COMO – «In un editoriale lungo una pagina, infarcito di critiche ai giornalisti e al mondo dei media – ai quali, evidentemente, non ritiene di appartenere – oltre che di pesanti frecciate a un contratto di lavoro da lui definito “il più ottocentesco dei contratti ottocenteschi“ (che peraltro sicuramente garantisce anche lui e la sua prosa molto più ottocentesca del contratto), il direttore de “La Provincia di Como”, Diego Minonzio, elogia il successo della sua casa editrice e di molti prodotti da lui diretti».
La denuncia è dell’Associazione Lombarda Giornalisti, presieduta da Paolo Perucchini, che con il segretario generale aggiunto della Fnsi, Anna Del Freo, punta l’indice contro Minonzio, il quale nello stesso editoriale scrive che “quando le redazioni escono dalle redazioni, quando i giornalisti evadono dagli uffici, quando i professionisti si infilano mani e piedi e cuore e cervello nei territori, nei mondi, insomma, nelle comunità, allora raccolgono finalmente gli elementi, le dinamiche, le sensazioni, i contenuti che gli (sic!) permettono di capire davvero il mondo reale, la vita vera, le strutture di lunga durata della società”.
Un concetto, quest’ultimo, che – pur con maggiore e sintetica sobrietà di linguaggio – il sindacato ha cercato di fare capire all’azienda durante il confronto per la chiusura annunciata delle due redazioni di Lecco e Sondrio. «Peccato che l’azienda, dopo aver ribadito la decisione “irrevocabile“ di chiudere i due presidi sul territorio e di portare tutti i giornalisti nella redazione di Como pur continuando a pubblicare le edizioni, ha dichiarato che – sottolinea l’Alg – tutto questo viene fatto in perfetto accordo con il direttore. Cioè col medesimo Minonzio».
«Chissà poi – incalza l’Associazione Lombarda Giornalisti – se quando Minonzio scrive dei bilanci “perfetti, addirittura floridi dei nostri tabloid“ (cioè di giornali e allegati che escono regolarmente con le varie edizioni de La Provincia) è informato del fatto che nel frattempo l’editore ribadisce al tavolo della vertenza che “il quotidiano è in rosso di bilancio ormai da anni” e “il rosso dovrebbe attestarsi quest’anno a 400mila euro“ e “i soci non possono più sostenerlo”.
E ancora: concentrare i giornalisti a Como, consentirà – secondo quanto afferma l’azienda, basandosi ovviamente su un’organizzazione studiata dal direttore – di poter applicare meglio un contratto di solidarietà difensiva che permetterà di tagliare i costi. A spese, ovviamente, dell’Istituto di previdenza dei giornalisti».
«Chissà – si chiede l’Alg – questi aiuti pubblici – che poi vengono dalle tasche dei colleghi – come si conciliano con il liberismo che sembrerebbe trasudare dall’editoriale a tutta pagina di Minonzio, grande fustigatore, per esempio, dell’informazione autoreferenziale e, a suo dire, protetta da rendite monopolistiche: “e allora forse è qui – scrive – la radice di tutto il macello, il disastro, lo spargimento di sangue, la rivoluzione copernicana che sta devastando un mondo che fino a un decennio fa bolliva e brasava e frollava e stracuoceva nelle pieghe flaccide e opime del monopolio etc, etc.”»
«Facciamo fatica, a questo punto, come sindacato, – conclude l’Associazione Lombarda Giornalisti – a capire fino in fondo le strategie del direttore e dell’azienda. La Provincia è in crisi economica o non lo è? I sacrifici devono farli solo i giornalisti e i loro lettori che, pur gratificati da paginate di opinioni, rischiano di perdere molto delle notizie locali? I presidi di Sondrio e Lecco e i giornalisti che fanno il loro mestiere sul territorio, a diretto contatto coi i fatti e non da lontano, sono importanti o no?»
Quindi l’invito all’azienda a «chiarire pubblicamente la reale portata della situazione a La Provincia di Como o a coinvolgere il direttore al prossimo tavolo». (giornalistitalia.it)
Il Cdr: “Non vogliamo essere trasformati in impiegati”
Cari colleghi,
nel momento più difficile della nostra storia (almeno quella recente), nonché a pochi giorni dall’incontro per l’eventuale firma dell’accordo peggiore che il Comitato di redazione de La Provincia sia mai stato chiamato a sottoscrivere, questa mattina il direttore Diego Minonzio è entrato a gamba tesa contro i suoi stessi colleghi, utilizzando il giornale per una serie di considerazioni che non solo ci vediamo costretti a respingere con forza, ma che rischiano di minare gli sforzi di dialogo di queste settimane.
Nel suo editoriale della domenica, il direttore ha cercato di far passare la decisione (che più volte abbiamo definito inaccettabile) dell’azienda di chiudere due redazioni provinciali come tutto fuorché un problema (è vero, non è un problema: è un dramma). Non si può davvero non contestare e respingere con forza la consecutio logica del suo ragionamento.
Il direttore parte da una considerazione che non appartiene certo ai colleghi delle tre edizioni de La Provincia: l’idea che la redazione sia il luogo perfetto dove buttar via il tempo. Dove non far nulla. Dove parlarci addosso. Dove arroccarci sui nostro “privilegi”.
Oltre a suonare offensive, queste parole segnano pure una contraddizione insanabile tra l’idea di giornale del direttore e quella dell’azienda: da un lato il management nega (tanto per fare un esempio) ai colleghi dell’edizione di Sondrio lo smart working, sostenendo l’impossibilità del suo utilizzo e quindi costringendoli a una trasferta disumana, dall’altro il direttore bolla la redazione – dove si pretende convoglino tutti i redattori non solo di Sondrio, ma anche di Lecco – come luogo d’ozio e di inutili chiacchiere.
Quindi, di contraddizione in contraddizione, scrive: “quando i giornalisti evadono dagli uffici, quando i professionisti si infilano mani e piedi e cuore e cervello nei territori, nei mondi, insomma, nelle comunità, allora raccolgono finalmente gli elementi, le dinamiche, le sensazioni, i contenuti che gli permettono di capire davvero il mondo reale, la vita vera, le strutture di lunga durata della società”.
Verissimo. Di più: inappuntabile. Peccato che a trasformare i suoi giornalisti in “impiegati” (nonostante la resistenza di tutti a questo stato di cose e la voglia condivisa dei giornalisti de La Provincia di continuare a uscire e stare fuori dalla redazione) siano stati proprio lui stesso e l’azienda, con le scelte operate negli ultimi otto anni di vita dei nostri giornali.
Quest’ultima vertenza, tra l’altro, smentisce le parole stesse del direttore. A fronte della chiusura delle redazioni di Lecco e di Sondrio, infatti, l’editore (cosa non hanno capito i nostri manager armati di calcolatrice della natura vera e autentica dei giornali?) ha proposto come presidio sul territorio la possibilità di modificare il contratto in articolo 2 al massimo a due redattori (non saranno troppe due persone per infilare “mani e piedi e cuore e cervello nei territori, nei mondi, nelle comunità” e a raccogliere “gli elementi, le dinamiche, le sensazioni, i contenuti che gli permettono di capire davvero il mondo reale, la vita vera, le strutture di lunga durata della società”?) dimostrando quantomeno uno scarsissimo interesse nel far vivere (e non solo sopravvivere a stento) tre bandiere del giornalismo come La Provincia di Como, di Lecco e di Sondrio.
Non tutto l’editoriale, ovviamente, può essere buttato alle ortiche. Abbiamo apprezzato, ad esempio, il richiamo al coraggio. Peccato che quel coraggio, oggi, sia solo patrimonio dei suoi giornalisti (con la stessa calcolatrice con cui si procede a tagliare, i manager avranno anche mai calcolato la quantità di ore di straordinario regalate quotidianamente da praticamente tutti i componenti delle tre redazioni del giornale?).
Quel coraggio non è certo patrimonio dei signori del cda, che spazzano via due redazioni con un’alzata di mano, e non di un management che calcola vite e professionalità sugli zero virgola percento. Senza le redazioni che ben oltre il proprio orario di lavoro stanno sul territorio, sono a contatto con il territorio, infilano le mani nel tessuto sociale delle realtà locali, tutte le iniziative citate dal direttore non sarebbero mai state possibili.
Infine non possiamo che rallegrarci dei “bilanci perfetti, addirittura floridi, dei nostri tabloid, delle nostre riviste, dei nostri settimanali”, ma ci troviamo costretti a chiederci: allora che senso ha chiudere due redazioni e chiedere un ulteriore disumano sforzo ai redattori de La Provincia?
Martedì, cari colleghi, ci troveremo in assemblea – anziché far tintinnare bicchieri per auguri di Natale che suonano del tutto fuori luogo – dove dovremo decidere cosa fare giovedì a Milano.
Ci confronteremo, ancora una volta, con la serietà e il senso di responsabilità che contraddistingue da sempre le squadre di Lecco, di Sondrio e di Como, responsabilità che sicuramente non traspare da un editoriale che, in questo momento, suona come uno schiaffo contro ognuno di noi.
Il Cdr de La Provincia di Como