TEHERAN – (Iran) – È stata condannata a 16 anni di carcere Narges Mohammadi, 44 anni, giornalista e attivista per i diritti umani vicina all’avvocatessa Premio nobel per la pace in esilio Shirin Ebadi. Per la precisione, la condanna a cinque anni le è stata inflitta per “cospirazione”, un anno per “propaganda contro il governo” e 10 per aver sostenuto la campagna per l’abolizione della pena di morte messa al bando dalle autorità di Teheran. Tuttavia, in base a una legge del 2015, in caso di condanna plurima viene fatta scontare quella più elevata.
Dunque, per la Mohammadi si profilano 10 anni di carcere secondo questa nuova sentenza della Sezione 15 della Corte Rivoluzionaria.
Portavoce del Centro per i Difensori dei Diritti Umani fondato da Shirin Ebadi e bandito dalle autorità iraniane nel 2006, Mohammadi è stata a lungo perseguitata e arrestata per il suo attivismo, che si concentra soprattutto sulle campagne contro la pena di morte e contro l’impunità che regna intorno alla violenza di Stato. È celebre il suo sostegno alla madre di Sattar Baheshti, un blogger morto nel 2012 mentre era in custodia dalla polizia del web, che continua a chiedere giustizia per l’uccisione di suo figlio.
Il primo arresto della giornalista e attivista iraniana risale al 10 giugno 2010: dopo una serie di interrogatori e un crollo psicologico, le è stata concessa la condizionale a causa di una paralisi muscolare di cui soffre e che necessita di cure che in carcere non le sarebbero fornite. Condannata due mesi dopo a 11 anni di carcere con l’accusa di “incontro e di cospirazione contro la Repubblica Islamica”, “pubblicità anti-governo” e “collaborazione con il Centro per i difensori dei diritti umani”, la sentenza è stata ridotta a sei anni in appello nel marzo 2011.
Arrestata di nuovo nell’aprile del 2012, è stata condotta una prima volta nella prigione di Evin per cominciare a scontare la pena, ma è stata nuovamente liberata pagando una cauzione di 480 mila euro per sottoporsi a trattamenti medici. Nel corso di un interrogatorio nel giugno del 2014 le era stato notificato il divieto di espatrio. Poi, il 3 maggio scorso, era stata convocata davanti a un tribunale rivoluzionario di Teheran per presunte “attività contro la sicurezza nazionale e pubblicità anti-governativa” a causa delle sue “attività recenti”, soprattutto la campagna contro la pena capitale largamente utilizzata dalle autorità di Teheran. Shirin Ebadi, con una serie di appelli e una lettera, ha già mobilitato l’Onu per la sua liberazione.
Dovrà scontarne “solo” 10 per aver sostenuto la campagna contro la pena di morte