Frutto del lavoro di un giornalista, un fotoreporter, un libraio e un esperto di cucina

L’almanacco novarese con 16 mesi

NOVARA – Un giornalista (Mario Giarda), un fotoreporter (Maurizio Tosi), un libraio (Fabio Lagiannella) e un esperto di gastronomia (Mauro Savoini) sono gli autori di un calendario “novarese” che, eccezionalmente, copre un anno e quattro mesi, dall’ottobre 2020 al gennaio 2022.
Giarda, nato professionalmente alla “Gazzetta del Popolo”, è diventato una firma del fascicolo culturale del Corriere della Sera.
Tosi è l’occhio fotografico del “Corriere di Novara”, protagonista di una serie di reportage utilizzati per libri e per mostre antologiche.
Lagiannella è titolare della libreria Lazzarelli e Savoini è un amministratore con l’hobby per la cucina e la ricerca culinaria.
«Non si sa – ammettono i quattro – dove è finito il lavoro dell’uno per dare inizio a quello dell’altro. È stata davvero un’opera di ingegno collettivo».
Intanto l’ampiezza – inusuale – ovvero l’idea di aggiungere ai 12 mesi del 2021 i tre (da ottobre a dicembre) del 2020 e il gennaio del 2022.
«C’erano troppe fotografie e troppo belle – è la giustificazione – tanto da scegliere di aumentare il numero di pagine a disposizione».
E, infatti, le immagini – chiostro, cupola, il Teatro Coccia, il “mare a quadrettini” delle risaie – risultano suggestive.
Sulla prima pagina è stata riprodotta una serigrafia di Andrea Pescio (ispirandosi ad una copertina della Domenica del Corriere) e – come non accade per calendari tradizionali – l’almanacco è stato intitolato “Novara sa di nebbia e di caffè” (riprendendo l’ultimo libro di Giarda).

Da sinistra: Savoini, Guarda, Lagianella e Tosi (foto Giornalisti Italia)

Il lavoro è stato prodotto in 400 esemplari numerati, ognuno dei quali è in vendita a 32 euro.
Fra le pagine dei mesi (con ogni giorno arricchito dalla citazione appropriata dei santi) sono state proposte le ricette dei “piatti di casa nostra” e una serie di racconti costruiti fra il grottesco e l’irreale. Per esempio: il cavallo d’oro di Leonardo che una dicerìa antica vuole nascosto nei sotterranei del “Castello”; la “nube nera” chiaramente ispirata al lockdown provocato dal Covid; il concerto del direttore d’orchestra Guido Cantelli o il dialogo fra un pensionato e la panchina dove – un tempo – aveva baciato la sua fidanzatina o dove – adesso – trascorre le ore di ozio della sua pensione.
Il più curioso? Quello che riferisce il dibattito sul cambio del nome della città. Novara, con quella negazione iniziale, “sembra respingente”: perché non tradurlo in positivo? “Sìvara” parrebbe più accattivante. Più coinvolgente. Magari, dopo l’almanacco da 16 mesi… (giornalistitalia.it)

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