La Cassazione riconosce il rapporto di lavoro subordinato ai giornalisti di Radio Capital

Inpgi recupera 856mila euro di contributi

ROMA – Importante vittoria dell’Inpgi in una causa di lavoro per ottenere dalla società Elemedia il pagamento di 856 mila euro per contributi obbligatori e sanzioni civili relative alle posizioni previdenziali di numerosi giornalisti che avevano prestato la loro attività lavorativa a Radio Capital, compreso l’allora direttore – scomparso un anno e mezzo fa – Vittorio Zucconi.
La sezione lavoro della Cassazione ha definitivamente confermato per tutti i dipendenti la natura subordinata del lavoro svolto, come era stato accertato dal servizio ispettivo dell’ente, condannando la società Elemedia a pagare all’Inpgi, assistito dall’avvocato Gavina Maria Sulas, anche 15 mila euro per le spese legali del giudizio svoltosi nel “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma.
Va, tuttavia, sottolineata ancora una volta la cronica lentezza della magistratura italiana del lavoro, come emerge dalla motivazione dell’ordinanza della Suprema Corte n. 24143 del 30 ottobre 2020 (presidente Antonio Manna, relatore Francesco Buffa).
Infatti, senza considerare il tempo trascorso per il verdetto di 1° grado, ci sono voluti ben 5 anni tra la decisione del tribunale di Roma e quella della Corte d’appello della capitale e addirittura quasi 7 anni tra quest’ultima e quella definitiva della Cassazione! (giornalistitalia.it)

Pier Luigi Roesler Franz

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

Corte di Cassazione Sezione lavoro ordinanza n. 24143 del 30 ottobre 2020 (presidente Antonio Manna, relatore Francesco Buffa)

ORDINANZA

sul ricorso 4172-2015 proposto da:

Elemedia spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini 126, presso lo studio dell’avvocato Maria Cristina Pujati Cervenga, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Alessandra Piana; – ricorrente –

contro Inpgi – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola”, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via Gabriele Camozzi 9, presso lo studio dell’avvocato Gavina Maria Sulas, che lo rappresenta e difende; – controricorrente –

avverso la sentenza n. 7998/2013 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 30 gennaio 2014 R.G.N. 1147/2010.

RILEVATO CHE:

La Corte di Cassazione al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma (Foto Giornalisti Italia)

1. Con sentenza del 30.1.14, la Corte d’Appello di Roma, ha – per la parte che qui rileva, all’esito della cessazione della materia del contendere con riferimento alle posizioni contributive relative ad alcuni lavoratori – respinto l’opposizione della Elemedia Spa avverso decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato alla società il pagamento in favore dell’Inpgi (della somma complessiva originaria di oltre 855.916 euro) dei contributi obbligatori e delle sanzioni civili relative alla posizione contributiva di vari giornalisti che avevano prestato la loro attività lavorativa presso Radio Capital.
2. In particolare, la corte d’appello, confermando sul punto la sentenza del tribunale della stessa sede del 30.6.09, ha affermato la natura subordinata del lavoro dei giornalisti; riformando sul punto la sentenza appellata, la corte d’appello ha ritenuto che anche il rapporto di lavoro di Zucconi Vittorio, quale direttore di Radio Capital, fosse da inquadrare nello schema del rapporto di lavoro subordinato.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso la Elemedia per due motivi, cui resiste con controricorso l’Inpgi.

CONSIDERATO CHE:

4. Con il primo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5 c.p.c. – violazione e falsa applicazione degli articoli 1,2,6 e 35 del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico e dell’articolo 2697 del codice civile e degli articoli 115 e 166 c.p.c., nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia, per avere la sentenza impugnata affermato la subordinazione dei giornalisti in questione (esclusa la posizione relativa a Zucconi, oggetto del motivo di ricorso seguente) sulla base di criteri diversi da quelli ritenuti in giurisprudenza quali indici rivelatori della subordinazione, prescindendo in particolare dalla ricerca della effettiva volontà delle parti, e sebbene fosse rimasto indimostrata la soggezione dei lavoratori al potere direttivo e conformativo datoriale.
5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5 c.p.c. – violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 c.c., 116 c.p.c., e 1, 2, 6 e 35 del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico, nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia, per avere la sentenza impugnata affermato la subordinazione del direttore Zucconi, sebbene lo stesso fosse titolare di altro rapporto di lavoro alle dipendenze del gruppo editoriale L’Espresso s.p.a., e trascurando la qualificazione del rapporto ad opera delle parti quale lavoro autonomo ed il fatto che il lavoratore risiedesse stabilmente a Washington sicché le mansioni di direttore della Radio erano in concreto svolte dal vicedirettore. Nel medesimo motivo di ricorso, la società ricorrente si duole altresì del riconoscimento della subordinazione per la lavoratrice Margonari, per avere la sentenza impugnata attribuito rilevanza al praticantato giornalistico della stessa, in realtà non effettivo ai sensi dell’art. 35 del contratto collettivo di categoria.
6. Il primo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato. Per il profilo denunciato della violazione di legge, infatti, non sussistono le violazioni di legge dedotte, né quelle sulle regole sull’onere della prova, né quelle sul lavoro giornalistico, regole tutte nella specie rispettate, essendo stato attribuito correttamente l’onere della prova all’ente previdenziale ed essendo state applicate le norme contrattuali del lavoro giornalistico in ordine alla qualificazione dei rapporti.
7. La corte territoriale ha valutato – attraverso una complessiva ed equilibrata ponderazione di tutti gli elementi probatori documentali e testimoniali acquisiti al processo – la effettiva natura subordinata dell’attività lavorativa svolta, valorizzando lo stabile inserimento nell’organizzazione datoriale, l’inserimento in turni di lavoro e di ferie, l’obbligo di richiedere autorizzazione per le assenze, il numero di collaborazioni fornite dai lavoratori, la continuità della collaborazione, la disponibilità alle richieste della redazione, l’utilizzazione degli strumenti aziendali con propria postazione fissa, la partecipazione alle riunioni della redazione, la comunicazione del godimento delle ferie, tutti indici di subordinazione; per altro verso, la corte ha escluso la rilevanza delle pattuizioni individuali di qualificazione dei rapporti di lavoro quali autonomi, in ragione del carattere standardizzato dei contratti e del mancato riferimento negli stessi alle modalità concrete di svolgimento dei rapporti lavorativi.
8. Quanto al dedotto vizio di omessa motivazione, va rilevato, unitamente alla conformità sul punto della pronuncia della corte d’appello alla valutazione già operata dal tribunale in primo grado, che nessun vizio motivazionale sussiste, alla luce di quanto già evidenziato al punto precedente.
9. Il secondo motivo deve essere del pari respinto.
10. Quanto al profilo denunciato della violazione di legge, non sussistono le violazioni di legge dedotte, né quella codificata sul lavoro subordinato, né quelle contrattuali sul lavoro giornalistico, né infine quelle processuali probatorie richiamate, avendo la corte territoriale valutato gli elementi probatori documentali e testimoniali acquisiti al processo per desumerne la effettiva natura dell’attività lavorativa svolta dal direttore di Radio Capital.
11. Quanto al vizio di motivazione lamentato, il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato. La deduzione della omessa motivazione sul rilievo del contestuale svolgimento di altro rapporto di lavoro subordinato da parte di Zucconi riguarda fatto non decisivo, posto che la titolarità di altro rapporto di lavoro non implica esclusività, sicché il motivo non rientra nei limiti di cui al novellato art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. La deduzione della omessa considerazione della volontà delle parti del rapporto di lavoro del direttore, per come espressa nel motivo, è del pari inammissibile, sia per difetto di autosufficienza (posto che la ricorrente non ha riportato nel ricorso le parti del contratto individuale di lavoro che sarebbero rilevanti per la questione, impedendo così a questa Corte di verificare la fondatezza del motivo), sia per difetto di decisività (in quanto il nomen juris conferito dalle parti al rapporto non è l’unico elemento rilevante per la qualificazione del rapporto).
Per il resto, la corte territoriale ha valutato le prove raccolte e qualificato il rapporto, sulla base delle risultanze di una effettiva e continuativa prestazione resa dal direttore Zucconi, dandone conto nella ampia e coerente motivazione. Si tratta di valutazione peraltro in linea con il riconoscimento della natura subordinata del lavoro del direttore di testata giornalistica operato dalla giurisprudenza (tra le tante, Cass. Sez. L, Sentenza n. 1542 del 27/01/2016; Sez. L, Sentenza n. 3647 del 24/02/2016), non censurabile in sede di legittimità, essendo l’esito di una disamina del materiale probatorio ed avendo la valutazione del contenuto dell’attività giornalistica natura di accertamento di fatto insuscettibile di essere sindacato in questa sede (Cass. Sez. L, Sentenza n. 13814 del 27/05/2008).
12. Anche le deduzioni relative al rapporto della lavoratrice Margonari vanno respinte, atteso che il motivo non si parametra alla sentenza impugnata ed è quindi per tale profilo inammissibile: infatti, a fronte dell’affermazione contenuta in sentenza, secondo la quale la questione dell’’iscrizione della lavoratrice nel registro dei praticanti e della relativa decorrenza era irrilevante per essere la Margonari divenuta professionista e per aver già svolto un effettivo biennio di praticantato prima dell’inizio del lavoro con Elemedia, la ricorrente torna a dedurre, come già fatto in appello, l’inopponibilità alla società dell’iscrizione nel registro dei praticanti, senza tener conto delle statuizioni della sentenza che fanno riferimento all’effettivo svolgimento dell’attività in questione.
13. Ne deriva il rigetto del ricorso.
14. Le spese seguono la soccombenza.
15. Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Elemedia spa al pagamento in favore dell’Inpgi delle spese di lite, che si liquidano in euro 13.000 per competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 7 luglio 2020.

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