In vista della proroga di ulteriori 6 mesi dello scudo anticommissariamento

Inpgi: pronti i tagli a pensioni e prestazioni

ROMA – È circolata ieri sera la voce, purtroppo non smentita, che il “congelamento” del Commissariamento dell’Inpgi per altri 6 mesi, fino al 31 dicembre 2021, proposto dai deputati Sensi e Pellicani del Pd farebbe parte di un accordo tra l’Inpgi e il Governo che prevederebbe, tra l’altro, la concreta approvazione operativa di una delibera del Cda Inpgi già adottata in linea di principio il 27 gennaio 2021, ma rimasta sinora congelata che prevede una serie di misure a carico degli attivi e dei pensionati.

Pierluigi Roesler Franz

Pertanto, tra pochi giorni il Cda Inpgi si appresterebbe a colpire di nuovo i giornalisti pensionati attraverso:
1) l’introduzione per 5 anni di un contributo straordinario, pari all’1%. Questo contributo per la verità colpirebbe anche i giornalisti in attività, ma essi avrebbero, comunque, in compenso il beneficio di una maggiore contribuzione previdenziale e quindi potrebbero poi recuperare sotto forma di pensione almeno una parte di questo contributo;
2) la rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5.000 euro annui;
3) la sospensione delle prestazioni facoltative (superinvalidità, case di riposo, sussidi);
Per quanto riguarda, invece, i prossimi pensionati verrebbero introdotti abbattimenti percentuali per le pensioni di anzianità liquidate con requisiti inferiori a quelli stabiliti dalla legge Fornero nella misura di 0,25% al mese.

La sede Inpgi in via Nizza 35 a Roma

Tuttavia tra queste misure ve ne sono due che meritano una particolare attenzione:
1) l’introduzione per 5 anni di un contributo straordinario, pari all’1%, a carico dei giornalisti attivi (nella formula di una maggiore contribuzione previdenziale) e pensionati;
2) la rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5.000 euro annui.
A) Per quanto riguarda l’introduzione per 5 anni di un contributo straordinario, pari all’1%, a carico dei giornalisti attivi (nella formula di una maggiore contribuzione previdenziale) e pensionati va rilevato che per molti giornalisti in attività di servizio il proposto contributo straordinario, pari all’1%, non si traduce in un vero e proprio “taglio”, ma di un risparmio differito nel tempo sotto forma di maggiore contribuzione previdenziale.
Viceversa, per i giornalisti pensionati si tratta di un taglio secco della pensione nella misura dell’1% per la durata di 5 anni.
Va anche ricordato che solo una minoranza di pensionati Inpgi 1, cioè quelli andati in pensione dopo il 29 febbraio 2020, non ha ancora subito tagli del proprio vitalizio, né blocchi della perequazione delle pensioni, mentre la stragrande maggioranza dei pensionati ha già subito negli ultimi 10 anni tagli della pensione sotto forma di contributi straordinari e di blocco della perequazione che ha consentito all’Inpgi 1 di poter risparmiare complessivamente circa 65 milioni di euro (circa 125 miliardi di vecchie lire).  E non è poco. Ma ciò non viene quasi mai ricordato. Purtroppo, però, questo “tesoretto” é stato già interamente utilizzato dall’Inpgi 1 per pagare le pensioni. Altrimenti il “buco” di bilancio Inpgi 1 del 2020 avrebbe toccato i 307 milioni di euro (242 milioni “rosso” ufficiale di bilancio + 65 milioni).
Pertanto, la stragrande maggioranza dei pensionati ha già fatto ampiamente la sua parte in favore delle future generazioni di giornalisti. Ma c’é di più.
Infatti, il Consiglio di Stato, con le due sentenze n. 5288 e 5290 del 26 luglio 2019, ha convalidato il taglio triennale sulle pensioni Inpgi 1 superiori ai 38 mila euro lordi l’anno per il periodo 1° marzo 2017 – 29 febbraio 2020 deliberato dal Cda Inpgi e avallato dai ministeri vigilanti del Lavoro e del Mef, ma ha anche affermato che non sarebbe legittima una successiva proroga del termine del prelievo perché «si porrebbe evidentemente in contrasto con il carattere “contingente, straordinario e temporalmente circoscritto” della misura». Come dire, in altre parole, che un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni Inpgi 1, che non sia stato introdotto per legge, violerebbe l’art. 23 della Costituzione.
Questo principio é stato, peraltro, ribadito in via ormai definitiva dalla Cassazione con più di 30 decisioni univoche alla luce di un consolidato orientamento, anche confermato con le più recenti decisioni (n. 31875 del 2018, n. 603/2019; n. 982/2019; n. 9561/2019, n. 16813/2019, n. 16814/2019, n. 29292/2019, n. 27340/2020 e da ultimo n. 28054 e n. 28055 del 9 dicembre 2020, che, respingendo le tesi della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti e della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali, ha affermato che: «In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati non possono adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore» (Cass. n. 31875/2018).
Con decisione n. 603/2019 i supremi giudici hanno ulteriormente rilevato che: «Appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla legge n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un «prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)».
Sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un «criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore; le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Casse, in vista della presente adunanza, non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non considerati in occasione delle svariate volte in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l’orientamento formatosi va confermato ed i motivi devono, pertanto, essere rigettati».

Marina Macelloni e Mimma Iorio, presidente e direttore dell’Inpgi (foto Giornalisti Italia)

In conclusione, non spetta al Cda Inpgi di deliberare, né avrebbe potuto proporre un atto di indirizzo volto a legittimare un nuovo taglio delle pensioni sotto forma di contributo straordinario di solidarietà e per 5 anni – anziché al massimo 3 – , perché la Suprema Corte ha ormai espresso l’avviso che nessun ente previdenziale privatizzato, compreso l’Inpgi 1, che é l’unico sostitutivo dell’Inps in base alla legge Rubinacci del 1951 e alla successiva legge Vigorelli del 1955, possa deliberare un contributo straordinario sulle pensioni essendo questa facoltà riservata solo al legislatore in base all’art. 23 della Costituzione (vedere, ad esempio, l’ultimo taglio delle pensioni Inps superiori ai 100 mila euro lordi l’anno deliberato per legge n. 145 del 30 dicembre 2018 e convalidato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 234 del 9 novembre 2020, che ne ha comunque ridotto la durata da 5 anni a 3 anni «perché eccessiva rispetto all’orizzonte triennale del bilancio di previsione dello Stato»).

La Corte di Cassazione al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma (Foto Giornalisti Italia)

B) Per quanto riguarda, invece, la rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5.000 euro annui, cifra largamente inferiore rispetto ai 22.524 euro attuali, occorre chiarire bene l’efficacia di questo nuovo “tetto” che sarebbe largamente inferiore rispetto ai 22.524 euro ammessi dall’attuale Regolamento Inpgi. Altrimenti chi è oggi in pensione ed ha una collaborazione di 22.524 verrebbe pesantemente penalizzato all’improvviso senza poter recedere dalla collaborazione giornalistica cosicché finirebbe paradossalmente per lavorare gratis.
Per di più la Cassazione sembra aver chiuso ormai il discorso con la decisione n. 21470 del 6 ottobre 2020, che riporto qui appresso, in cui risolvendo il contrasto interpretativo sorto all’interno della stessa Suprema Corte (vi erano infatti 2 sentenze a favore dell’Inpgi le n. 8067/2016 e 12671/2016 e 2 contro le n. 1098/2012 e 19573/2019) ha testualmente affermato che: «in tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, agli iscritti all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi) si applica la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’Inps, in quanto l’Inpgi gestisce, per espresso disposto dell’art. 76 della I. n. 388 del 2000, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’Inps, mentre gli artt. 72, comma 1, della legge appena citata, e 44, comma 1, della I. n. 289 del 2002, poi seguiti dall’art. 19 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. con I. n. 133 del 2008, parificano il trattamento pensionistico a carico dell’Ago e quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima.
Ne consegue che deve essere disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’Inpgi, che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all’AGO».
A seguito di queste decisioni il Cda Inpgi non può, quindi, deliberare nulla in tema di divieto di cumulo. Occorre esclusivamente una norma di legge che prenda le distanze dalla normativa di legge in vigore per l’Inps e quindi di rango superiore all’art. 15 del Regolamento Inpgi e introduca solo per l’Inpgi 1 un divieto di cumulo più restrittivo di quello attuale. In caso contrario tutti i pensionati colpiti dalla prossima delibera del Cda farebbero ricorso in ogni parte d’Italia e l’Inpgi 1 rischierebbe un flop perché non incasserebbe praticamente nulla, ma spenderebbe decine e decine di migliaia di euro di parcelle legali. (giornalistitalia.it)

Pierluigi Franz

Inpgi: i tagli proposti dalla maggioranza del Cda

Il Cda dell’Inpgi, a maggioranza, ha deciso di esprimere parere favorevole alla fattibilità delle seguenti misure:
1) l’introduzione per 5 anni di un contributo straordinario, pari all’1%, a carico dei giornalisti attivi (nella formula di una maggiore contribuzione previdenziale) e pensionati;
2) la rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5.000 euro annui;
3) la sospensione delle prestazioni facoltative (superinvalidità, case di riposo, sussidi);
4) l’introduzione di abbattimenti percentuali per le pensioni di anzianità liquidate con requisiti inferiori a quelli stabiliti dalla legge Fornero nella misura di 0,25% al mese;
5) la riduzione dei costi di struttura in misura pari almeno al 5% e, per quanto riguarda i costi degli Organi collegiali, del 10%.

LEGGI ANCHE:
L’ordinanza della Cassazione n. 21470:2020
L’ordinanza della Cassazione n. 19573:2019

 

I commenti sono chiusi.