ROMA – Ancora una volta, ricorrendo allo stratagemma del voto di fiducia, si approvano alla cieca in Parlamento norme palesemente incostituzionali. E’ il caso della scriteriata e discriminatoria tassazione delle rendite finanziarie delle casse previdenziali privatizzate inserita nel comma 91 della nuova legge di stabilità per il 2015.
Si tratta di una disposizione gravemente discriminatoria e penalizzante soprattutto per i giornalisti, già lavoratori dipendenti, titolari di pensioni erogate dalla Gestione Principale Inpgi. Infatti, la quasi totalità di deputati e senatori ignora ancora la profonda differenza esistente tra la Gestione Principale Inpgi (o Inpgi 1) e la Gestione Separata Inpgi (o Inpgi 2) e tutte le altre Casse previdenziali privatizzate in base al decreto legislativo del 30 giugno 1994 n. 509.
L’Inpgi 1, infatti, a differenza dell’Inpgi 2 e di tutti gli altri enti privatizzati, é l’unico istituto previdenziale sostitutivo dell’Inps e si sobbarca gli oneri pesantissimi degli ammortizzatori sociali nel settore editoriale (cassa integrazione, contributi di solidarietà, tfr in caso di fallimento e relativi contributi figurativi ivi quelli previsti dall’art. 31 dello Statuto dei lavoratori sulle doppie pensioni di ex deputati, ex senatori, ex parlamentari europei, ex Governatori regionali ed ex Sindaci di grandi città).
Di conseguenza, in un momento come questo della più grave crisi del settore editoriale in tutta la sua storia l’Inpgi 1 risente notevolmente sui suoi bilanci dello scompenso tra le entrate contributive e la spesa pensionistica (a fronte di 100 euro entrati nel 2014 se ne sono spesi ben 123,6).
Per mitigare questo enorme divario c’é, appunto, la rendita del patrimonio e in primis il guadagno sugli investimenti mobiliari in Borsa in titoli e/o in fondi. Ed ecco che entrano in ballo i commi 91 e 92 della legge di stabilità che, in modo illogico e sperequato, prevedono, da lato, una duplice diversa tassazione tra le Casse previdenziali privatizzate e i Fondi pensione complementare (per le prime passa dal 20% al 26%, mentre per i secondi passa dall’11% al 20%) e, dall’altro, assurdamente, la stessa identica tassazione per l’Inpgi 1 e tutti gli altri enti previdenziali privatizzati di lavoratori autonomi (Inpgi 2 compreso) che non sono sostitutivi dell’Inps, nè soggetti al pagamento degli ammortizzatori sociali e oneri connessi.
E’ evidente il depauperamento del patrimonio a danno dell’Inpgi 1 con gravi ripercussioni sui suoi pensionati giornalisti ai quali vengono di fatto sottratte delle garanzie di stabilità, in quanto dirottate dalla legge finanziaria per il 2015 alla solidarietà generale.
Sono stati, poi, introdotti dei crediti di imposta del 6% per le Casse previdenziali privatizzate (per queste la tassazione ritornerebbe quindi dal 26% al 20%) e del 9% per i Fondi pensione complementare (per questi la tassazione ritornerebbe, quindi, dal 20% all’11%), ma a condizione “che i proventi assoggettati alle ritenute e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”. In caso contrario nessuno sconto.
Vorremmo cortesemente invitare il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ad una meditata ed approfondita riflessione sulla delicata e spinosa questione, che da tempo é stata giustamente denunciata dallo stesso presidente dell’Inpgi e dell’Adepp, Andrea Camporese, perchè la norma contenuta nella legge di stabilità 2015 appare iniqua e del tutto priva di buon senso e di razionalità. Ha, cioè, tutti i requisiti per essere impugnata davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, in quanto:
a) appare ingiustificata e scriteriata la tassazione del 20% (o dell’11%) dei guadagni sugli investimenti mobiliari dei Fondi Pensione Complementare (come quello dei giornalisti che non ha, sinora, erogato pensioni) rispetto alla tassazione del 26% (o del 20%) dei guadagni sugli investimenti mobiliari delle Casse previdenziali privatizzate, che hanno, invece, tutte erogato pensioni da decenni;
b) appare altrettanto ingiustificata e scriteriata la tassazione del 26% (o del 20%) dei guadagni sugli investimenti mobiliari dell’Inpgi 1 sia rispetto alla tassazione delle altre Casse previdenziali privatizzate dei liberi professionisti lavoratori autonomi (come l’Inpgi 2), sia rispetto alla tassazione del 20% (o dell’11%) dei guadagni sugli investimenti mobiliari dei Fondi Pensione Complementare (come quello dei giornalisti che non ha sinora erogato pensioni);
c) é illogico per l’Inpgi 1 prevedere il diritto allo sconto del 6% sulla tassazione (dal 26% al 20%) solo se “i proventi assoggettati alle ritenute e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.
L’Inpgi 1, come detto, con i proventi dei guadagni sui titoli o sui fondi provvede alla parziale copertura dei pesanti oneri degli ammortizzatori sociali.
L’Inpgi 1, infatti, essendo l’unico ente sostitutivo dell’Inps, ha l’obbligo di pagare le pensioni e gli ammortizzatori sociali e non può essere, quindi, equiparato ad una società con fine di lucro. Di conseguenza, le sue rendite finanziarie non dovrebbero essere per nulla tassate, proprio perchè si sobbarca già oneri di stretta ed esclusiva competenza dello Stato. Altrimenti ad essere penalizzati sono proprio i suoi pensionati.
Pierluigi Roesler Franz
Legge di stabilità 2015 (testo dei commi 91 e 92 dell’articolo unico del ddl 1698 approvato dal Senato)
Comma 91. A decorrere dal periodo d’imposta 2015, agli enti di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, è riconosciuto un credito d’imposta pari alla differenza tra l’ammontare delle ritenute e imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per cento sui redditi di natura finanziaria dichiarate e certificate dai soggetti intermediari o dichiarate dagli enti medesimi e l’ammontare di tali ritenute e imposte sostitutive computate nella misura del 20 per cento a condizione che i proventi assoggettati alle ritenute e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il credito d’imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a ciascun periodo d’imposta, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. Non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Il credito d’imposta può essere utilizzato, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione del citato investimento, esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 94 del presente articolo. Al credito d’imposta non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Comma 92. A decorrere dal periodo d’imposta 2015, alle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è riconosciuto un credito d’imposta pari al 9 per cento del risultato netto maturato, assoggettato all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 17 di tale decreto applicata in ciascun periodo d’imposta, a condizione che un ammontare corrispondente al risultato netto maturato assoggettato alla citata imposta sostitutiva sia investito in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine, individuate con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 91 del presente articolo.
Il credito d’imposta, che non concorre alla formazione del risultato netto maturato e che, ai fini della formazione delle prestazioni pensionistiche, incrementa la parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta, va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a ciascun periodo d’imposta e può essere utilizzato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione del citato investimento, esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 94 del presente articolo. Al credito d’imposta non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.