ROMA – La scoperta della tomba di Tutankhamon, il faraone bambino vissuto oltre 33 secoli fa, fu un evento mediatico senza precedenti nel secolo scorso, al punto che la febbre dell’antico Egitto travolse il mondo intero. L’autore dell’eccezionale scoperta fu l’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter, di cui ricorre, in questi giorni, l’80esimo anniversario della morte. Una delle più grandi scoperte archeologiche del XX secolo avvenne nella Valle dei Re, in Egitto, nel 1922 grazie a una spedizione archeologica finanziata da un ricco nobile inglese, Lord Carnarvon.
Mediatica fin dall’inizio
Fu una spedizione che ebbe una copertura mediatica senza precedenti perché l’archeologo e il suo finanziatore decisero di stipulare con il quotidiano britannico “The Times” un contratto di esclusiva per tutte le notizie relative alla tomba di Tutankhamon. Questo portò ad un’insurrezione del resto della stampa internazionale, oltre all’ira del governo egiziano.
In Occidente la scoperta della tomba del giovane faraone scatenò una vera e propria follia collettiva, una “egittomania”, al punto che le testate giornalistiche dovettero adattarsi trovando o fabbricando notizie di questo genere.
Già all’inizio fu maledizione
Fra queste, la più fortunata fu quella che definiremmo oggi fake new: nacque la leggenda che Tutankhamon portasse sfortuna perché sulla sua tomba ci sarebbero state iscrizioni che maledivano eventuali profanatori. Tra queste la più popolare, riportata dalla stampa e mai ritrovata, recitava: «La morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del Faraone».
Un altro cronista, invece, riportò le dichiarazioni di un sedicente archeologo che avrebbe parlato del ritrovamento di una stele su cui c’erano scritte le seguenti parole: «Siano disseccate le mani alzate contro di me».
In realtà molte delle iscrizioni di questo tenore citate dai giornali concorrenti al “Times” non esistono affatto, ma i lettori erano avidi di notizie e credettero subito alla “maledizione di Tutankham0n”. Una fake new che fu alimentata anche da una notizia vera: nel febbraio 1923, tre mesi dopo la scoperta della tomba, Lord Carnarvon fu punto da un insetto, sviluppando velocemente una fortissima febbre che presto si trasformò in polmonite che lo portò alla morte dopo una lunga agonia il 5 aprile 1923 al Cairo. Il decesso fu subito collegato alla maledizione del faraone come castigo della violazione del luogo di sepoltura del sovrano.
Nel frattempo il principale antagonista del “Times”, il “Daily Mail”, assunse come corrispondente locale Arthur Weigall, egittologo rivale di Carter, mentre in Egitto insorgeva una campagna d’odio sia contro il governo in carica che contro il colonialismo britannico e straniero.
Una pietra sospesa in aria
Nel febbraio 1924, il direttore generale del Servizio delle Antichità Egizie Pierre Lacau, sotto pressioni del neo eletto ministro dei Lavori pubblici del Partito Nazionalista Morcos Bey Hanna, fece bloccare dalla polizia l’accesso alla tomba. Per protesta, Carter abbandonò gli scavi dopo aver lasciato il coperchio di granito del sepolcro appeso precariamente con delle funi.
In questo momento di incertezza, i corrispondenti locali di tutti i giornali cominciarono a ricevere numerose pressioni affinché fornissero notizie legate alle nuove scoperte in Egitto: questo clima alimentò la pratica di inventare o esagerare indiscrezioni. Inoltre c’era anche l’intento, da parte degli altri quotidiani dell’epoca, di denigrare la recente scoperta.
La maledizione fa cilecca
In quanto alla fake new della “maledizione di Tutankhamon”, essa divenne quasi più popolare del faraone stesso. A parte la prematura morte di Carnarvon, la profanazione della tomba non portò particolare sfortuna ai suoi scopritori: nei dieci anni successivi alla scoperta, delle 26 persone presenti all’apertura della tomba, morirono solo in sei e nessuna delle 10 persone presenti allo sbendaggio della mummia. Tra cui lo stesso Howard Carter, che visse altri 16 anni dopo la scoperta della tomba e morì a 65 anni di età il 2 marzo 1939. (agi)