ROMA – Quel che conta è tutto lì, nella memoria. Da giornalista faccio una cosa che lascia interdetti molti. Durante le interviste non registro e non prendo appunti. Parlo, ascolto. Anzitutto penso che l’interlocutore sia più a suo agio (anche se spesso dopo un po’ domanda: “Quando comincia l’intervista?”).
Una volta tornato a casa o in albergo, solo allora apro un taccuino e scrivo parole, una per ogni concetto o frase che intendo riportare. Mi affido alla memoria come selezione: quello che non trattiene, evidentemente non valeva la pena di essere riportato.
Gabriele Romagnoli
giornalista, scrittore e sceneggiatore
(da “Solo bagaglio a mano”)