ROMA – “Maurizio Belpietro direttore de l’Unità. L’ultimo affronto alla storia del quotidiano fondato da Antonio Gramsci è arrivato ieri pomeriggio all’improvviso e senza alcuna comunicazione al Comitato di redazione da parte dell’amministratore delegato Guido Stefanelli quando in redazione era in chiusura il numero speciale realizzato per evitare la decadenza della testata”. A gridare allo scandalo è il Comitato di redazione de l’Unità, per il quale “si tratta di un gesto gravissimo, un insulto alla tradizione politica di questo giornale e della sinistra italiana prima ancora che una violazione delle norme contrattuali”.
“L’Unità, – ricordano i giornalisti – giornale fondato da Antonio Gramsci e sopravvissuto al fascismo, in mano ad un direttore da sempre apertamente schierato con la parte più conservatrice della politica italiana e più volte alla guida di giornali di proprietà di Silvio Berlusconi che a l’Unità e ai partiti della sinistra non hanno mai risparmiato insulti e campagne d’odio”.
Il giornale, infatti, è oggi in edicola con la firma di Maurizio Belpietro, ma non con quella di Umberto de Giovannangeli che, componente del comitato di redazione chiamato a lavorare a questo numero speciale, avendo saputo del cambio di direzione soltanto pochi minuti prima che il giornale andasse in stampa ha deciso di ritirarla in segno di protesta.
Da mesi la redazione è impegnata in un estenuante confronto con la proprietà nel tentativo di riportare il giornale in edicola, anche a costo di pesanti sacrifici, e mai una simile evenienza è stata prospettata al Comitato di redazione e alla Federazione Nazionale della Stampa.
“È evidente – afferma il Cdr – che da ora in poi e su queste basi non c’è alcuna possibilità di trattare oltre e che i giornalisti de l’Unità tuteleranno la propria professionalità e la propria storia in tutte le sedi possibili”.
La notizia della nomina di Maurizio Belpietro alla direzione de l’Unità è soltanto l’ultimo tassello di una storia iniziata nel 2015 quando la Piesse di Guido Stefanelli e Massimo Pessina ha riportato in edicola il giornale, e culminata nel giugno 2017 con la chiusura dopo mesi di attacchi ai diritti dei lavoratori e alle norme contrattuali.
“Adesso, però, – afferma il Cdr – crediamo sia arrivato il momento di dire basta a questo scempio: faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità ma chiediamo ai vertici dei partiti della sinistra, al mondo della cultura, ai sindacati e a tutti coloro che hanno a cuore il futuro dell’informazione libera e democratica di mobilitarsi al fianco della redazione per difendere un patrimonio culturale e professionale comune”.
“Sì è vero, firmerò il numero speciale dell’Unità”. Interpellato dall’agenzia di stampa Adnkronos, Maurizio Belpietro ha confermato che sarà “direttore per un giorno” del quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
“Me lo ha chiesto l’editore, ieri sera mi ha mandato un messaggio: dobbiamo uscire in edicola ci firmi il giornale? Gli ho detto, ma tu sei matto?”, racconta il direttore di Libero e Panorama.
“Non condivido niente di quello che c’è scritto, però gli ho permesso di andare in edicola”, sottolinea Belpietro che, però, di fronte alla reazione del Cdr dell’Unità, puntualizza: “Non lo dirigerò, ho solo prestato la firma per fare uscire un numero, dopodiché loro faranno il resto… I comunisti si diano da fare, non sono neanche capaci di salvare il giornale, altro che polemiche con me…”.
“Sulla scelta dell’editore de l’Unità di far firmare il numero di oggi a Belpietro, il responsabile Comunicazione del Pd, Marco Miccoli, si affretta a precisare che “il Partito democratico non ne era assolutamente a conoscenza. L’abbiamo appreso dal comunicato del Cdr solo qualche ora fa”. “Non sfugge a nessuno – aggiunge Miccoli – che, vista la storia del giornale e gli orientamenti politici di Belpietro, la scelta dell’editore Pessina è stata una furbizia di cattivo gusto”.
E quella di Miccoli non è che una delle tante reazioni indignate della sinistra. Per Luigi Zanda e Roberto Morassut (Pd) è “una profanazione” che “fa a pugni con quello che l’Unità ha rappresentato nella storia italiana”; per Roberto Speranza e Arturo Scotto (Articolo 1), è un “insulto inaccettabile” e “un affronto alla storia”; per Andrea Romano (Pd) “uno scherzo di pessimo gusto”.
Il problema vero è che se l’Unità è arrivata a questo punto la Sinistra non può scaricarne le responsabilità sugli altri, ma dovrebbe recitare il “mea culpa”.
Gianni Cuperlo (Pd) prova a fare un’analisi: “Non conosco i proprietari attuali. Non so cosa pensino, per chi votino. So che consegnare quella testata e quella storia nelle mani di un privato a cui è concesso decidere sul destino di una storia comune è un’offesa. E la nomina (simbolica? Provocatoria?) di un direttore che le radici storiche, la carne e le passioni del popolo che l’Unità ha amato e diffuso per decenni, ha legittimamente combattuto da sempre è solo una sciocca, inutile, volgare violenza verso donne e uomini che in molti casi non ci sono più”.
“Parlo a Voi, ‘padroni’ del nostro giornale: quanto costa – chiede Gianni Cuperlo – rilevare la testata? Se ce lo dite io credo, penso, spero, che possa nascere in pochi giorni una cordata popolare, una sottoscrizione di massa per restituire a quella Storia il posto che le spetta. Solo questo volevo scrivere in questa serata triste”.
Secondo fonti bene informate, per cedere la testata l’editore pretenderebbe 10 milioni di euro, tant’è che recentemente sarebbe stata giudicata insufficiente una proposta di 5 milioni.
Infine, il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, secondo il quale “le modalità che hanno portato alla nomina del nuovo direttore, un blitz in piena regola, sono inoltre inaccettabili perché violano le procedure previste dal contratto. Di questa violazione, gli editori Stefanelli e Pessina saranno chiamati a rispondere nelle sedi competenti. Il sindacato dei giornalisti italiani continuerà ad essere al fianco dei colleghi dell’Unità che si sono ribellati a questo ennesimo sopruso”. (giornalistitalia.it)