ROMA – Il Consiglio Generale dell’Inpgi, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, ha definitivamente bocciato la proposta di modifica dello Statuto ripresentata dalla maggioranza nella medesima formulazione bocciata il 15 giugno 2022.
Dei 65 aventi diritto al voto, oggi nella sede di via Nizza 35, erano presenti in aula e in videoconferenza 62 consiglieri. Pertanto, considerato che le modifiche allo Statuto richiedono la presenza di due terzi dei componenti del Consiglio Generale e il voto favorevole dei tre quarti dei presenti, il quorum necessario per approvare il nuovo testo richiedeva la maggioranza qualificata di 47 voti.
Considerato l’arroccamento della maggioranza, che ha voluto tentare ancora una volta il colpo di mano, il risultato ha confermato la netta opposizione delle componenti Sos Inpgi per il futuro e Stampa Libera e Indipendente che, alla fine, hanno confermato i 19 No espressi nel giugno 2022, mentre la maggioranza non è riuscita ad andare oltre i 43 voti.
Respinti anche i 5 emendamenti delle opposizioni finalizzati a trovare una soluzione che impedisse l’arrivo del commissario ad acta al quale, a questo punto, verrà affidato dai ministeri vigilanti il compito di redigere il nuovo Statuto.
Singolare anche la bocciatura da parte della maggioranza di un emendamento finalizzato a istituire una «Commissione elettorale composta dai rappresentanti di tutte le liste presenti nel Consiglio uscente» lasciando, così, al direttore generale la scelta del notaio e dei componenti della stessa tra i dipendenti dell’istituto.
Addirittura, nel nuovo stravagante Regolamento Elettorale approvato il 17 gennaio scorso dalla maggioranza e, ovviamente, non sottoposto oggi al voto grazie alla bocciatura dello Statuto, la maggioranza ha tentato di rendere meno trasparente ai giornalisti la vigilanza sulle operazioni elettorali. Se nei seggi istituiti nelle Circoscrizioni delle 20 regioni è stata sempre prevista la presenza di un presidente nominato tra i dipendenti dell’Istituto e degli scrutatori scelti tra i giornalisti, nel nuovo Regolamento che la maggioranza sperava di far approvare, veniva cancellata la presenza dei giornalisti affidando al Cda il compito di designare un notaio, il presidente e quattro scrutatori “scelti tra i dipendenti dell’Istituto”. Operazione, oltre che inaccettabile per la categoria, balzana nei numeri. La “manina” che ha redatto la bozza non ha, infatti, calcolato che per coprire i 20 seggi più il seggio centrale sarebbero necessari 105 dipendenti dell’Istituto. Peccato che i dipendenti rimasti all’Inpgi siano 77 compreso il direttore generale.
Insomma, anche questa volta la maggioranza si è arroccata sulla propria bozza di Statuto ritenuta inaccettabile dalle opposizioni soprattutto su tre punti essenziali: “elezione del Cda e del Consiglio di indirizzo”, che per le opposizioni deve avvenire come per tutte le altre Casse con due votazioni separate; “maggiore trasparenza dell’istituto” e “funzionamento degli uffici di corrispondenza” che, nonostante l’ovvia esclusione della presenza delle parti sociali (Fnsi e Fieg) nel nuovo Inpgi che dovrà occuparsi solo del lavoro autonomo, per la prima volta nella storia la maggioranza ha tentato di istituzionalizzare nelle sedi Fnsi.
Se finora lo Statuto ha previsto che “per ciascuna circoscrizione il Consiglio di Amministrazione provvede alla istituzione di un ufficio di corrispondenza, stabilendone la sede e nominandone il fiduciario”, la maggioranza ha, dunque, tentato il colpo di mano tentando di istituzionalizzare in esclusiva, con il coordinamento della Fnsi, gli uffici locali dell’Istituto nelle sedi delle Associazioni Regionali di Stampa federate alla Fnsi e, di conseguenza, blindare il flusso di contributi ad un sindacato che dal 28 luglio scorso non è più unico, considerato che è nata la Figec, Federazione Italiana Giornalismo Comunicazione, federata alla Cisal. E nonostante il passaggio della Gestione principale all’Inps, il 1° luglio scorso, nel nuovo Inpgi, destinato esclusivamente ai lavoratori autonomi che, come avviene già in tutte le altre 19 casse privatizzate, esclude la presenza delle parti sociali (Fnsi e Fieg).
Statuto della maggioranza, quindi, bocciato con il voto contrario dei consiglieri di opposizione: Massimo Alberizzi, Francesca Altieri, Romano Bartoloni, Gianluca Boezio, Nicola Borzi, Andrea Bulgarelli, Paola Cascella, Daniele Cerrato, Cristiano Fantauzzi, Vincenzo Lombardo, Michaela Marcaccio, Carlo Parisi, Alfonso Pirozzi, Elena Polidori, Giancarla Rondinelli, Raffaella Salamina, Marina Sbardella, Donato Sinigaglia e Daniela Stigliano.
Adesso, a garantire nel nuovo Statuto l’autonomia dell’istituto, i diritti di tutti gli iscritti e la massima trasparenza nelle operazioni elettorali, dovrà pensarci un commissario ad acta nominato dai ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia e Finanze) grazie al Governo Meloni che ha scongiurato l’automatismo che avrebbe consentito all’attuale presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, di indossare i panni di commissario ad acta e approvarsi da sola lo Statuto, da lei proposto e sostenuto, ma doppiamente bocciato dal Consiglio Generale dell’Inpgi,
A dicembre il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il Governo hanno, infatti, garantito la terzietà dell’Inpgi cancellando dal maxiemendamento approvato dalla Camera dei deputati, con il voto di fiducia, la frase del comma 2 dell’art. 58-bis del “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” denominato “Disposizioni in materia di enti di previdenza di diritto privato”, che prevedeva l’inserimento del comma 116 bis all’art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Ovvero che “decorso inutilmente il termine del 31 gennaio 2023 di cui al comma precedente, i Ministeri vigilanti nominano un commissario ad acta, individuato nella persona del Presidente dell’Ente”». (giornalistitalia.it)