ROMA – «L’apposizione di un termine al contratto si lavoro, consentita dall’art. 1 d.lg. 368/2001, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono essere specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onore di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato». Lo ribadisce la Corte di Cassazione con un’ordinanza, pubblicata il 22 agosto scorso, che mette fine, dopo oltre 10 anni, ad una vertenza di lavoro tra l’agenzia di stampa Ansa e il giornalista Mahmud Alì Dilaimi.
Con ordinanza n. 21619 del 22 agosto 2019 (presidente Giuseppe Bronzini, relatore Adriano Piergiovanni Patti) la Sezione Lavoro della Suprema Corte ha rigettato i due ricorsi dell’Ansa contro l’Inpgi, difesa dall’avv. Paolo Boer, e Mahmud Alì Dilaimi, difeso dall’avv. Paolo Pizzuti, avverso la sentenza n. 9522/2013 della Corte d’Appello di Roma che, con sentenza 10 febbraio 2014, condannava l’agenzia a corrispondere al giornalista un’indennità risarcitoria pari a 4 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione ed interessi dalla cessazione del rapporto e rigettava la domanda di condanna della stessa al versamento dei contributi in favore di Inpgi, per il periodo anteriore all’effettiva ricostituzione del rapporto: in riforma della sentenza di primo grado, di accertamento della nullità del termine apposto al contratto stipulato il 20 ottobre 2006 (con decorrenza dal 2 novembre 2006 e scadenza al 31 ottobre 2007), di conversione del rapporto di lavoro subordinato tra le parti da tempo determinato a tempo indeterminato dal 20 ottobre 2006 (dichiarata la cessazione del rapporto fino ad allora, intrattenuto con precedenti contratti a termine, per mutuo consenso tra le parti) e di condanna della società datrice al pagamento, in favore del lavoratore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dal 23 maggio 2008 (data di ricostituzione del rapporto) e in favore dell’Inpgi dei contributi obbligatori e relative sanzioni dalla stessa data.
Avverso tale sentenza l’Ansa ricorreva per Cassazione con tre motivi, cui resistevano l’Inpgi e il lavoratore con distinti controricorsi.
La Corte di Cassazione ha, dunque, rigettato entrambi i ricorsi dichiarando interamente compensate le spese del giudizio tra tutte le parti e dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e incidentale. (giornalistitalia.it)
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L’ordinanza