TORINO – “iBreviary”? Un successo da diversi milioni di utenti. Sicuramente un fenomeno planetario perché grazie alle nove lingue con cui l’app si può scaricare, ha varcato confini e oceani.
Dalla Nuova Zelanda dove sono sempre di più i sacerdoti che dicono Messa con l’iPad alle terre di lingua araba dove l’app apre una porta digitale alla libertà religiosa.
Don Paolo Padrini è l’ideatore del progetto “iBreviary” (che ora ha anche un sito internet: www.ibreviary.org). Classe 1973 si presenta come “un appassionato di tecnologia” ma anche e soprattutto parroco della parrocchia di S. Giorgio in Stazzano, nel sud del Piemonte, “perché non potrei mai richiudermi tra le scartoffie di un ufficio”.
Come nasce l’idea di un’app per iPhone e iPad da cui scaricare Liturgia delle Ore, messale, preghiere e rituali?
“L’idea parte da lontano. Si tratta quindi un’applicazione ormai storica. L’idea mi è venuta molto semplicemente. Il 2008 era l’anno in cui è sbarcato in Italia il primo iPhone. Ricordo che quando l’ho preso in mano, mi sono accorto che quel telefono avrebbe cambiato la storia della comunicazione online. Quell’anno in America la prima pubblicità uscita per l’iPhone diceva che c’era un’applicazione per tutto. Da comunicatore mi sono detto che in quel tutto non ci potevano non essere la preghiera e il breviario”.
A quanti download è arrivato oggi l’iBreviary?
“Abbiamo letteralmente perso il conto. Posso comunque dire che attualmente abbiamo diversi milioni di utenti nel mondo. Tra applicazioni per Android, per iPhone e per iPad abbiamo una media di circa 3.000/3.500 download alla settimana”.
Chi è l’utente medio? Saranno sicuramente giovani sacerdoti?
“Magari ci fossero 3mila sacerdoti giovani che alla settimana si scaricano il breviario. Non siamo purtroppo così tanti. A parte gli scherzi: dalle mail che mi arrivano ho la percezione che l’utente sia genericamente ‘il cattolico’. So che ci sono vescovi che hanno l’applicazione. E aggiungo anche che quando è mancato il cardinale Martini, un suo assistente che era un sacerdote che lo assisteva nella casa dei gesuiti dove lui è morto, mi ha mandato un messaggio confidandomi che il cardinale Martini riusciva a pregare negli ultimi anni di vita nei quali faticava moltissimo a leggere, grazie ad iBreviary. Se non ci fosse stato l’iBreviary, il cardinale avrebbe dovuto rinunciare alla preghiera letta”.
Adesso in quante lingue offrite l’app?
“In nove lingue: italiano, latino – e il latino nella forma prevista con il Motu Proprio di Benedetto XVI – inglese, francese, spagnolo, portoghese, rumeno, turco e arabo”.
Perché la scelta dell’arabo?
“È stata una scelta faticosa. Abbiamo due frati della custodia di Terra Santa che sono di lingua madre araba che stanno digitalizzando tutti i testi e questo implica un lavoro enorme. La lingua araba è stata fortemente voluta con lo scopo preciso di dire innanzitutto che i cattolici nei Paesi di lingua araba esistono e devono avere la libertà di poter esistere ma anche di consolidarsi. La preghiera ha un valore anche di costruzione di una comunità. Il fatto di dare a queste popolazioni la possibilità di pregare in arabo, che è la loro lingua madre, significa aprire una porta – ovviamente di tipo digitale – alla libertà religiosa. Ci sono Paesi di lingua araba che hanno lo store di iTunes sull’iPhone e dove, allo stesso tempo, si rischia l’arresto se si possiede anche in casa una Bibbia o un libro di preghiera. In questo modo, grazie ad iBreviary, la preghiera diventa anche luogo della convivenza: perché gli arabi cattolici devono pregare in inglese, collocandosi fuori dalla loro stessa cultura? L’idea invece che un arabo cattolico preghi in arabo, è un forte segno di convivenza pacifica”.
Come è stata accolta questa scelta? E si può risalire ad oggi a quanti hanno scaricato l’applicazione in lingua araba?
“Ci sono persone che mi hanno scritto per ringraziarci dicendo: ‘Hai detto che ci siamo anche noi’. Rispetto alle applicazioni scaricate è ad oggi ancora impossibile dare una quantificazione intanto perché, al momento, siamo solo su iPhone e i numeri grossi si vedranno quando fra un mese o due saremo anche sulle altre piattaforme. Posso solo dire che negli ultimi tre/quattro giorni abbiamo raddoppiato i download nuovi da quando è uscita l’applicazione in lingua araba”.
E dopo l’arabo che orizzonti nuovi vi prefiggete?
“L’operazione dell’arabo è ancora lunga perché dobbiamo andare su iPad e poi su Android, per cui si concluderà almeno tra tre mesi, senza contare il lavoro dell’inserimento dei testi. La meta è arrivare a offrire un’applicazione ad ogni Stato. La speranza è che il prossimo passaggio sia il cinese”.
Maria Chiara Biagioni (www.agensir.it)