BARI – I giornalisti protagonisti di una coraggiosa svolta alla Gazzetta del Mezzogiorno. Ieri pomeriggio, con atto notarile sottoscritto nello studio Amoruso di Bari, hanno costituito la cooperativa «Gazzetta», pronti a diventare i protagonisti della nuova storia del quotidiano di Puglia e Basilicata.
«La giornata di ieri – annuncia, infatti, il Comitato di redazione – rappresenta simbolicamente una porta che si chiude sul passato e il primo passo di un nuovo cammino lungo il quale siamo certi di trovarvi tutti al nostro fianco».
A poche ore dell’azione della Procura di Bari, che ha acquisito nuovi elementi nell’indagine avviata sui bilanci delle società Edisud e Mediterranea, rispettivamente editrice e proprietarie della testata, i giornalisti lanciano «una sfida importante» dicendosi «pronti ad affrontarla con lo stesso spirito, con la stessa tenacia con la quale abbiamo resistito durante gli anni di gestione «manageriale» sui quali adesso l’ultima parola spetta alla magistratura, e poi durante i venti mesi di commissariamento».
«La “Gazzetta” – ricorda il Cdr – è un patrimonio collettivo, dei giornalisti che la pensano e la realizzano ogni giorno insieme agli altri lavoratori del giornale, nonché dei lettori che la acquistano e leggono e dei territori che si specchiano nelle pagine cartacee e web prodotte quotidianamente».
La Redazione «non consentirà a nessuno di speculare su questo momento di difficoltà per asservire ad altri interessi un valore che appartiene alla storia della Puglia e della Basilicata ed è l’essenza del nostro lavoro. Vigileremo con attenzione sul futuro e continueremo a scavare senza sosta sul passato, a cominciare dalle ultime concitate settimane durante le quali sembrerebbe che alcuni computer in uso all’amministrazione di Edisud e Mediterranea siano stati ripuliti trasferendo informazioni su «chiavette usb», se non spostati altrove. Settimane durante le quali il lockdown ha reso non a norma l’ottavo piano di piazza Moro 37 dove da gennaio sono stati concentrati sia gli uffici amministrativi che la redazione e la tipografia».
«Mentre la gran parte dei giornalisti era in modalità telelavoro, – denuncia il Comitato di redazione – la quasi totalità della componente amministrativa e dei consulenti aziendali ha continuato ad occupare le scrivanie, consultare archivi, utilizzare computer. Continueremo a scavare anche sugli anni delle consulenze a società di Firenze, Bologna e Bari incaricate di occuparsi di progetti di marketing multimediale che non hanno prodotto risultati, o si sono rivelati fallimentari. Oppure sul depauperamento di prodotti editoriali di successo come GazzettAffari che una volta trasferiti sul web, su impulso dei consulenti esterni, sono stati lasciati alla deriva. La “Gazzetta” è proiettata verso il futuro, ma pronta a fare i conti con il passato».
«La scelta della cooperativa – ricorda Giuseppe Mazzarino, storico componente del Comitato di redazione della Gazzetta del Mezzogiorno dal 1989 al 2012 – consentì nel 1978 (io c’ero) di non far mancare il giornale in edicola, neanche per un giorno.
Che poi la “privatizzazione”, prima della gestione (già scelta nefanda), poi della proprietà (scelta criminale) sia stata una sciagura, è tutta un’altra storia…».
«Nel 1978 – ricorda, dal canto suo, Antonello Ambruosi – dalle stelle alle stalle: dalla gloria della cooperativa che creammo per conservare in edicola il Giornale (ancora più nostro, senza padroni e censure) al nuovo gestore e poi padrone. L’abbattimento dell’edificio della storica sede (un delitto che rimarrà alla storia) sino ai tragici risultati dei giorni nostri. Qualcosa bisognerebbe inventarsi per proteggere i giornali». (giornalistitalia.it)