ROMA – Può essere certamente definita “storica” la sentenza-trattato con cui le Sezioni Unite Civili della Cassazione, presiedute da Giacomo Travaglino, hanno definitivamente affermato che in presenza di svolgimento di attività giornalistica l’iscrizione all’Inpgi 1 ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto.
L’importante decisione (è la n. 21764 del 29 luglio 2021) ha praticamente valore di legge perchè è stata emessa dal supremo organo interpretativo del diritto in Italia e risolve, così, una controversa questione che si trascinava da anni, riguardante il versamento di contributi previdenziali dovuti da giornalisti dipendenti da uffici stampa pubblici e privati. D’ora in avanti i loro contributi non potranno più essere versati all’Inps, ma dovranno essere pagati esclusivamente all’ente di via Nizza.
È stato così risolto anche un contrasto interpretativo sorto all’interno del “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma. È una decisione di enorme rilievo e di grande attualità per l’istituto intitolato alla memoria di Giovanni Amendola. Viene, infatti, ricostruita passo passo l’intera storia dell’Inpgi a cominciare dalle casse pie di previdenziali di fine Ottocento alla nascita ufficiale dell’ente nel 1926 da una “costola” della Fnsi alle leggi Rubinacci del 1951 e Vigorelli del 1955 che hanno riconosciuto l’Inpgi come unico ente previdenziale privatizzato sostitutivo dell’Inps.
In particolare, la Suprema Corte nelle 36 pagine della motivazione, redatte dal consigliere Caterina Marotta, ha fissato due fondamentali principi di diritto:
1) “deve essere considerata giornalistica l’attività svolta nell’ambito dell’ufficio stampa di cui alla Legge 150/2000 per il quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle OO.SS. dei giornalisti”;
2) “in presenza di svolgimento di attività giornalistica l’iscrizione all’Inpgi ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica e privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto”.
La pronunzia dei supremi giudici dovrà essere attentamente esaminata dalla speciale Commissione tecnica istituita nei giorni scorsi a palazzo Chigi a seguito della conversione del decreto-legge Sostegni bis del governo Draghi che dovrà, entro il 20 ottobre prossimo, trovare le migliori soluzioni per risolvere la grave crisi di liquidità che sta attraversando l’Inpgi 1, tenendo anche conto di quanto ha autorevolmente affermato, l’altro ieri, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ritiene «ragionevole la garanzia pubblica assicurata a tutti i lavoratori dipendenti anche per le pensioni dei giornalisti iscritti all’Ordine e dunque chiamati a svolgere un’attività racchiusa nell’ambito di specifiche regole deontologiche».
I componenti della Commissione tecnica dovranno studiare a fondo questa sentenza perché il verdetto della Cassazione può costituire potenzialmente un’enorme boccata di ossigeno per le casse dell’Inpgi1 con il trasferimento dall’Inps – in molti casi anche con 5 anni di arretrati per ogni giornalista – i contributi erroneamente incassati.
Insomma, è una grande vittoria per l’Inpgi 1, che era assistito dal proprio ufficio legale interno diretto dall’avv. Elisabetta Angelini, coadiuvato dagli avvocati Gavina Sulas e Marco Petrocelli, in quanto sono stati sostanzialmente convalidati i verbali dei propri ispettori di vigilanza ed è stato riconosciuto il corretto adempimento contributivo nei confronti dell’Inpgi 1 da parte di qualsiasi datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze giornalisti che svolgono attività giornalistica.
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava il ricorso proposto dall’Asl di Pescara che aveva contestato il verbale ispettivo dell’Inpgi con il quale erano stati richiesti contributi previdenziali per circa 140 mila euro, per il periodo 1° gennaio 2001 – 31 dicembre 2006, per due giornalisti pubblicisti, rispettivamente, responsabile ed addetto dell’ufficio stampa dell’Azienda ospedaliera.
Il Tribunale di Roma aveva accolto l’impugnativa dell’Asl, ma la Corte d’Appello di Roma aveva ribaltato il verdetto dando pienamente ragione all’Inpgi 1. Su ricorso dell’Usl, il caso è stato esaminato nell’autunno scorso dalla Sezione lavoro della Suprema Corte che ritenuto opportuno rivolgersi alle Sezioni Unite, ritenendo la questione di diritto di particolare rilievo generale.
Giovedì è arrivato il responso finale: la Cassazione, su conforme parere del Sostituto Procuratore Generale Stefano Visonà, ha risolto una volta per tutte l’intricata questione a favore dell’Inpgi 1: l’attività svolta dagli iscritti all’Albo negli Uffici Stampa non può che essere giornalistica. Si consiglia vivamente a tutti i giornalisti di leggere con molta attenzione l’articolata motivazione della storica sentenza. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Roesler Franz
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