MILANO – “La Verità debutta oggi in edicola, ma in realtà la sua data di nascita non è il 20 settembre”. Maurizio Belpietro comincia così la sua nuova avventura al timone de “La Verità”, il nuovo quotidiano nazionale da oggi in edicola a 1 euro. Una scommessa coraggiosa, considerato il crollo delle vendite dei quotidiani cartacei che da più parti vengono considerati in estinzione.
“Un giornale che nasce contro ogni arroganza”, è il titolo dell’editoriale con cui Belpietro spiega che “l’inizio della storia che ha portato alla fondazione del giornale che avete tra le mani risale ad alcuni mesi fa, al 17 maggio, giorno in cui alla direzione di Libero si è registrato un brusco «avvicendamento»”, ovvero la sua “cacciata” dal giornale ed il conseguente addio con il sapore amaro del benservito.
Belpietro, nel suo ultimo “editoriale” su Libero aveva, infatti, spiegato perché voterà “No” al referendum di ottobre – “Non so cosa pensi la direzione di Libero, so che cosa pensa Maurizio Belpietro che fino a ieri sera – scriveva il 17 maggio scorso – di Libero era il direttore. Io sono per il No e per un motivo molto semplice: perché la riforma non è equilibrata ma pende tutta a favore di Renzi” – e poi tanti saluti”.
“Intendiamoci: – scrive oggi Belpiepro su La Verità – che un rapporto di lavoro si concluda di questi tempi non stupisce. Se l’amore non è per sempre figuratevi se lo può essere la guida di un quotidiano, soprattutto in periodi di crisi dell’editoria. Dunque, nessun problema personale: non amo fare la vittima e in questi mesi mi sono tenuto alla larga da chiunque volesse farmi interpretare il ruolo del perseguitato.
Tuttavia, quell’estromissione un problema lo pone e non è privato, ma pubblico. Può un presidente del Consiglio incarognirsi a tal punto per le critiche e le notizie pubblicate da pretendere la testa del direttore del giornale che quelle critiche ha stampato? Quando governavano Craxi e Berlusconi c’era chi si indignava di fronte alle pressioni esercitate sula tv, soprattutto quella pagata con i soldi pubblici. Ora che la televisione di Stato invece dipende direttamente dal governo e i principali giornali sono messi al guinzaglio, i tanti indignati speciali che per anni si sono strappati le vesti di fronte alla libertà violata tacciono e voltano la testa dall’altra parte”.
“Eppure – prosegue il direttore de La Verità – a far saltare come birilli le capocce dei giornalisti che pongono domande imbarazzanti è colui che si appresta a chiedere agli italiani ancora più potere, con una modifica costituzionale che insieme alla legge elettorale gli consegnerà il pieno controllo del parlamento e delle istituzioni e dunque dell’Italia, un Paese che perde terreno, sempre più indebitato e con sempre meno lavoro, con buona pace dell’informazione che finge di non vedere”.
“Sbaglierebbe, però, chi pensasse che questo giornale – aggiunge Belpietro – nasca solo per occuparsi di Renzi e delle molte ombre che lo accompagnano. La Verità, non avendo né padroni né padrini (i finanziatori sono giornalisti, piccoli imprenditori e professionisti, senza che nessuno abbia la maggioranza o una quota in grado di influenzare la redazione), s’incaricherà di raccontare ogni notizia di pubblico interesse, senza curarsi che questa dispiaccia a qualcuno di destra o di sinistra o anche di centro”.
“Il ruolo dei giornalisti – conclude il direttore de La Verità – resta quello di fornire ai lettori le notizie che scovano, non quello di nasconderle per fare felice il potente di turno. E a questo ruolo abbiamo intenzione di attenerci. Costerà fatica? Costerà anche qualche minaccia? Pazienza: ci siamo abituati.
I molti colleghi che con me hanno scelto di lavorare per La Verità, lasciando posti di lavoro sicuri e molto meglio remunerati, hanno voglia di aria pulita. Soprattutto, hanno voglia di avere un solo padrone: il lettore”.
Nel presentare il nuovo giornale, Belpietro ha rilasciato, tra l’altro, un’intervista al Corriere della Sera nella quale vanta “il fatto di essere diventato direttore del Giornale senza avere mai conosciuto Berlusconi e quando serviva l’ho criticato”, così come “mi sono fatto licenziare due volte da due diversi editori proprio perché ho voluto dire la mia anche quando ha dato fastidio a qualcuno”.
Quanto al nome, La Verità, il perché della testata lo spiega Stefano Lorenzetto: “Poco prima di morire a soli 46 anni, la collega Letizia Leviti di Sky Tg24 ha registrato un messaggio: “Il nostro lavoro è verità. Deve essere verità”. E poco importa che La Verità più celebre è stato l’organo ufficiale del Partico Comunista dell’Unione Sovietica, La Pravda, che in russo significa appunto verità. “Del resto – sottolinea Lorenzetto – lo cantava Caterina Caselli giusto 50 anni fa: «La verità di fa male, lo so». Ecco, La Verità farà male ai mascalzoni, ma farà bene ai galantuomini, questo è il compito che ci siamo assegnati”.
E Cesare Lanza, storico direttore del Corriere d’Informazione ed editorialista del giornale assicura: “La Verità è una gran bella testata e da sola vale 10.000 copie”. (giornalistitalia.it)