TRIESTE – La messa in sicurezza dell’Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani è ancora lontana da raggiungere, ma un passo in avanti è stato fatto. Con l’emendamento sottoscritto dai parlamentari Filippo Sensi, Debora Serracchiani e Antonio Viscomi si stabilisce per la prima volta il parziale ristoro di quanto l’Inpgi sta facendo dal 1951 ad oggi in base alla legge Rubinacci come unico Ente previdenziale sostitutivo dell’Inps.
È un aspetto di non poco conto, che apre un rapporto diverso su vari fronti, anche al tavolo in cui i vertici Inpgi si confrontano con il Governo senza averne prima parlato in Consiglio di Amministrazione o convocato un Consiglio generale per discutere di ciò che intendono fare delle pensioni presenti e future dei giornalisti italiani.
Sentiamo parlare dei tagli richiesti dal Governo ai vertici dell’Inpgi dopo la fallimentare chance dei comunicatori su cui Macelloni & Co. avevano scommesso tutto, senza percorrere ulteriori vie alternative e complementari per arrivare a un confronto governativo e politico su più livelli. Certo, questo emendamento non risolve la questione Inpgi, e d’altronde come potrebbe farlo dopo 10 anni di bilanci in rosso, ma ha aperto i riflettori su una situazione previdenziale complessa. Le colpe non sono solo di chi la sta gestendo negli ultimi anni, ma di una continua erosione del patrimonio dovuta anche ad una errata comunicazione con gli organi dello Stato, quando contemporaneamente alcuni di essi dovevano vigilare sull’istituto stesso…
Vi è, poi, il fatto che i giornalisti che stanno al vertice dell’Istituto, non hanno saputo trasferire alla politica, non solo a quella rappresentata dall’esecutivo, ma anche a quella parlamentare, la reale situazione e le reali necessità: sembra incredibile che l’allarme lanciato negli ultimi mesi a gran voce dalle minoranze dell’Istituto e il crollo dell’ipotesi di allargamento ai comunicatori nel 2021, siano riusciti a stimolare un emendamento che prende per la prima volta in considerazione il tema dei ristori dallo Stato su cassa integrazione, contributi figurativi ecc. Ma cosa si è fatto fino ad ora? Obiettivamente per arrivare a una voragine di 253 milioni di euro ed aver eroso addirittura per 1 miliardo 200 milioni di euro il patrimonio costruito da decenni dai giornalisti italiani, sono stati necessari degli anni.
Serve un confronto a più livelli, non solo governativo, ma anche e soprattutto politico, perché il giornalista non è fatto solo di numeri previdenziali, ma di democrazia e di garanzia della trasparenza dell’informazione nel nostro Paese. Quella democrazia che ci spinge a sostenere con forza l’appello dell’Ordine nazionale dei Giornalisti al Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, per il pieno rispetto degli articoli 21 e 38 della Costituzione. (giornalistitalia.it)
Andrea Bulgarelli
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