insormontabile alla libertà, e la libertà dal bisogno. Perché quale indipendenza di giudizio può avere un giornalista che non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena?».
E, allora, «è un miracolo che quotidianamente vengano pubblicate migliaia di pagine nelle quali si condensano i sacrifici di tanti colleghi», ha proseguito Del Boca, ammettendo di rimanere «pessimista, ma questi sacrifici, non solo quelli degli eroi, non mi permettono di chiudere le porte alla speranza».
A Reggio Calabria, a tenere alta la libertà di stampa, c’era anche Gian Marco Chiocci, «da 3 anni direttore de Il Tempo, soddisfatto di avergli ridato nuova linfa con pagine volutamente un po’ “sgarbate”», ha esordito, rivolgendosi ai colleghi. Prima di lanciare uno strale – a dimostrazione che la libertà di espressione e di stampa ancora esistono – contro Fnsi e Ordine dei giornalisti che «non si sono mai schierati con me in questi anni – ha detto chiaro e tondo Chiocci – quando mi sono trovato al centro di attacchi incrociati durante le mie inchieste, una su tutte quella di Montecarlo (lo scandalo della casa di Gianfranco Fini e cognato, che Chiocci svelò da inviato de Il Giornale, ndr)».
«La libertà di stampa c’era con Berlusconi e c’è oggi, – ha rimarcato il direttore dello storico quotidiano romano – e non esiste un giornalismo di inchiesta buono e uno cattivo».
Così come «i nemici della libertà di stampa non sono solo i mafiosi, – ha alzato il tiro il direttore – ma spesso lo sono i magistrati, gli uomini in divisa, quelli con la tonaca porporata. Quelli che si nascondono in paradisi fiscali, i politici che telefonano ai direttori. Talvolta sono gli editori che non coprono le spese legali di chi scrive. Oppure gli inserzionisti. Ma, soprattutto, i veri nemici sono i giornalisti che non scendono in strada, che non si fanno domande, che pensano alla loro bella poltrona. I veri nemici della libertà di stampa – ha incalzato Chiocci, citando un articolo dell’Espresso – insomma siete voi».
«Nella giornata della libertà di stampa, ben venga il libero scambio di opinioni – è stata la risposta, immediata, di Carlo Parisi, segretario generale aggiunto della Federazione nazionale della stampa – anche se a Gian Marco Chiocci vorrei far notare che la Fnsi e l’Ordine non sono mere sigle, ma sono organismi fatti di persone. E le persone non sono tutte uguali».
A lanciare il mònito ai colleghi ci ha pensato Marco Lanza, storico inviato de La 7, che a Reggio Calabria ha sottolineato che «la situazione sta diventando molto pericolosa e noi giornalisti dobbiamo vigilare. Bisogna denunciare, non solo le minacce, ma anche il minimo sentore di qualcosa, di un sopruso, di una intimidazione, perché solo così possiamo pensare di salvare la nostra professione, che è la più bella al mondo».
Diretto e amaro, viste le drammatiche vicende che lo hanno visto, suo malgrado, protagonista negli ultimi anni – una su tutte l’Oragate –, l’intervento di Luciano Regolo, consigliere nazionale della Federazione nazionale della stampa, ma soprattutto un giornalista che non si è piegato e continua a non farlo.
«La soglia di allarme per i giornalisti è alta, – ha detto Regolo – in Italia e ancor più in Calabria. Lo dimostra il processo in corso a Cosenza sulla vicenda dolorosa che oramai tutti conoscono come Oragate o “del cinghiale ferito”. Ho raccontato in più occasioni quel che accadde in quella famosa notte all’Ora della Calabria, di cui ero direttore, e dell’inaudita violenza, delle pressioni che subimmo, io e i miei ragazzi. Quel che posso testimoniare – ha proseguito Regolo – è che il sindacato giornalisti mi è stato sempre vicino, non mi ha fatto mai sentire solo. Ed è per questo vi invito a segnalare ogni forma di violenza, di minaccia, di pressione. Non siete, non siamo soli».
Giornalisti liberi di fare i giornalisti, che denunciano le eventuali forme di violenza. Dovrebbe essere normale. Eppure così non è, «e non lo è stato, se è vero che in Sicilia si contano i martiri della libertà di stampa – sono state le parole di Maria Pia Farinella, consigliere d’amministrazione dell’Inpgi, già caporedattore di Rai Mediterraneo, che dalla sua Palermo non se n’è mai voluta andare – da Cristina a Fava, da Impastato ad Alfano. Come ha ben sottolineato Carlo Parisi, aprendo questa Giornata della libertà di stampa, se ciascuno facesse il proprio dovere, ciò che dovrebbe essere la normalità, davvero tutto funzionerebbe. E questi martiri non ci sarebbero più, né in Sicilia, né altrove». (giornalistitalia.it)
Una giornata straordinaria. Festa di legalità e di democrazia.