ROMA – Quando l’Europa era ancora un sogno lontano e i suoi popoli erano schiacciati sotto il tallone nazista, è stata l’Inghilterra, il futuro Paese autonomista della Brexit, ad ispirare e a tenere le fila della Resistenza continentale con la multilingue Radio Londra, e i suoi messaggi di speranza e di incitamento alla lotta partigiana, ascoltati clandestinamente ovunque e a rischio della vita.
Negli anni di guerra del secolo scorso, quasi tutte le capitali europee erano cadute nella morsa di Hitler. Gli invasori tedeschi tiranneggiarono a Parigi per oltre 4 anni fino al 25 agosto 1944. A Roma spadroneggiarono per nove mesi dalla presa della capitale dopo l’8 settembre 1943 fino alla liberazione del 4 giugno 1944. Entrambi i popoli cittadini furono affamati, violentati, terrorizzati con torture e uccisioni, e con deportazioni di massa a cominciare da quelle degli ebrei. Benché la popolazione fosse atterrita e ridotta all’impotenza, in entrambe le città reagirono nuclei di resistenti e di partigiani con azioni di guerriglia urbana e di sabotaggio. «La guerriglia urbana non è nata in Piemonte, ma a Roma anche perché eravamo sul fronte di guerra» rileva, in un suo libro, Mario Fiorentini, romano classe 1918, protagonista partigiano di spicco, e fondatore del primo GAP (Gruppo d’azione patriottica).
Forse perché il martirio di Parigi era durato più a lungo o forse perché il presidente di allora, De Gaulle, era stato a capo della controffensiva francese, la capitale ottenne già pochi mesi dopo la sua liberazione, il 25 marzo 1945, il riconoscimento del suo eroismo partigiano. Non la Legion d’onore di prima categoria, ma il simbolo della Resistenza d’oltrealpe, la Croce di Lorena che da allora compone il vessillo parigino. Viceversa, la riconoscenza della Repubblica italiana agli atti di rivolta dei romani ha avuto una interminabile gestazione, ben 74 anni. Nessuna contestazione delle sofferenze e delle persecuzioni subite dalla popolazione, dalla retata del ghetto all’eccidio delle Fosse Ardeatine, bensì pregiudizi e decennali polemiche strumentali sull’atteggiamento fatalista e rassegnato dei romani. Famosi partigiani ed esponenti comunisti di primo piano come Giorgio Amendola sostenevano che: «la grande maggioranza della popolazione romana era attesista, ben decisa a lasciare passare le settimane e i mesi prima dell’arrivo degli alleati senza farsi trascinare in faccende rischiose. Tutti, tranne qualche spregevole eccezione, si facevano i fatti loro».
Oggi cultura, letteratura e politica dell’antifascismo hanno ricostruito il clima e la storia di quei giorni. Così, con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a Roma è stata conferita, finalmente il 25 aprile 2019 (anniversario della Liberazione), la medaglia d’oro al valor militare per le sue lotte di Resistenza nei 9 mesi di occupazione, sintonizzandole con le epopee del Risorgimento.
Ecco le motivazioni del Capo dello Stato: «La Città eterna, già centro e anima delle speranze italiane nel breve e straordinario tempo della Seconda Repubblica romana, per 271 giorni contrastò l’occupazione di un nemico sanguinario ed oppressore con sofferenze durissime. Più volte Roma nella sua millenaria esistenza aveva subito l’oltraggio dell’invasore, ma mai come in quei giorni il suo popolo diede prova di unità, coraggio, determinazione. Nella strenua resistenza di civili e militari a Porta San Paolo, nei tragici rastrellamenti degli ebrei e del Quadraro, nel martirio delle Fosse Ardeatine, nelle temerarie azioni di guerriglia partigiana, nella stoica sopportazione delle più atroci torture nelle carceri di via Tasso e delle più indiscriminate esecuzioni, nelle gravissime distruzioni subite, i partigiani, i patrioti e la popolazione tutta riscattarono l’Italia dalla dittatura fascista e dalla occupazione nazista». (giornalistitalia.it)
Romano Bartoloni