“Non era lavoro subordinato”: addio a 556mila euro e condanna a 15mila euro di spese

Inpgi, sulla Gabanelli mazzata dalla Cassazione

Milena Gabanelli nel corso della trasmissione Report sull’Inpgi

ROMA – L’Inpgi perde un’altra causa di lavoro con la Rai. L’ente previdenziale non incasserà nulla dei 556 mila euro per contributi e sanzioni civili relativi all’attività lavorativa giornalistica svolta da Milena Gabanelli e altri 11 collaboratori ed accertata dagli ispettori dell’Inpgi. Lo ha stabilito la Cassazione contestando all’istituto di previdenza di avere “trascurato” che «l’onere della prova del rapporto di credito contributivo non è a carico dell’Inpgi, ma della Rai, in presenza di verbali ispettivi e di dichiarazioni rese dai lavoratori in ordine al loro rapporto di lavoro, atti questi del tutto trascurati».
Ancora una volta la magistratura ha respinto una richiesta dell’Inpgi per ottenere dalla Rai il pagamento di 556 mila euro per contributi previdenziali e sanzioni civili relativi all’attività lavorativa giornalistica svolta da 12 collaboratori, tra i quali Milena Gabanelli, e accertata dagli ispettori dell’ente.
Per la sezione lavoro della Suprema Corte la Rai non dovrà pagare nulla, anzi dovrà riavere anche 15 mila euro di spese legali per il giudizio conclusosi nel “Palazzaccio” di piazza Cavour con l’ordinanza n. 23766 del 28 ottobre scorso, È questo il verdetto finale dei supremi giudici, che conferma, dopo circa 15 anni di causa, le precedenti decisioni del tribunale e della Corte d’appello di Roma.
Dei 12 collaboratori Rai l’unico ad aver poi vinto la causa, con riconoscimento del rapporto di lavoro giornalistico dal 1996, é stato Stefano Maria Bianchi, assistito dall’avvocato Vincenzo Iacovino. Quindi l’Inpgi può tuttora agire in virtù della decisione in cui il giornalista ha dato prova della simulazione dei diversi rapporti di lavoro intercorsi e del dissimulato rapporto giornalistico di fatto svolto dal 1996 ad oggi.  (giornalistitalia.it)

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Cassazione Civile Ord. Sez. Lavoro Num. 23766 Anno 2020
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BUFFA FRANCESCO
Data pubblicazione: 28/10/2020

ORDINANZA

sul ricorso 3972-2015 proposto da:
Inpgi – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola”, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cola di Rienzo 69, presso lo studio dell’avvocato Bruno Del Vecchio, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

contro

Rai – Radiotelevisione Italiana spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Po 25-B, presso lo studio degli avvocati Roberto Pessi, Maurizio Santori, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –

nonchè contro

Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione ex Enpals – Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i lavoratori dello spettacolo;
– intimato –

nonchè contro

Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Ester Ada Sciplino, Giuseppe Matano, Emanuele De Rose, Carla D‘Aloisio;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 10432/2013 della Corte d’appello di Roma, depositata il 14 febbraio 2014 R.G.N. 1246/2009;

RILEVATO CHE:

1. Con sentenza del 14.2.14, la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 28.11.08, che aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo col quale era stato ingiunto alla Rai il pagamento in favore dell’Inpgi della somma di euro 555.925 a titolo di contributi assicurativi e sanzioni civili omessi in relazione all’attività lavorativa resa da dodici collaboratori (Stefano Maria Bianchi, Andrea Scazzola, Paolo Serbantini Bini, Raffaello Fabiani, Stefano Coletta, Sara Veneto, Milena Jole Gabanelli, Stefania Quattrone, Erminia Alessandra D’Asaro, Anna Pagliara, Rita Pedditzi), attività qualificata di lavoro giornalistico a seguito di accertamento ispettivo.
2. In particolare, la corte territoriale riteneva che l’Inpgi non aveva provato – come era suo onere – i fatti costitutivi del credito contributivo, e segnatamente la sussistenza di un rapporto di lavoro giornalistico subordinato, non essendo a ciò sufficienti i verbali ispettivi prodotti e le dichiarazioni dei lavoratori ivi contenute; secondo la corte territoriale, infatti, dall’esame della complessiva prova testimoniale acquisita non emergeva la prova – per alcuni lavoratori – della sussistenza dei caratteri propri della subordinazione dei rapporto di lavoro e la prova – per altri lavoratori – della natura giornalistica dell’attività.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Inpgi per due motivi, cui resiste la Rai con controricorso, mentre l’Inps è rimasto intimato.

CONSIDERATO CHE:

4. Con il primo motivo di ricorso l’Inpgi deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata trascurato che l’onere della prova del rapporto di credito contributivo non è a carico dell’Inpgi ma della Rai, in presenza di verbali ispettivi e di dichiarazioni rese dai lavoratori in ordine al loro rapporto di lavoro, atti questi del tutto trascurati.
5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. – omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, fatto consistente nel non considerare quanto raccolto dagli ispettori verbalizzanti.
6. Il primo motivo è infondato in quanto non vi è violazione delle disposizioni normative richiamate; infatti, la Corte d’Appello non ha omesso di esaminare il verbale ispettivo e di valutarne l’efficacia probatoria, ma ha espressamente valutato la portata del verbale ispettivo e delle dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori, escludendone una efficacia probatoria sia in relazione alle modalità con le quali tali dichiarazioni sono state rese sia in relazione alla prova testimoniale assunta in giudizio dai medesimi lavoratori.
7. Non sussiste violazione delle norme sull’onere della prova in quanto l’onere della prova del presupposto della nascita del rapporto contributivo è dell’Inpgi, e va soddisfatto mediante l’intero materiale probatorio raccolto nel processo e non solo attraverso i verbali ispettivi.
8. Il secondo motivo è inammissibile, sia perché generico (non richiamando esso specifici fatti ma genericamente il verbale ispettivo), sia perché comunque non si tratta di aspetti decisivi per il giudizio, dal momento che ciò che rileva ai fini dell’inquadramento dei dipendenti e della configurazione dell’obbligo contributivo è il concreto atteggiarsi dei rapporti di lavoro e non invece le sole risultanze del verbale ispettivo. Tali risultanze sono state comunque in concreto considerate dalla corte territoriale, e le censure mosse dall’istituto ricorrente sono sostanzialmente volte ad ottenere il riesame del merito della controversia, operazione questa preclusa in sede di legittimità (tra le tante, in materia di attività giornalistica, Cass. Sez. L, Sentenza n. 13814 del 27 maggio 2008).
9. Il ricorso deve dunque essere rigettato.
10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore della sola parte costituita.
11. Si dà infine atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della Rai delle spese, che si liquidano in euro 13.000 per competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. (giornalistitalia.it)

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