LONDRA (Gran Bretagna) – La polizia britannica ha annunciato di aver arrestato nel centro di Londra il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, dopo che l’Ecuador gli ha revocato l’asilo e l’ambasciata di Quito a Londra lo ha espulso dall’edificio. L’intervento delle forze dell’ordine è stato richiesto dall’ambasciatore ecuadoregno, in seguito alla revoca dell’asilo. Sulla carta, il mandato di arresto deriva dalla violazione degli obblighi legati alla cauzione in merito a un’accusa di violenza sessuale da parte di una donna svedese. Ma è evidente che Assange interessa alle autorità per tanti altri motivi, e non solo a quelle britanniche.
«Julian Assange è stato arrestato per aver violato la libertà condizionale (quando nel 2012 entrò nell’ambasciata, non presentandosi davanti al magistrato) ma anche per una richiesta di estradizione degli Usa», scrive infatti su Twitter Jen Robinson, componente del team legale dell’attivista, aggiungendo che la richiesta di estradizione fu “emessa nel 2017, per cospirazione con Chelsea Manning”, la ex militare Usa che trafugò documenti riservati e li consegnò a Wikileaks.
Assange si è dichiarato non colpevole dell’accusa di aver violato i termini della libertà provvisoria concessagli dalla giustizia britannica e di non essersi presentato davanti alla corte di Westminster nel giugno 2012, quando decise di rifugiarsi nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.
May: «Nessuno è al di sopra della legge»
“Nel Regno Unito nessuno è al di sopra della legge”, ha detto la premier, ribadendo quanto già detto dal suo ministro degli Esteri, Jeremy Hunt. May ha anche ringraziato la polizia britannica per aver dimostrato “grande professionalità”.
Assange, 47 anni, risiedeva nell’ambasciata dal 2012. I poliziotti hanno agito con un mandato d’arresto emesso dalla corte di Westminster nel 29 giugno 2012. Il fondatore di Wikileaks, fa sapere la polizia, è stato portato in commissariato “dove resterà, prima di essere portato di fronte alla corte di Westminster non appena sarà possibile”. Gli Stati Uniti sono pronti a processarlo e a valutare quale sia stato il ruolo del portale specializzato nella pubblicazione di documenti governativi riservati nel Russiagate.
“L’arresto di Assange, dopo 7 anni di ingiusta privazione di libertà, è una inquietante manifestazione di insofferenza verso chi promuove trasparenza e libertà come WikiLeaks”, ha scritto l’esponente su Twitter il sottosegretario agli Esteri M5s, Manlio Di Stefano, “amici britannici, il mondo vi guarda, l’Italia vi guarda. Libertà per Assange”.
Per Mosca è un “duro colpo per la democrazia”
Il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova ha parlato di un “duro colpo per la democrazia. La mano della democrazia strangola la gola della libertà”, ha scritto lapidaria su Facebook la portavoce, lanciando in modo indiretto una critica alla Gran Bretagna. “Non posso dire nulla al momento”, ha poi dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, “di certo speriamo che tutti i suoi diritti saranno rispettati”.
La settimana scorsa Wikileaks aveva lanciato l’allarme sostenendo che a breve Assange sarebbe stato cacciato dall’ambasciata e quindi arrestato dalle autorità britanniche. Quito si era rifiutato di commentare la notizia ma il ministro degli Esteri, Jose Valencia, aveva fatto sapere che il governo stava riesaminando l’asilo che gli era stato concesso.
Ieri Wikileaks aveva denunciato che il suo fondatore è stato oggetto di una sofisticata operazione di spionaggio all’interno dell’ambasciata, al fine di espellerlo o estradarlo. Il direttore, Kristinn Hrafnssonnon, non ha fornito prove delle sue affermazioni ma ha segnalato che lo “sfratto” di Assange sarebbe potuto avvenire in qualunque momento. (agi)
LA FNSI «LA IFJ APRA UN’INCHIESTA INDIPENDENTE»
«Ciascuno può avere il giudizio che crede su Julian Assange e sulla vicenda WikiLeaks, ma quello che non è accettabile è che ad Assange venga all’improvviso revocato l’asilo politico e che il giornalista sia stato prelevato dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra e corra ora il rischio di essere estradato e processato negli Stati Uniti, mentre tutti coloro che hanno mentito all’opinione pubblica, falsificato documenti, truccato i dossier internazionali che portarono alla guerra in Iraq e che hanno tentato di imbavagliare la libera informazione non sono mai comparsi né mai compariranno di fronte ad alcun tribunale.
La Fnsi chiederà alla Federazione internazionale dei giornalisti di aprire un’inchiesta indipendente che faccia luce su quello che è accaduto, a tutela della libertà di informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati». Lo affermano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana.