Gedi e Fnsi parti civili nel processo per l’aggressione ai due cronisti al cimitero Verano

L’Espresso, Marconi: “Ha gridato: ti sparo in testa”

Da sinistra: il giornalista de “L’Espresso”, Federico Marconi, saluto romano davanti alla sede di Casapound nel 40° della strage di Acca Larentia e il fotoreporter Paolo Marchetti

ROMA – «Il giorno dell’aggressione ho avvertito fisicamente paura: ero circondato, non vedevo vie di fuga, mi è arrivato prima un calcio da dietro e poi un forte schiaffo». A dirlo è il giornalista del settimanale L’Espresso, Federico Marconi, ricordando l’aggressione subita da lui e dal collega Paolo Marchetti nel cimitero del Verano, a Roma, il 7 gennaio scorso in occasione di una commemorazione dei morti di Acca Larentia.
Imputati per quel pestaggio sono Vincenzo Nardulli, esponente di Avanguardia nazionale, e il leader romano di Forza Nuova, Giuliano Castellino, accusati di lesioni, rapina e minacce.
«Avevo paura, ero lì per L’Espresso che non è visto bene dagli ambienti di destra», ha aggiunto Marconi rispondendo alle domande del pm Eugenio Albamonte. «Quando hanno capito che eravamo dell’Espresso, Castellino mi ha preso con forza trascinandomi e gridava “questi sono peggio delle guardie, infami”. Io volevo scappare e chiedere aiuto, ma mi tenevano per un braccio e volevano vedere le foto sul cellulare, Castellino mi ha detto di cancellare le foto, minacciandomi», ha detto il cronista in aula.
«Poco dopo sono stato colpito da un calcio da dietro e sono stato accerchiato, ho visto che Castellino aveva il mio cellulare. Mi ha urlato “non scherzare, non sai chi siamo noi”, mi urlava e mi metteva le mani addosso. Dopo mi ha detto “ti sparo in testa” mimando il gesto della pistola e si erano segnati il mio indirizzo. A distanza di mesi da quel fatto, ancora non dormo tranquillo tutte le notti», ha concluso il giornalista, visibilmente scosso nel ricordo dell’aggressione subita. (agi)
In apertura dell’udienza di oggi, a Piazzale Clodio, il Gruppo Gedi, che edita tra gli altri il settimanale L’Espresso, e la Fnsi sono stati è ammessi come parte civile nel processo contro. “Ci siamo costituiti parte civile – ha spiegato il vicedirettore dell’Espresso, Lirio Abbate – perché Forza Nuova e Avanguardia Nazionale con il loro comportamento ci hanno contestato “il divieto a informare. Per questo come Espresso e Gruppo Gedi ci siamo sentiti colpiti. Nessuno ci può impedire di informare i cittadini, noi da sempre siamo un giornale imparziale con le notizie”.

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