NEW YORK (Usa) – Almeno due giornalisti che hanno lavorato all’articolo del New York Post su Hunter Biden hanno rifiutato di metterci la firma. Lo riporta oggi il New York Times citando due fonti del tabloid di Rupert Murdoch.
Bruce Golding, giornalista al Post dal 2007 a cui secondo il Times era da attribuire il grosso del lavoro, non ha voluto firmare perché preoccupato per la credibilità del contenuto e così “almeno un altro suo collega”.
L’articolo, entrato mercoledì scorso tra i temi delle presidenziali, affermava che Joe Biden avrebbe usato la sua posizione di numero due della Casa Bianca per arricchire il figlio Hunter. Il Post aveva basato la storia su foto e documenti che il giornale sostiene esser stati estratti dall’hard drive di un laptop lasciato da Hunter da un riparatore di computer.
Secondo il New York Times, molti dello staff del tabloid avevano avanzato dubbi sugli sforzi fatti dal giornale per verificare l’autenticità dei contenuti dell’hard drive, l’affidabilità delle fonti e i tempi della rivelazione.
Nell’articolo venivano citate due fonti: Steve Bannon, l’ex consigliere del presidente Donald Trump incriminato per frode, che avrebbe informato il giornale in settembre dell’esistenza dell’hard drive, e l’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani, che avrebbe passato al quotidiano una copia dell’hard drive l’11 ottobre.
Alla fine l’articolo è andato in stampa con il titolo “Le email segrete di Biden” e le firme di Emma-Jo Morris, una ex Fox, e Gabrielle Fonrouge, al Post dal 2014.
Per la Morris era il primo articolo firmato da quando in aprile era approdata al tabloid dopo aver lavorato con allo show del commentatore di destra Sean Hannity. La Fonrouge, secondo il Times, aveva a sua volta avuto poco a che fare con il pezzo e ha appreso di averlo firmato solo dopo la pubblicazione. (ansa)