GERUSALEMME (Israele) – Ieri le autorità israeliane hanno disposto il rilascio della giornalista palestinese Samah Ala al-Din Dweik, 25 anni, dopo aver scontato una condanna a sei mesi di carcere, come ha riportato Sawt al-Asra Radio (La Voce dei prigionieri).
Dweik era stata arrestata il 10 aprile scorso a Gerusalemme Est, nel quartiere di Ras al-Amud, con l’accusa presunta di “istigazione” su Facebook. È stata trattenuta senza accuse fino a quando, a luglio, le autorità israeliane hanno confermato la detenzione.
Il resoconto di Sawt al-Asra sottolinea che la politica di Israele, sulla base della quale si arrestano giornalisti palestinesi, viene attuata in violazione delle leggi che riguardano la libertà dei media e di di espressione.
L’emittente radiofonica ha chiesto anche maggiore partecipazione da parte della comunità internazionale per aiutare i prigionieri politici palestinesi, in particolar modo i giornalisti. La radio ha chiesto, inoltre, che il governo israeliano venga ritenuto responsabile per i crimini che commette e per le violazioni della libertà dei media e dei giornalisti palestinesi nei tribunali internazionali.
Il tribunale israeliano di Gerusalemme ha ritenuto Dweik responsabile per aver pubblicato post “di istigazione” sui social media.
Amjad Abu Asab, il presidente del Comitato per le famiglie dei prigionieri di Gerusalemme, nel maggio scorso, aveva riferito a Ma’an che Dweik era stata arrestata dopo aver scritto il proprio “stato” su Facebook ed aver condiviso un’immagine in supporto dei Palestinesi uccisi in quei giorni dalle forze israeliane.
Negli ultimi mesi, Israele ha arrestato molti palestinesi per le loro attività sui social media, sostenendo che l’ondata di disordini scoppiati nello scorso ottobre nei territori palestinesi occupati è stata largamente incoraggiata dall’“istigazione”.
I palestinesi, al contrario, hanno trovato le cause principalmente nella frustrazione e nella disperazione prodotte dalla ormai cinquantennale occupazione militare israeliana dei territori palestinesi e nell’assenza di orizzonti politici.
Nel mese di maggio, il Centro per gli Studi sui Prigionieri Palestinesi (PPCS) ha stimato che almeno 28 donne palestinesi erano state arrestate da Israele a partire da ottobre per presunta “istigazione” sui social media (sei di loro si trovano tuttora in carcere) compresa Dweik.
Il rilascio di Dweik giunge una settimana dopo che due ministri dell’estrema destra israeliana si sono incontrati, lunedì scorso, con i dirigenti di Facebook per cercare di “ridurre al massimo l’istigazione antisemita online” – l’ultimo tentativo dello stato di Israele per cercare di far pressione sui social media perché si coordinino tra loro per rimuovere il contenuto che si considera possa promuovere il “terrorismo”.
Israele aveva già apertamente incolpato Facebook per la crescente proliferazione di istigazioni, con il ministro per la Sicurezza pubblica, Gilad Erdan, che aveva affermato che il presidente e co-fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, aveva “le mani sporche di sangue” per non aver cooperato adeguatamente con Israele per rimuovere alcuni contenuti.
In risposta alle accuse di istigazione contro i palestinesi, il segretario generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Saeb Erekat, ha condannato l’attuale governo israeliano per aver fallito nel “rafforzare una cultura di pace e di coesistenza all’interno della società israeliana”, in una dichiarazione di luglio.
Erekat ha rovesciato il problema, ritenendo responsabile Israele dell’istigazione, dichiarando “il discorso dei funzionari israeliani rafforza l’odio, il razzismo e l’attitudine discriminatoria nei confronti dei palestinesi. Il discorso non fa altro che essere rafforzato a causa della protezione istituzionale che viene fornita a coloro che commettono o incitano alla violenza contro i Palestinesi”. (InfoPal)
La palestinese Samah Ala al-Din Dweik era in carcere per un post su Facebook