NOVARA – I ragazzi delle mie nove redazioni riescono a preparare un giornale bellissimo. Mi rendo conto che, in questo modo, mi espongo alla critica (giustificata) di non fare sfoggio di modestia e, tuttavia, le pagine che vanno in tipografia meriterebbero un’attenzione supplementare.
Di questi tempi, l’informazione è sotto stress. Niente di speciale, per la verità. Patiscono le professioni, sono in crisi i commercianti e la gente chiusa in casa (come si trattasse di un arresto domiciliare collettivo) deve reinventarsi una vita fra quattro mura. Il fatto è che i giornalisti sono alle prese con notizie che tutti conoscono.
Cosa può raccontare di nuovo un quotidiano che chiude in tipografia alle 22 e va in macchina alle 24? I canali televisivi e, soprattutto, Internet li battono sul tempo risultando più tempestivi anche se non sempre più puntuali.
Come ai tempi dell’assalto alle Twin Towers di New York, l’informazione su carta stampata sembra vecchia. In quel 2001 aveva presentato l’immagine delle due torri in preda alle fiamme quando il suo pubblico di lettori, il giorno prima, ai telegiornali, quelle due torri le aveva viste afflosciarsi su se stesse almeno una dozzina di volte. Figurarsi un settimanale. Figurarsi nove settimanali come i miei.
Cosa potrebbe incuriosire il lettore e tenerlo sulle nostre pagine per qualche minuto? Perciò, abbiamo deciso di porci delle domande e risponderci attraverso le pagine del giornale. Per esempio due settimane fa, “quanto ci costa il Coronavirus”? Ne è venuta fuori un’inchiesta di cinque pagine per raccontare le difficoltà del turismo specialmente sui laghi alle prese con le disdette di prenotazioni, i problemi dei floricultori (sempre nella zona di Verbania) e le stazioni sciistiche della Val d’Ossola e della Valsesia rimaste chiuse nonostante una neve stupenda.
La settimana successiva abbiamo affrontato il tema della scuola, al tempo dell’epidemia. Intanto, si è dato conto di tre universitari che si sono laureati via Skype. Due ragazze di Bellinzago, primo hinterland di Novara, adesso sono dottoresse in Economia mentre un giovane di Romagnano è diventato ingegnere. Poi, dalle interviste a presidi e insegnanti, sono stati analizzati soluzioni e problemi. Sull’onda dell’emergenza, gli istituti si sono attrezzati per insegnare on-line. Con fatica e di corsa. Ma, se è praticabile una lezione a distanza su Dante Alighieri, com’è possibile essere efficaci nell’insegnamento della chimica che prevede un lavoro in laboratorio? O per i ragazzi dell’alberghiero di Gattinara, Varallo e Verbania (Valsesia e lago Maggiore) che devono svolgere un programma pratico in cucina?
Un’altra settimana e un’altra domanda. Come cambia il lavoro di questi tempi? Il tema è stato svolto sentendo i frontalieri che risiedono nei paesi al bordo del confine con la Svizzera e che, ogni giorno, espatriano per lavorare nelle aziende del Canton Ticino.
Si è riciclato anche il mondo della ristorazione. I locali sono chiusi, ma le cucine funzionano e offrono pasti a domicilio. Per le consegne, intervengono i rider che avrebbero necessità di maggiori tutele soprattutto economiche. Perché, inutile nasconderselo, corrono tutti il giorno in bicicletta per pochi euro l’ora e, adesso, sono anche quelli che, per consentire alla gente di stare a casa proteggendosi, rischiano d’infettarsi per primi.
Gianfranco Quaglia che è il presidente della società diocesana, presidente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte e giornalista a 18 carati, specializzato nell’analisi dei fenomeni dell’agricoltura, ha firmato servizi sulla produzione del riso e del vino e sul canale che le aziende hanno individuato per saltare la filiera delle consegne e arrivare direttamente al consumatore.
Infine la vita in casa. Abbiamo lanciato un hashtag #iolavivocosì chiedendo di mandarci una foto che lo raccontasse. Immaginavo di dedicare una pagina all’argomento ma sono arrivati talmente tanti lavori che, di pagine, ne abbiamo dedicate cinque. Già prevedo di organizzare una mostra per quando tutto sarà finito esponendo immagini, lavori, disegni, e i racconti. L’Italia popolo di navigatori ma, soprattutto, di poeti è in grado di scrivere rime stupende e di proporre racconti interessanti: a volte sul filo dell’ironia e della comicità, altre con un piglio più drammatico e intimistico.
E, questa settimana, un focus sulle Caritas della diocesi. Cosa fanno? Come lavorano? Che interventi sono loro richiesti? E quanti al giorno?
E, dal momento che siamo una “voce” diocesana, come interpretano il loro ministero i parroci? Ognuno si è inventato un modo per stare vicino ai fedeli. Anche fantasioso. Utilizzando chat, suonando le campane, inserendo programmi sui social, scrivendo personalmente ai gruppi pastorali.
Purtroppo (e non è questione di poco momento) un giornale, a mio avviso, interessante, rischia di essere pubblicato per pochi intimi.
Formalmente, le edicole restano aperte ma, se la gente è chiusa in casa ed esce solo per la spesa, come immaginare che si ricordi di acquistare il giornale? La maggior parte degli edicolanti, con decisione autonoma, ha deciso di tenerle chiuse. Noi del mondo dell’informazione possiamo anche protestare ma, obiettivamente, non li si può rimproverare più di tanto.
I nostri 9 settimanali avevano un canale di vendita rappresentato dalle chiese che lasciavano qualche copia all’ingresso ma, adesso, anche la messa è streaming. Restano gli abbonati che rappresentano un numero cospicuo ma che devono fare i conti con i tempi delle poste che, in queste settimane, non sono prevedibili. La pubblicità già calendarizzata è stata cancellata. E, anche qui, come dare torto agli inserzionisti?
Perciò, abbiamo deciso di confezionare un numero unico di 48 pagine e di cambiare soltanto la copertina dedicandola esplicitamente alle singole zone della diocesi. E abbiamo anche deciso di regalare l’edizione digitale del giornale, per tre mesi, a chi ne faccia richiesta. Un giornale, attenzione, Glocal con testo nazionale e contenuti originali dal territorio.
I colleghi, per la maggior parte, lavorano da casa. In redazione, ci andiamo io, Fabrizio Frattini che è il mio vice e, per un tempo limitato a due giorni: Monica Curino e Marco Cito. I poligrafici (che preparano i menabò elettronici e impaginano) osservano dei turni in modo che, delle cinque postazioni abituali, ne siano occupate soltanto due.
È l’informazione, bellezza…! L’informazione al tempo del Coronavirus. (giornalistitalia.it)
Lorenzo Del Boca