MILANO – Per la prima volta a 37 anni dalla tragedia di Aldo Moro, la magistratura ha stabilito con una sentenza che le carte di Moro (manoscritti e dattiloscritti dei suoi interrogatori durante i 55 giorni del suo sequestro) sono state notevolmente “assottigliate” e fatte sparire prima che potessero essere acquisite e valutate dai magistrati inquirenti.
Avvenne durante l’operazione che smantellò il primo ottobre 1978 in via Monte Nevoso, a Milano, il covo-archivio delle Brigate Rosse. La sparizione di questi documenti di rilevante importanza politica e sociale è stata sancita e messa nero su bianco pochi giorni fa dalla II Sezione civile della Corte d’appello del Tribunale di Milano con una sentenza che assume un rilievo storico per comprendere fino in fondo che cosa è veramente successo anche dopo l’assassinio dello statista democristiano per mettere il silenziatore sulle sue rivelazioni durante la prigionia.
Vale la pena riportare il brano centrale della sentenza di Milano: “L’appello proposto da Agata Bonaventura non è fondato. La parte del libro che tratta del ritrovamento delle “carte di Moro” ha ad oggetto fatti realmente accaduti, dà conto di un episodio realmente accertato, consistente nell’asportazione del fascicolo dall’appartamento di via Monte Nevoso prima della numerazione dei fogli cui era composto, espone poi i ricordi, le impressioni ed i giudizi dei protagonisti della vicenda, il capitano Roberto Arlati, che vengono riportati in modo corretto, dando conto infine della diversa ricostruzione operata da Umberto Bonaventura quando ascoltato il 23.5.2000 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Terrorismo e le Stragi”.
Questa sentenza ha, finalmente, dato ragione al libro “Le carte di Moro, perché Tobagi” di Renzo Magosso e Roberto Arlati (Franco Angeli editore, 2003, pagine 160), ma ci sono voluti 10 anni di dura competizione a base di carte bollate per dimostrare che venne scritta una vicenda vera, realmente accaduta.
Nel frattempo, sul libro “le carte di Moro” è stato messo il silenziatore proprio a causa di una querela per diffamazione intentata dalla sorella del generale Umberto Bonaventura (scomparso nel 2003 mentre era il responsabile dell’ufficio Sisde dei carabinieri). Il volume era scomparso subito dagli scaffali delle librerie. Non avevano ottenuto questo risultato le numerose interrogazioni parlamentari presentate su questo libro da rappresentanti di più partiti politici, le inchieste mandate in onda dalle televisioni, in particolare da “La storia siamo noi” di Giovanni Minoli, e le testimonianze raccolte dalla “Commissione parlamentare sulle stragi” condotta da Luigi Pellegrino, le denunce in parlamento dell’on. Gero Grassi membro autorevole della attuale “Commissione Moro”.
Va detto, per comprendere fino in fondo l’entità dell’”assottigliamento”, che furono 76 i fogli alla fine protocollati (dopo essere state fotocopiate nella caserma dei carabinieri di via Moscova e solo in parte restituiti); poi, più tardi, quando nel 1990, in via Monte Nevoso, l’appartamento venne venduto e smantellato si ritrovarono dietro un pannello di gesso altri 400 fogli ma, stando alle analisi del professor Armando Biscione, consulente della Commissione stragi, anche in questo ritrovamento si può evidenziare la mancanza di alcune carte.
La sentenza di assoluzione rende giustizia a Roberto Arlati e Renzo Magosso
Le carte di Moro, vera inchiesta giornalistica
Redazione
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