BELFAST (Irlanda del Nord) – Politici di ogni colore riuniti per una volta in Irlanda del Nord nella condanna della violenza. C’è voluta la morte di Lyra McKee per accantonare quelle differenze che la giornalista 29enne, uccisa giovedì scorso a Derry da un proiettile vagante mentre documentava la sparatoria scatenata da militanti locali della New Ira contro la polizia a margine di una perquisizione, aveva provato a sfidare per tutta la vita. Il tempo di una messa funebre, celebrata alla presenza di leader britannici e irlandesi, unionisti e repubblicani, di destra e di sinistra, accanto a tanta gente comune in lacrime.
Un funerale che la famiglia e gli amici di Lyra (molti con indosso magliette raffiguranti i personaggi di Harry Potter, la saga preferita di una ragazza nata nel 1990) hanno voluto anche e soprattutto come un tributo alla sua breve quanto intensa esistenza. E che ha avuto il momento più forte quando il sacerdote chiamato a celebrare il rito nella cattedrale di Saint Anne, a Belfast, padre Martin Magill, s’è rivolto direttamente verso i banchi occupati dai capifila dei maggiori partiti nordirlandesi – allineati spalla a spalla dopo tre anni di scontro sfociati nell’impossibilità di rimettere insieme lo schema del governo locale di unità nazionale costruito fin dagli
accordi di pace di 21 anni fa – e li ha apostrofati con una domanda retorica suonata come un atto d’accusa: “Ci voleva la morte di una donna di 29 anni, con tutta la vita dinanzi, per arrivare a questo punto? Perché, in nome di Dio?”. Una domanda seguita da un breve silenzio. E, poi, da un’ovazione di popolo.
Evidentemente ci voleva, è stato il senso di quell’applauso scrosciato alla memoria di Lyra. Quasi a segnare una rivincita postuma per il senso che la reporter ucciso ha cercato di dare alla sua avventura umana di reporter d’inchiesta, cattolica di nascita, eppure “totalmente apolitica” e devota al “desiderio di riunire le persone”, come l’hanno ricordata i familiari e la compagna Sara.
“Un’anima gentile e innocente”, nelle loro parole, impegnata con passione nello sforzo per andare oltre siale barriere ideologiche e confessionali, sia quelle personali nella veste di giovane attivista Lgbt. Sforzo non vano, forse, a giudicare dalle presenze alla cerimonia d’addio e dalle espressioni dei volti.
Con la premier Tory britannica, Theresa May, accanto al collega di Dublino, Leo Varadkar, e al presidente dell’Irlanda, Michael D. Higgins. Oltre che al capo dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn. Ma soprattutto con le coriacee leader (donne) dei maggiori partiti rivali dell’Ulster – Arlene Foster per gli unionisti del Dup, Mary Lou McDonald e Michelle O’Neill per i repubblicani dello Sinn Fein – a dividersi un unico banco: come 3 sorelle vestire di nero. (ansa)