ROMA – «Il Governo Meloni ha scongiurato l’automatismo che avrebbe consentito all’attuale presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, di indossare i panni di commissario ad acta e approvarsi da sola lo Statuto, da lei proposto e sostenuto, ma bocciato dal Consiglio Generale dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani».
Lo affermano Carlo Parisi e Lorenzo Del Boca, rispettivamente segretario generale e presidente della Figec, Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, federata alla Cisal, «ringraziando il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il Governo per aver garantito la terzietà dell’Inpgi cancellando dal maxiemendamento approvato dalla Camera dei deputati, con il voto di fiducia, la frase del comma 2 dell’art. 58-bis del “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” denominato “Disposizioni in materia di enti di previdenza di diritto privato”, che prevedeva l’inserimento del comma 116 bis all’art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Ovvero che “decorso inutilmente il termine del 31 gennaio 2023 di cui al comma precedente, i Ministeri vigilanti nominano un commissario ad acta, individuato nella persona del Presidente dell’Ente”».
A lanciare, martedì scorso, l’appello al presidente del Consiglio e al Governo era stata, infatti, la Figec Cisal evidenziando che «le modifiche allo Statuto presentate dalla Macelloni a nome della maggioranza dell’Inpgi, sono finalizzate a istituzionalizzare in esclusiva, con il coordinamento della Fnsi, gli uffici locali dell’Istituto nelle sedi delle Associazioni Regionali di Stampa federate alla Fnsi e, di conseguenza, blindare il flusso di contributi ad un sindacato che dal 28 luglio scorso non è più unico, considerato che è nata la Figec, Federazione Italiana Giornalismo Comunicazione, federata alla Cisal. E nonostante il passaggio della Gestione principale all’Inps, il 1° luglio scorso, nel nuovo Inpgi, destinato esclusivamente ai lavoratori autonomi che, come avviene già in tutte le altre 19 casse privatizzate, esclude la presenza delle parti sociali (Fnsi e Fieg)».
«Pertanto, – osservano Parisi e Del Boca – se entro il 31 gennaio 2023 il Consiglio Generale dell’Inpgi non riuscirà ad approvare il nuovo Statuto con la maggioranza qualificata richiesta (alla presenza di due terzi dei componenti del Consiglio generale e con il voto favorevole dei tre quarti dei presenti), spetterà a un commissario ad acta nominato dai ministeri vigilanti scrivere le regole nel rispetto della terzietà dell’Inpgi e dei 46 mila 500 giornalisti lavoratori autonomi iscritti all’Istituto».
Insomma, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” (fino al 30 giugno 2022 denominato Inpgi – Gestione Previdenziale Separata, meglio noto come Inpgi 2) rischia il commissariamento se gli attuali amministratori non approveranno il nuovo Statuto entro il 31 gennaio prossimo. Ma l’eventuale commissario ad acta non sarà più automaticamente l’attuale presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, bensì un commissario ad acta che potrebbe essere nominato a febbraio 2023 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, vigilante assieme al MEF, sull’ente di via Nizza.
L’approvazione dell’art. 1, comma 236-ter, lettere a e b, della legge finanziaria del Governo Meloni per il 2023, approvata poche ore fa dalla Camera con il voto di fiducia, è un colpo di scena clamoroso perché nel testo originario del 2° comma dell’art. 58 bis del maxiemendamento, presentato solo qualche giorno fa dal Governo Meloni, il Commissario ad acta era stato già individuato d’ufficio nella persona della stessa presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni.
La novità è che non sarà più così perché il Governo Meloni, accogliendo le istanze formulate da Carlo Parisi e Lorenzo Del Boca a nome della Figec Cisal, ha fatto dietro front ed ha correttamente lasciato la scelta del commissario ad acta al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Questa modifica approvata all’ultima ora a Montecitorio è tutt’altro che secondaria perché modifica i futuri scenari dell’Inpgi togliendo alla Macelloni la possibilità di stilare entro fine aprile il nuovo Statuto dell’ente.
Pertanto, se si vorrà effettivamente davvero evitare il commissariamento dell’Istituto previdenziale, che assicura la pensione a circa 46 mila 500 giornalisti lavoratori autonomi, co.co.co e collaboratori, l’attuale maggioranza che da anni governa l’ente e che è in mano alla stessa corrente sindacale che governa la Fnsi dovrà trovare in fretta un accordo con i colleghi della minoranza perché, per approvare lo Statuto, occorre il più ampio consenso possibile. Lo dimostra la bocciatura dello Statuto da parte del Consiglio Generale Inpgi il 15 giugno scorso.
Ma l’attuale maggioranza da sola non ha i numeri sufficienti per ottenere il necessario via libera, essendo richiesta la presenza di due terzi dei componenti del Consiglio generale e il voto favorevole dei tre quarti dei presenti. Se, quindi, entro il termine del 31 gennaio 2023 non si troverà un’ampia convergenza di vedute su un testo largamente condiviso, spetterà ad un commissario ad acta tracciare le nuove regole dell’Inpgi e sottoporle all’approvazione dei ministeri vigilanti, come prevede il decreto legislativo del Governo Berlusconi n. 509 del 30 giugno 1994.
Esaminando più a fondo i testi dell’emendamento governativo che mira a sbloccare dopo 6 mesi una situazione di non prevista impasse conseguente da un vuoto normativo, non essendo stata ipotizzata nella legge finanziaria del governo Draghi per il 2022 una sanzione in caso di mancato rispetto del termine del 30 giugno 2022 per l’approvazione del nuovo Statuto dell’ex Inpgi 2, si è scoperto che nel primo emendamento non era stato mai espressamente indicato l’Inpgi come l’effettivo destinatario del provvedimento e comunque senza far trapelare nulla di questa importante novità prima della pubblicazione della legge finanziaria Meloni sulla Gazzetta Ufficiale e mettere così i colleghi di fronte al fatto compiuto. Ma, grazie alla Figec, la forzatura inserita da qualcuno, sotto la generica definizione “Disposizioni in materia di enti di previdenza di diritto privato”, ha suscitato reazioni e polemiche, ma soprattutto hanno richiamato l’attenzione del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Governo che hanno, così, corretto la norma. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Roesler Franz
COME IL GOVERNO HA MODIFICATO L’ARTICOLO SULL’INPGI
La prima modifica proposta dal Governo alla legge finanziaria per il 2023:
ART. 58.
Apportare le seguenti modificazioni:
a) dopo l’articolo 58, aggiungere il seguente:
Art. 58-bis.
(Disposizioni in materia di enti di previdenza di diritto privato)
2. All’articolo 1, comma 116, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, le parole: «30 giugno 2022» sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio 2023». All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, dopo il comma 116, è inserito il seguente:
«116-bis. Decorso inutilmente il termine del 31 gennaio 2023 di cui al comma precedente, i Ministeri vigilanti nominano un commissario ad acta, individuato nella persona del Presidente dell’Ente. Il Commissario, entro tre mesi, adotta le modifiche statutarie previste dalla legge e le sottopone all’approvazione ministeriale di cui all’articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509»;
La seconda modifica proposta dal Governo e approvata dalla Camera:
236-ter. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 116, le parole: «30 giugno 2022» sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio 2023»;
b) dopo il comma 116 è inserito il seguente:
«116-bis. Decorso inutilmente il termine del 31 gennaio 2023 di cui al comma 116, i Ministeri vigilanti nominano un commissario ad acta. Il commissario, entro tre mesi, adotta le modifiche statutarie previste dalla legge e le sottopone all’approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509».
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