CATANIA – «L’informazione libera senza alcuna prevaricazione e condizionamenti mafiosi. Questo il messaggio che, a 37 anni dall’omicidio di Pippo Fava, rimane impresso nei giornalisti siciliani. Un obbligo morale da tramandare alle generazioni». Lo ha ricordato oggi il segretario provinciale di Assostampa Catania, Orazio Aleppo, in occasione della commemorazione del giornalista assassinato il 5 gennaio 1984 davanti al Teatro Stabile di Catania.
Anche quest’anno, nonostante le limitazioni per l’emergenza sanitaria, decine di persone, e tra queste diversi giornalisti, si sono ritrovate a Catania per ricordare il fondatore e direttore de “I Siciliani”.
«Ancora oggi, a distanza di anni, la memoria ed il lavoro svolto da Fava è riferimento per tanti cronisti che – ha sottolineato Aleppo – quotidianamente si occupano di inchieste a rischio della propria incolumità».
«Catania non dimentica – ha aggiunto il presidente della sezione etnea dell’Unione Nazionale Cronisti Italiani, Filippo Romeo – chi con coraggio, denunciando, si è opposto alla criminalità organizzata».
«Pippo Fava – ha concluso Romeo – è un modello sempre attuale, a distanza di 37 anni, per i tanti cronisti che, tra difficoltà e attacchi, continuano a credere e a svolgere questa professione in una terra ancora condizionata dalla prevaricazione mafiosa».
Grazie al Gruppo cronisti siciliani, Pippo Fava è stato ricordato oggi anche a Palermo dove, dal 5 gennaio 2005, un albero a lui dedicato è stato piantato nel Giardino della memoria di via Ciaculli, il sito confiscato alla mafia e gestito dal gruppo siciliano dell’Unci e dall’Associazione Nazionale Magistrati.
«Giuseppe Fava – ricorda l’Unci Sicilia presieduto da Giuseppe Lo Bianco – aveva ricostruito con inchieste coraggiose e dettagliate gli oscuri intrecci tra pezzi della politica, dell’imprenditoria e delle cosche mafiose. Il suo ricordo di intellettuale a tutto tondo con la passione per la verità, è sempre vivo nei cuori di coloro che lo hanno apprezzato come uomo, come giornalista e come scrittore. Il suo modello professionale privo di compromessi resta un faro per le giovani generazioni di cronisti». (giornalistitalia.it)
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