REGGIO CALABRIA – Il Consiglio direttivo del Gruppo Cronisti Calabria “Franco Cipriani” reputa grave quanto emerso oggi in un articolo del quotidiano “Domani”, secondo cui la Procura di Locri ha intercettato almeno 33 giornalisti che si sentivano con l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, imputato nel processo “Xenia”.
Secondo il gruppo calabrese dell’Unci, presieduto da Michele Albanese, «si è adottato il “metodo Trapani” anche per l’indagine condotta dalla Guardia di Finanza sulla gestione, a Riace, dei progetti di accoglienza dei migranti. Non si spiega in altro modo il motivo per il quale nel fascicolo del processo a Mimmo Lucano ci siano i nomi di tutti i giornalisti con cui l’ex sindaco parlava al telefono o si incontrava. Giornalisti che si rivolgevano a Lucano per capire cosa stava succedendo a Riace e per intervistarlo».
Dai giornalisti del Fatto Quotidiano a quelli dell’Ansa passando per Famiglia Cristiana, Tv Svizzera, la Repubblica, Quotidiano del Sud, Rai, Mediaset, La7, Corriere della Calabria e Gazzetta del Sud. C’erano tutti e le loro conversazioni sono state riportate nel fascicolo assieme a quelle intercorse tra Lucano e il suo avvocato. Ma pure quelle con tre magistrati e, addirittura, quelle con la portavoce dell’allora presidente della Camera, Laura Boldrini.
I loro nomi e i loro numeri di telefono sono, quindi, a disposizione di tutti perché finiti nei brogliacci dove sono state anche trascritte le intercettazioni e le interviste rilasciate da Lucano ai giornalisti e che nulla hanno a che vedere con le indagini.
«Sia chiaro – sottolinea Albanese – che l’Unci Calabria ritiene che quelle intercettazioni, eseguite dalla Guardia di Finanza, siano legittime perché evidentemente un giudice, su richiesta del pm, le ha autorizzate. Quello che l’Unci Calabria, però, non concepisce è il motivo per cui, una volta intercettati i giornalisti e una volta accertato che stavano semplicemente facendo il loro lavoro, quelle conversazioni siano state trascritte e riassunte per poi essere riversate negli atti del processo».
«La sensazione – conclude il direttivo dei cronisti calabresi – è che si sia voluta ricostruire la rete di giornalisti con i quali Lucano si sentiva. È il caso di ricordare che la tutela delle fonti e il metodo di lavoro dei giornalisti sono un valore da salvaguardare. Inoltre, perché registrare un giornalista che per telefono intervista un imputato e, in questo modo, conoscere il giorno prima della pubblicazione il contenuto dell’articolo?». (giornalistitalia.it)