MILANO – “La gestione dell’Istituto è stata fallimentare, dovete andare a casa”, tuona chi vuole la ‘svolta’ all’Inpgi. Entriamo nel merito, così i colleghi possono meglio giudicare.
Oggi i giornalisti pensionati sono quasi la metà dei contribuenti attivi all’Inpgi 1. In pochi anni si sono persi 3.000 posti di lavoro, il 15 per cento, sei volte di più dell’intero mercato del lavoro nazionale. C’è stata una crescita abnorme al ricorso degli ammortizzatori sociali: nell’ultimo anno più di 6.000 colleghi sono stati messi in solidarietà, cassa integrazione, disoccupazione. Meno occupati, più pensionati, più erogazioni per gli ammortizzatori sociali hanno appesantito di molto i bilanci. Il disavanzo previdenziale è stato meno di 30 milioni nel 2013; di oltre 80 milioni nel 2014 ed è stimato in 100 milioni nell’assestamento 2015.
Il bilancio dell’Inpgi, però, non è composto solo dalla gestione previdenziale (entrate contributive e relative uscite per pensioni e prestazioni varie): è composto anche della gestione patrimoniale. E sono proprio i rendimenti efficaci del patrimonio immobiliare ma soprattutto di quello mobiliare-finanziario, che in tutti questi anni hanno permesso di mantenere in equilibrio i conti dell’Istituto, tanto che anche nel 2015, secondo il bilancio d’assestamento, è previsto un leggero avanzo.
Va ricordato che, negli ultimi otto anni, la gestione patrimoniale dell’Inpgi ha generato rendimenti per oltre 500 milioni di euro: soldi veri, che sono serviti anche a pagare le pensioni e gli ammortizzatori sociali. Ciò dimostra che c’è stata una gestione oculata e intelligente, altro che fallimentare!
L’Inpgi è stato l’unico argine alla crisi che ha investito la categoria, dando ai giornalisti un valido sostegno: la spesa a carico dell’Istituto è stata, mediamente, di 40 milioni di euro l’anno per solidarietà, disoccupazione e Cassa integrazione, cui se ne assommano altrettanti per i contributi figurativi. Il costo totale per l’Istituto negli ultimi cinque anni è stato di circa 400 milioni di euro. Tutto questo è stato possibile grazie all’oculata gestione del patrimonio.
Ma la gestione previdenziale, in un mercato del lavoro che non riprende in modo significativo, ha reso necessaria una manovra per garantire il futuro delle pensioni. È la manovra che coinvolge anche i pensionati, ma solo in misura temporanea (per cinque anni). È stata varata dal Cda il 27 luglio 2015: non è stata votata dai rappresentanti di ‘Inpgi Futuro’ perché in disaccordo sul prelievo sulle pensioni. I loro alleati di ‘Inpgi la svolta’ sostengono che l’intervento andava fatto prima, senza dire una parola se il prelievo ai pensionati andava proposto oppure no. E poi, la manovra non è stata bocciata come si è scritto urlando, è semplicemente in attesa di valutazione congiunta da parte del ministero del Lavoro e di quello dell’Economia.
Infine la bufala dell’accusa al vertice dell’Inpgi che sarebbe stato a conoscenza del documento del Ministero del Lavoro e l’avrebbe tenuto segreto. Chi lo sostiene dimostra di non saper leggere: il documento del Ministero del Lavoro era indirizzato a quello dell’Economia, non all’Inpgi. Pensavano di avere fatto lo scoop invece hanno fatto una figuraccia.
L’Inpgi ha superato momenti difficili e ha tracciato un futuro credibile. Non sarà certo uno slogan da campagna elettorale a rendere ciechi i colleghi.
Giovanni Negri