RENDE (Cosenza) – “Sono qui per dirvi: che posso fare? Sono venuto come vescovo, ma anche come giornalista. Sono stato vicesegretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e consigliere nazionale della Fnsi. Una voce libera si spegne, ed è giusto essere qui oggi per starvi vicino in un momento così duro e difficile”. Esprimendo piena solidarietà ed offrendo concreta collaborazione ai giornalisti de “l’Ora della Calabria”, mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano e presidente della Conferenza Episcopale Calabra, ha visitato, stamane, la redazione centrale del quotidiano reduce dalla seconda notte di occupazione.
Una visita non di circostanza, quella di mons. Nunnari, giornalista pubblicista iscritto al Sindacato Giornalisti della Calabria del quale, per dodici anni, è stato vicesegretario regionale e consigliere nazionale della Fnsi. Ad accogliere il presidente dei vescovi calabresi è stato il direttore Luciano Regolo che, nella sua stanza, custodisce un grande ritratto di Natuzza Evolo alla quale è dedicata la Sezione Calabria dell’Unione Cattolica Stampa Italiana ricostituita, il 7 giugno 2008, nella sede della Fondazione nata per volontà della mistica di Paravati scomparsa il 1° novembre 2009.
Proprio mons. Nunnari, assieme al vescovo di Mileto, Luigi Renzo, hanno tenuto a battesimo la rinascita dell’Ucsi Calabria promossa dal segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, che in quell’occasione aveva consegnato ad honorem, a Natuzza, la tessera numero 1 dei giornalisti cattolici calabresi, oltre al Premio Affabulatore d’oro, ideato e promosso dal Sindacato dei Giornalisti della Calabria, quale tributo alle sue straordinarie doti di “comunicatrice di Verità”.
Luciano Regolo, che alla mistica di Paravati che tutti considerano già santa ha dedicato il libro “Natuzza Evolo – il miracolo di una vita”, edito da Mondadori, a mons. Nunnari ha chiesto le sue preghiere per i 66 lavoratori dell’Ora oggetto dell’avvio di procedura di licenziamento collettivo e un aiuto “per svegliare le coscienze di una terra come la Calabria nella quale si consumano, purtroppo spesso, delle inaccettabili indifferenze”.
Quanto alla brutale chiusura imposta dal liquidatore, l’arcivescovo ha ricordato che “nel libro di Giuseppe Caldarola «Autobiografia di Cosa Nostra», il boss pentito Leonardo Messina dice che la mafia non ammazza solo di venerdì in memoria del venerdì Santo, in cui si ricorda la crocifissione di Gesù Cristo”. “Evidentemente – ha sottolineato mons. Salvatore Nunnari – nel vostro caso non c’è stata neppure questa accortezza”. (giornalisticalabria.it)
Sono venuto da vescovo, ma anche come giornalista
Sono venuto come vescovo ma anche come giornalista, sono stato vicesegretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e consigliere nazionale Fnsi. Una voce libera si spegne, ed è giusto essere qui oggi per starvi vicino in un momento così duro e difficile”. Così, monsignor Salvatore Nunnari, presidente della Conferenza Episcopale Calabrese e arcivescovo di Cosenza-Bisignano, ha salutato la redazione dell’Ora durante la visita di questa mattina.
“Devo andare a fare il vice-parroco”, ha detto scherzando poiché stava per andare a celebrare la messa a Zumpano, sostituendo il sacerdote ammalato.
Nunnari ha girato per le scrivanie e poi si è fermato nella stanza del direttore, sostando davanti a un quadro che raffigura Natuzza Evolo, opera di Giuseppe Afrune, il ritrattista di Giovanni Paolo II, papa canonizzato questa mattina insieme con Giovanni XXIII. “L’ho conosciuta bene”, ha detto l’arcivescovo riferendosi alla mistica di Paravati su cui a novembre dovrebbe aprirsi l’iter per la beatificazione.
“Un giornale che chiude fa sempre tristezza – ha ribadito Nunnari – e in modo particolare quando porta la voce della libertà come nel vostro caso. Ma a parte questo c’è da considerare un altro aspetto: i lavoratori e le loro famiglie che si trovano improvvisamente senza un reddito e in una situazione molto difficile perché oggi non è certo semplice trovare nuovi sbocchi professionale. Questa è la preoccupazione che mi rende ancora più triste”.
Il presidente dei vescovi calabresi ha, poi, ricordato quando da sindacalista della Fnsi seguì da vicino la “tragedia” della chiusura del “Giornale di Calabria”, “il giornale di Mancini, lo chiamavamo noi. Era guidato da un grande direttore, Piero Ardenti. Andammo a Piano Lago, dove lo stampavano. Non ci fu verso di salvarlo. Ci fu poco da fare. E ora, cosa posso fare per voi? Vorrei aiutarvi”.
Il direttore dell’Ora gli ha risposto che già la sua presenza e la sua preghiera sono uno sprone e un aiuto, in un momento in cui tutta la redazione sta vivendo il calpestio delle libertà sindacali. A Luciano Regolo, che ha ricordato quanto accaduto lo scorso venerdì santo quando, mentre i giornalisti erano in sciopero, il liquidatore ha ordinato la sospensione delle pubblicazioni e l’oscuramento del sito (senza alcuna motivazione né preavviso), Nunnari ha risposto significativamente: «Nel libro “Autobiografia di Cosa Nostra”, scritto da Giuseppe Caldarola, il boss pentito Leonardo Messina dice che la mafia non ammazza solo di venerdì in memoria del venerdì Santo, in cui si ricorda la crocifissione di Gesù Cristo. Evidentemente nel vostro caso non c’è stata neppure questa accortezza».
Nunnari, infine, ha auspicato che la squadra dell’Ora continui a fare il proprio lavoro, magari con una nuova proprietà e che nasca, secondo gli auspici presentatigli dal direttore, un nuovo polo di informazione organizzato in modo trasparente e imprenditorialmente efficace, con logiche proprie del mercato editoriale e non legate ad altri interessi. Poiché proprio la modalità di gestione “strumentale” – ha detto Regolo, spiegando al vescovo lo strano e antieconomico rapporto che legava la società editrice allo stampatore Umberto De Rose che ora vuole acquisire la testata – ha determinato il grave momento finanziario che sta condannando l’Ora nonostante gli ottimi risultati in edicola degli ultimi due mesi. La notte del 18 febbraio la testata subì la censura dell’Oragate (De Rose è ora indagato per violenza privata con Andrea Gentile, figlio del senatore Tonino) e la sera del 18 aprile ha subito inoltre lo spegnimento della propria voce preparatorio all’acquisizione da parte dello stesso De Rose della testata.
Nunnari ha infine benedetto e salutato con affetto l’intera redazione, congedandosi: «Non esitate a chiamarmi se posso fare qualcosa per voi». (L’Ora)
Ammetto subito che, parlando di S.E. Salvatore Nunnari sarò parzialissimo. Lo conosco da bambino e ricordo ancora nettamente in lui la singolare devozione e la fortissima vocazione, il segno già`solare di una predestinazione, il marchio che ha accompagnato la sua esemplare vita sacerdotale. Mi commuove oggi la sua azione pastorale, così` sincera, autentica, intensa, che nella solidarietà ai “colleghi” si pone in limpida coerenza con il messaggio di Papa Francesco.
La chiesa per la moralità che rappresenta deve assumere una posizione determinata e certa di condanna per simili misfatti. Don Nunnari l’ha fatto. A lui dovrebbe andare la riconoscenza di tutti i calabresi che aspirano di vedere una Calabria migliore.
Ho già avuto modo di esprimere – affettuosamente in privato – anche se poi la cortesia della collega alla quale era rivolto ha reso noto ai più il mio pensiero sull’accaduto (e per il cui gesto la ringrazio, adesso si, pubblicamente).
Ora, ad alcuni giorni di distanza dal fattaccio, con il problema non ancora rientrato, anzi forse acuito, non posso che ribadire il mio pensiero.
Oscurare un sito d’informazione e mettere il bavaglio ad una testata giornalistica (quando non sussistono insormontabili gravi e reali motivi economici) è già di per sè un atto da censurare e condannare senza se e senza ma. Mettere alla porta (o buttare in mezzo alla strada, come si suol dire) 66 lavoratori, padri e madri di famiglia, non ha poi, a mio avviso, nessuna giustificazione. Questo triste periodo, che qualcuno ha simpaticamente (in fondo per chi lotta per conservare il proprio posto di lavoro, in un certo senso lo è realmente) definito “di guerra”, possa presto giungere al termine. Possa per tutti i lavoratori de “l’Ora” essere di buon auspicio e, con l’aiuto di sani ed onesti imprenditori seriamente interessati a fare informazione, ma anche e soprattutto con l’aiuto del buon Dio, l’inizio della liberazione da personaggi gretti ed inqualificabili. Possa essere, altresì, l’inizio di una rinascita professionale che dalle ceneri di una testata giornalistica conduca alla nascita di un grande giornale che contribuisca a far della gente di Calabria delle persone sempre libere da certi condizionamenti che ne hanno limitato fortemente la crescita socio-culturale e, della nostra regione, una terra migliore. Ve lo auguro di cuore!