PERUGIA – Il presidente americano Donald Trump, con i suoi tweet, è considerato una fonte di informazione affidabile da molti americani, più di tante testate rinomate. Eppure a lui non importa nulla della verifica. Allora perché succede questo? È terrificante sapere che le cose vadano così”.
Jay Rosen, professore associato all’Istituto di Giornalismo Arthur L. Carter (New York University), uno dei leader del giornalismo partecipativo, ha parlato del tema “Fare giornalismo è conquistare la fiducia dei lettori” al Festival del Giornalismo di Perugia in un incontro moderato da Mathew Ingram, chief digital writer Columbia Journalism Review.
Un argomento molto sentito dal settore, che tra fake news e esplosione dell’informazione faidate, è alla ricerca di nuovi modelli che consentano di creare un rapporto rinnovato e costruttivo con i lettori.
Secondo Rosen, una parte consistente dell’elettorato ha abbandonato i giornalisti, che non vengono considerati affidabili. Partendo dal modello vincente di The Corrispondent, piattaforma olandese con cui Rosen collabora, la chiave – secondo lo studioso – è quella di estendere questo sistema, che prevede una fidelizzazione dei membri, anche al giornalismo mainstream, creando una progressiva emancipazione dall’inserzione pubblicitaria.
Uno dei modelli è quello del New York Times che punta tutto sui propri abbonamenti, fidelizzando i propri lettori, facendoli sentire parte di una comunità e attirando i lettori casuali. Lo fa sfruttando principalmente due punti di forza: il proprio brand riconosciuto e il talento dei propri giornalisti.
Rosen distingue però l’abbonamento, che è il pagamento di una somma per avere un prodotto, dall’iscrizione, che significa unirsi alla causa perché si crede nel lavoro svolto dalla testata. Diventare membri è una sorta di reazione al cattivo giornalismo.
La fiducia – secondo Rosen – va oltre il principio di credibilità, uno dei dogmi fondamentali della professione giornalistica; la fiducia permette, come dice la parola stessa, di fidelizzare i propri lettori, e costruire con loro un prodotto migliore. Accanto alla verifica dell’informazione, allora, ecco comparire la necessità di coinvolgere il pubblico, farlo riconoscere in ciò che legge, in qualche modo “seguire” quelli che sono i temi e i problemi dibattuti dalla società.
“Nel mondo dell’editoria – sottolinea Rosen – la parte difficile non è restare negli affari, ma rimanere nel giornalismo. Il che significa accettare i suoi vincoli. Porsi delle domande: è successo davvero? Il pubblico ha bisogno di saperlo?”.
Avere degli sponsor può in teoria minare la credibilità di un’azienda, ma – sottolinea Rosen – “è anche vero che si possono educare gli sponsor, mettere in chiaro che il loro rapporto con la testata con li renderà immuni da critiche”.
Quanto al tema della sostenibilità delle imprese editoriali, Rosen non ha una ricetta definitiva: la chiave – dice – è in un mix di ricavi da più fonti. (ansa)
Al Festival di Perugia lo studioso ha tracciato la strada per il riscatto del settore in crisi