TORINO – Ivano Barbiero, forma storica della Stampa (dove è stato cronista di nera per vent’anni) e già presidente del Gruppo Cronisti del Piemonte, nel suo ultimo libro racconta la Torino degli anni Sessanta. Titolo: “Torino – Il guardiano dei cavalieri”, edito dai Fratelli Frilli, 220 pagine, prezzo di copertina: 12 euro e 90 centesimi.
La pubblicazione è stata presentata alla libreria Feltrinelli di piazza Cln, nel capoluogo piemontese, con la collaborazione di un altro giornalista di razza, Marco Neirotti, figlio del direttore de La Nazione, Tino, vincitore del Premio Saint Vincent e autore di una nutrita quantità d’inchieste.
Il romanzo è un “noir”. Il primo capitolo descrive, infatti, un killer professionista di nome Stella che, di notte, armato di fucile di precisione, se ne sta appollaiato sulla ringhiera del cavalcavia di corso Sommelier, di fronte alla stazione centrale, e aspetta l’ultimo treno per sparare ad un viaggiatore. Un professore di lettere appassionato di scienze occulte. Per un caso fortuito (la necessità di spostare una valigia) l’assassino ammazza un’altra persona e, per eseguire il suo compito, deve uccidere una seconda volta. Insomma un caso intricato per l’altro protagonista del romanzo, il commissario Aldo Piacentini.
Da questo primo episodio se ne dipanano altri che riguardano la Torino della magia, quella del manicomio di Collegno, della criminalità ingenua dell’altro secolo e della prostituzione ancora esclusivamente esercitata per strada. E – inquietante e senza spiegazione – il ritrovamento di una catasta di bare bianche per bambini abbandonate in una strada accanto al cimitero monumentale.
Racconti apparentemente slegati tra loro ma che, alla fine, per qualche motivo, si intrecciano e, insieme, trovano una conclusione logica.
«Sono personaggi di fantasia – recensisce Marco Neirotti – che stanno in posti reali, Oppure potremmo dire: uomini facilmente identificabili abitano in quartieri fantastici».
Quel che è certo e incontrovertibilmente reale è che il libro è il risultato di quarant’anni di cronaca nera per le strade di Torino e del Piemonte. Ivano Barbiero, mantovano d’origine di San benedetto Po (Mantova), classe 1952, coltivatore di peperoncini rossi e di esemplari di orchidee, recupera la sua memoria di giornalista e la traduce, adattandola alle esigenze editoriali.
«Per un cronista – avverte Berbiero – Torino non è la città che chiunque può conoscere. Chi si è occupato di cronaca si ricorda che in quell’angolo è successa una rapina e in quell’altro un delitto. Per il giornalista, tutti questi elementi messi insieme costituiscono una storia».
A tenere insieme episodi differenti e i capitoli del libro, una nevicata che imbianca la città e, in qualche modo, ne rappresenta il filo conduttore.
«Di solito il giornalista e il romanziere non vanno molto d’accordo nella stessa persona al punto da farsi male l’un l’altro», commenta Neirotti. Che non ha dubbi: «Il romanziere che scrive un pezzo finisce per essere inutilmente ridondante e ottiene un articolo poco leggibile mentre il giornalista che si approccia ad un libro si riduce a essere esageratamente sbrigativo». Di solito… perché, a suo giudizio, qualche eccezione c’è: per esempio, Ivano Barbiero. (giornalistitalia.it)
Un romanzo avvincente scritto con la maestria di un cronista di razza