ROMA – Il diritto-dovere dei giornalisti di informare è di nuovo minacciato. Cambiano i governi, ma dal centrodestra al centrosinistra non cambia la volontà di liquidare con un bavaglio il tema delle intercettazioni. L’errore di sempre è quello di credere che sia necessaria la strada della censura per impedire gli abusi, e non piuttosto quella di ragionevoli sanzioni.
Non c’è da parte del mondo politico la serenità necessaria per coniugare il diritto di cronaca e gli strumenti corretti d’indagine dell’attività giudiziaria con il diritto dei cittadini alla riservatezza. Un punto d’equilibrio è possibile, e si tratta di diritti fra loro meno conflittuali di quanto si voglia far credere.
Il delegare al governo questa complessa e delicata normativa dimostra l’inadeguatezza nell’affrontare un tema di centrale importanza per la vita democratica. Ma l’approvazione alla Camera del ddl per la riforma del processo penale ha dato il via libera definitivo alla delega al governo sulla disciplina delle intercettazioni.
Il voto della Camera ha la data del 23 settembre, una data che per i cronisti riporta alla memoria un doloroso anniversario. Trent’anni fa moriva Giancarlo Siani, un eroe civile, il cronista senza contratto ucciso dalla camorra.
La legge delega sulle intercettazioni è una strada sbagliata e pericolosa. Il Sindacato cronisti romani non ha mai chiesto l’impunibilità dei giornalisti, e ritiene il diritto alla riservatezza dei cittadini estranei ai procedimenti penali una tutela corretta. Ma la riservatezza ha una sua gradualità di tutele: se l’estraneo ai procedimenti penali è un amministratore, quindi una personalità pubblica, è evidente che non si possano invocare gli stessi diritti di uno sconosciuto. Eppure con la nuova legge che si sta profilando le intercettazioni di chi è “occasionalmente coinvolto” non saranno più pubblicabili.
Abusi sono possibili e si sono verificati in passato, anche se non nella misura che denunciano i sostenitori di una stretta sulla normativa. Ma ci sono già gli strumenti di legge e disciplinari per punire i cronisti che male interpretano il loro diritto/dovere.
Ci sono comportamenti e dichiarazioni di esponenti della politica che, diffusi dai mezzi d’informazione anche se privi di rilevanza penale, hanno descritto con efficacia il costume e il malcostume del Paese. C ‘è un interesse collettivo che va tutelato.
Il cronista è al servizio del cittadino, e questo suo ruolo è già regolamentato; porre nuovi paletti e censure è pericoloso e inadeguato anche per lo scopo che si dichiara di voler perseguire, e cioè la difesa della riservatezza. E le costanti rassicurazioni sulla libertà di stampa e il diritto di cronaca non sono sufficienti a tranquillizzare chi, come il Sindacato cronisti, deve vigilare sulle costanti tentazioni di un’informazione addomesticata.
I Cronisti romani sono allarmati, perché la delega al governo è una delega per un bavaglio possibile. Una delega potente, proprio quando c’è necessità di maggiori tutele all’informazione.
Il Sindacato Cronisti Romani: “Porre nuovi paletti è pericoloso e inadeguato”