ROMA – La storia si ripete e ritorna alla ribalta della cronaca che l’unica soluzione per “salvare l’Inpgi” sarebbe l’allargamento della platea ai Comunicatori. Una storia che si ripete da oltre tre anni, che pone una serie di interrogativi che, da tre anni, non trovano risposta.
I numeri: meno 242,2 milioni di euro il disavanzo del bilancio 2020, meno 188,4 milioni la differenza tra entrate contributive e uscite per le pensioni, meno 15 mila i giornalisti attivi, per la precisione 14.700 a dicembre 2020, a fronte di quasi 10 mila pensioni pagate.
Il contesto: il mercato esige professionalità complesse a valenza digitale, e nemmeno il giornalismo può sottrarsi al cambiamento dei modelli produttivi dell’informazione. Nuovi modelli, nuove professionalità giornalistiche. Non altre figure professionali che esprimono diverse competenze.
I numeri e il contesto giustificano in qualche modo le difficoltà finanziarie dell’Inpgi, senza entrare nel merito delle “prestazioni sostitutive dell’Inps” che avrebbero eroso milioni di euro all’ente privato dei giornalisti. La questione, come sempre, riguarda le soluzioni possibili.
Se fosse necessario allargare il bacino dei contribuenti dell’Inpgi, sarebbe necessario farlo con quei professionisti che svolgono l’attività giornalistica e non con altre figure professionali che nulla a che fare con “il diritto all’informazione” e “la libertà di stampa”.
Bisogna fare chiarezza ed essere trasparenti. Abbiamo ascoltato con grande attenzione e rispetto i vertici Inpgi nell’audizione alla Commissione bicamerale di controllo sugli enti di previdenza avvenuta ieri, 27 maggio. I Comunicatori hanno diritto di capire che cosa significa in concreto l’affermazione della presidente Macelloni «…abbiamo consegnato al tavolo e ai ministeri relazioni attuariali diverse e fatte a seconda di varie ipotesi, secondo le quali si conferma che con un allargamento della platea riferito ai numeri della potenziale platea di Comunicatori, l’istituto può conservare la stabilità e riportare i conti in ordine e il patrimonio in crescita. Questo dovrebbe essere già di per sé una garanzia per i nuovi iscritti».
Quanti Comunicatori servirebbero? Come sarebbero individuati? Con quali criteri sono stati effettuati i calcoli attuariali? Su quali retribuzioni medie annue? E ancora: quali dei molteplici profili professionali della Comunicazione sarebbero coinvolti? Solo chi produce contenuti a nome e per conto delle aziende e delle organizzazioni (contenuti che nulla a che fare con il diritto all’informazione e la libertà di stampa)? Grafici? Web master? Pubblicitari? Content marketing?
Siamo contenti di apprendere che tutti auspicano la presenza dei sindacati confederali ad un Tavolo Tecnico, da noi richiesto alle Istituzioni competenti insistentemente da tempo. Sindacati confederali che non ci risulta siano d’accordo sull’ipotesi del salvataggio Inpgi a spese dei Comunicatori. Le questioni sono tante e tutte necessitano di analisi e soluzioni concrete. Anzi fattibili. (giornalistitalia.it)
Maurizio Incletolli, presidente Ascai
Mario Mantovani, presidente Cida
Tiziana Sicilia, presidente Com&Tec
Angelo Deiana, presidente Confassociazioni
Rita Palumbo, segretario generale Ferpi, portavoce e coordinatore ReteCoM
Alberto Dal Sasso, presidente Iaa Italy Chapter
Andrea Cornelli, vicepresidente Una
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