ROMA – La sezione lavoro della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Manna, con ordinanza n. 24610 del 4 novembre scorso, ha accolto le tesi dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, assistito dall’avvocato Maria Gavina Sulas, riconoscendo definitivamente l’attività giornalistica subordinata di 16 giornalisti di Virgin Radio Italy Spa (già Rcs Broadcast spa). È stata, così, confermata la precedente decisione emessa sei anni e mezzo fa dalla Corte d’appello di Roma.
La Virgin Radio Italy dovrà anche rimborsare all’Inpgi 10 mila euro per le spese processuali sostenute dall’ente davanti alla Corte del “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma. (giornalistitalia.it)
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Corte di Cassazione sezione Lavoro
ordinanza n. 24610 del 4 novembre 2020
(Presidente Antonio Manna, relatore Enrica D’Antonio)
ORDINANZA
sul ricorso 5043-2015 proposto da:
Virgin Radio Italy spa (già Rcs Broadcast spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, piazza Giuseppe Mazzini 27, presso lo studio legale Trifirò Partners rappresentata e difesa dagli avvocati Giacinto Favalli, Paolo Zucchinali e Mario Ottone Cammarata;
– ricorrente –
contro
Inpgi – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” C.F. 01057021006, in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Gabriele Camozzi 9, presso lo studio dell’avvocato Gavina Maria Sulas, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3751/2014 della Corte d’appello di Roma depositata il giorno 11 agosto 2014;
CONSIDERATO IN FATTO:
1. La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di parziale accoglimento dell’opposizione proposta dalla società Virgin Radio spa avverso il decreto ingiuntivo emesso su istanza dell’Inpgi per il pagamento di contributi e sanzioni relativi ai giornalisti Elisabetta Corsini, Cristina Artoni, Chiara Baroni, Valentina Baldisseri, Rossella Russo, Silvia Maria Senette, Viviana Vischi, Simona Volta, Sabrina Bellomo, Elisa Esposito, Michela Gentili, Massimiliano Manticoni, Chiara Tommasoli, Ezilda Mariconda, Elisa Bruna Pasino, Lina Pison, i quali, in base all’accertamento ispettivo dell’Istituto, dovevano considerarsi lavoratori subordinati.
Secondo la Corte la decisione di primo grado era condivisibile in quanto dall’istruttoria svolta erano emersi chiari indici di subordinazione.
Con riferimento al regime sanzionatorio ha ritenuto non applicabile l’art 116 I. n 388/2000 in quanto disposizione recepita dall’Inpgi solo con delibera n. 23 del 2006, mentre le obbligazioni contributive in esame si riferivano ad un periodo precedente. Ha precisato che l’Inpgi, ente privatizzato, aveva il potere di adottare, in materia di regime sanzionatorio, autonome delibere fermo l’obbligo di coordinare tali delibere con le norme che regolano il regime sanzionatorio generale o sostitutivo.
2. Avverso la sentenza ricorre la Virgin Radio con 5 motivi. Resiste l’Inpgi. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cpc.
RITENUTO IN DIRITTO
3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 n. 5 cpc) per aver la Corte omesso l’esame delle risultanze istruttorie ed affermato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra i collaboratori e la società. Osserva che la Corte si era adeguata alla decisione del Tribunale che era frutto di incompleta ed errata valutazione delle risultanze istruttorie. Riesamina ciò che era emerso nel corso dell’istruttoria in ordine agli elementi della subordinazione e riporta parte delle dichiarazioni rese dai testi in ordine agli obblighi di presenza, di chiedere permessi, di dare giustificazioni in caso di assenza, di vincoli di orario e del potere disciplinare, in ordine allo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale.
4. Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 116, 132, 115 cpc (art. 360 n 3 cpc), errata ed omessa valutazione delle risultanze istruttorie; l’insussistenza della subordinazione; l’eccessiva rilevanza data all’iscrizione nel registro dei giornalisti o pubblicisti o praticanti, piuttosto che all’attività in concreto svolta (art. 360 n. 3 cpc).
5. Con il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 132,1 comma, n. 4 cpc e 118 disp. att. cpc (360 n. 3 cpc) omessa concisa esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto posta alla base della decisione. Osserva che la Corte si era limitata ad affermare che «dalle risultanze istruttorie erano emersi chiari indici della natura subordinata …» senza spiegare nulla in ordine alle ragioni che avevano determinato la decisione limitandosi ad un generico recepimento delle motivazioni del giudice di primo grado.
6. Con il quarto motivo denuncia, in relazione al regime delle sanzioni, la violazione dell’art. 116 Legge n. 388/2000, dell’art. 24 Cost.. Deduce che Cass. 6680/2002 aveva ritenuto applicabile detta normativa; che aveva formulato contestazione ai conteggi eseguiti dall’Inpgi calcolati per un rapporto full-time anche per quelli part-time. Censura l’entità delle sanzioni in quanto in base a quanto previsto dall’art. 116 le sanzioni non potevano superare il 40% del debito e che nella specie erano invece pari al 100%.
7. Con il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 18 L. 689/1981 lamentando che la mancata audizione della società nel procedimento amministrativo determinerebbe un vizio del procedimento amministrativo.
8. Il ricorso è infondato. Con riferimento alle censure di mancanza di motivazione per essersi la Corte limitata ad affermare che «dalle risultanze istruttorie erano emersi chiari indici della natura subordinata …» senza spiegare nulla in ordine alle ragioni che avevano determinato la decisione, va rilevato che la Corte territoriale, dopo aver manifestato di voler accogliere integralmente il contenuto della sentenza del Tribunale, ne riporta, in modo specifico, i punti salienti – da cui sono ben desumibili le caratteristiche della prestazione lavorativa resa dai giornalisti per i quali l’Inpgi ha richiesto il pagamento dei contributi – nonché i motivi dell’appello e gli argomenti opposti dall’Inpgi.
La motivazione della Corte territoriale, che conferma la bontà della motivazione del Tribunale, con riferimento al potere disciplinare, direttivo e alle mansioni, va individuata proprio ove riporta i tratti salienti della sentenza del Tribunale e esaminandoli, afferma di volerli condividere. Può, quindi, concludersi che sussiste una motivazione sebbene essa debba essere ricavata per relationem da quella del Tribunale che la Corte riporta e fa sua e che ritiene fondata anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte, richiamata in modo pertinente, sottolineando la particolarità del lavoro giornalistico e le relative caratteristiche della subordinazione.
Va osservato, con riferimento alla motivazione per relationem, che si è affermato che «La motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio» ( cfr Cass. n. 21978/2018). Nella specie la decisione impugnata risponde a tali caratteristiche e dunque è infondata ogni censura circa un difetto assoluto di motivazione.
9. Circa gli altri motivi va rilevato che la ricorrente, nonostante il richiamo nella prima parte dell’intestazione, a violazioni di legge, finisce con il censurare la valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice del gravame sollecitando questa Corte ad una rivisitazione del merito non consentita in questa sede. Ed infatti, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e piurimis, Cass. n. 16056 del 02/08/2016 Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003).
Peraltro, va ricordato che la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione (v. Cass. 27 luglio 2007, n. 16681; Cass. 23 giugno 2014, n. 14160).
10. I motivi sono, altresì, inammissibili nella parte in cui si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti non presentando alcuno dei requisiti richiesti dall’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. nella nuova formulazione (così come interpretato da SU n. n. 8053 del 07/04/2014) finendo:
a) con il lamentare non l’omesso esame di un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè un fatto dedotto in funzione probatoria) bensì l’omessa o carente valutazione di risultanze istruttorie;
b) con il criticare la sufficienza del ragionamento logico posto alla base dell’interpretazione di determinati atti del processo, e dunque un caratteristico vizio motivazionale, in quanto tale non più censurabile (si veda la citata Cass., S.U., n. 8053/14 secondo cui il controllo della motivazione è ora confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione).
11.Quanto al quinto motivo va rilevato che il richiamo alla L. n 689/1981 risulta inconferente essendo applicabile in caso di sanzioni amministrative, mentre nella fattispecie si tratta di contributi previdenziali e sanzioni civili.
12. Circa le sanzioni in base all’art. 116 L n 388/2000, i precedenti di questa Corte ne escludono l’applicabilità. Si è affermato, infatti, che «In caso di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi), privatizzato ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, la disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 116 della I. n. 388 del 2000 non si applica automaticamente poiché l’Istituto, per assicurare l’equilibrio del proprio bilancio, ha il potere di adottare autonome deliberazioni, soggette ad approvazione ministeriale, fermo l’obbligo, a norma dell’art. 76 della L. n. 388 del 2000, di coordinare l’esercizio di tale potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sicché il nuovo regime sanzionatorio è inapplicabile alle obbligazioni contributive riferite a periodi antecedenti al recepimento della disciplina da parte dell’istituto. (cfr. 838/2016, 12208/2011).
Tale recepimento è avvenuto nel 2006.
13. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali che liquida in euro 8.000 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché euro 200 per esborsi. Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater del dpr n 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art 13.